fbpx Il cambiamento climatico colpisce il Mediterraneo | Scienza in rete

Il cambiamento climatico colpisce il Mediterraneo

Tempo di lettura: 3 mins

Da una recente ricerca del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), sembra che la regione del Mediterraneo sia affetta da una crescente siccitá. Secondo lo studio, tutta la regione sta soffrendo dagli anni '70 di un regime secco che si manifesta con minori precipitazioni durante la stagione invernale, proprio quando le riserve idriche si ricaricano (fig 1). Nell'area si sono verificati 10 degli ultimi 12 inverni piú secchi del pianeta. “Non é una buona notizia” -  dice Martin Hoerling - uno degli studiosi del NOAA, “in una regione giá sotto stress per scarsezza idrica, e sovrappopolazione”. Questa ricerca quindi conferma la "diagnosi" che vede nell'area del Mediterraneo una regione particolarmente critica per le conseguenze che potrebbe avere il cambiamento climatico sia sull'economia sia sull'agricoltura e il turismo (vedi articolo su progetto Circe).

Fig.1: Colori rosso e arancio evidenziano le terre intorno al Mediterraneo che hanno avuto inverni notevolmente piú secchi durante il periodo 1971-2010 in riferimento al periodo 1902-2010. - NOOA

In una simulazione al computer, condotta nei laboratori del NOAA a Boulder in Colorado, il gruppo di ricerca ha studiato gli effetti nel Mediterraneo di un incremento delle temperature globali degli oceani. Il risultato é stato che una minima variazione, 0.5 gradi centigradi, della temperatura superficiale degli oceani (SST: Sea Superficial Temperatures) riceve una risposta secca nella area mediterranea di notevole portata. Questa regione si rivela molto sensibile anche a un minimo riscaldamento globale degli oceani.

Fig.2 - Immagine del trend di precipitazioni invernali del NOAA – trend di precipitazioni invernali nell'area del Mediterraneo nel periodo 1902-2010.

Lo studio conferma i dati statistici (fig 2) raccolti da un secolo circa, (da quando sufficienti informazioni sono stati disponibili) ed é in accordo con i risultati di altre ricerche condotte in Francia e in altri paesi. É sempre piú evidente che esiste una relazione tra riscaldamento globale, temperatura superficiale degli oceani e consequenze in termini di precipitazioni maggiori (inondazioni) o minori (siccitá) in diverse aree del pianeta. Il riscaldamento globale aumenta l'intensitá di questi fenomeni, contribuendo al cambiameno climatico: piú siccitá dove giá ce n'é, piú pioggia dove giá é abbondante, ma anche uragani piú intensi, e incendi piú frequenti.

Gli oceani sono i maggiori responsabili di questi cambiamenti nell’area mediterranea cosí come in altre regioni. Il fenomeno del Nino e de La Nina, che consiste in un oscillazione delle temperature del Pacifico meridionale tra regimi piú caldi e piú freddi, é stato tra i protagonisti del clima di metá della terra nel decennio passato. Ha destabilizzato molti dei regimi delle precipitazioni: in Asia Sud Orientale che ha sofferto inondazioni, in Cina per la desertificazione di aree orientali e il ‘dust bowl’ (tempesta di polvere), e in Australia che va ora soggetta ad entrambe siccitá e inodazioni.

Lo studio del NOAA ci dice che oggi il cambio climatico non é piú solo il problema di regioni sub-sahariane né quello di nazioni circondate dagli oceani, come Stati Uniti, Australia, e Cina. É vero che il Mediterraneo, (‘in media terrae’) é storicamente protetto da fenomeni che interessano grandi continenti e grandi mari, ma i recenti cambiamenti sembrano ormai avere indebolito le protezioni caratteristiche di questa regione. E sono proprio queste terre che circondano il bacino fino praticamente a chiuderlo che stanno avvertendo le consequenze maggiori di questi tempi globali. Negli ultimi quarant'anni i cambiamenti nell’area mediterranea prendono dimensioni che non possono essere facilmente ignorate.

Regimi secchi, incendi, perdita del patrimonio naturale, scarsezza idrica, instabilitá sociale, insicurezza degli investimenti, e crescenti ondate migratorie nella regione del Mediterraneo fanno parte di cambiamenti climatici, economici e politici che non possono essere separati l'uno dall'altro. Inoltre, i problemi del Mediterraneo non si comprendono piú separatamente da quelli di altre aree geografiche. Il Mediterraneo e il resto del pianeta sono sempre piú vicini.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Di latticini, biotecnologie e latte sintetico

La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

Per fare il formaggio ci vuole il latte (e il caglio). Per fare sia il latte che il caglio servono le vacche (e i vitelli). Cioè ci vuole una vitella di razza lattifera, allevata fino a raggiungere l’età riproduttiva, inseminata artificialmente appena possibile con il seme di un toro selezionato e successivamente “forzata”, cioè con periodi brevissimi tra una gravidanza e la successiva e tra una lattazione e l’altra, in modo da produrre più latte possibile per il maggior tempo possibile nell’arco dell’anno.