Steven Chu, premio Nobel per la fisica e nuovo Segretario di Stato all'Energia degli Stati Uniti d'America, dice no alle auto a idrogeno e punta tutte le sue carte sull'auto ibrida (a benzina ed elettrica) cosiddetta plug-in: perché può essere ricaricata a casa (o meglio, in garage), inserendo una semplice spina nella rete elettrica.
Le carte di Steven Chu non sono cosa da poco: sono i fondi federali per la ricerca che dovranno accompagnare un vero e proprio cambiamento del paradigma energetico negli Stati Uniti nei prossimi anni. La precedente Amministrazione a Washington, quella di George Bush, aveva investito 1,5 miliardi di dollari nella ricerca per accelerare l'introduzione delle auto a idrogeno. In aggiunta a molti miliardi di dollari investiti dalle case automobilistiche private.
Questo filone, almeno per quanto riguarda il Department of Energy (DOE) si esaurirà. Il motivo è che Steven Chu non crede nella hydrogen-car economy in un'economia (di cui il sistema dei trasporti è parte rilevante) fondata sull'idrogeno.
L'analisi di Chu, riproposta di recente da Science, è molto articolata. Gli Stati Uniti, sostiene, devono cambiare paradigma energetico. Sia per superare senza traumi economici e politici il picco del petrolio (il progressivo esaurimento del combustibile fossile) sia per adottare una radicale politica di contrasto dei cambiamenti climatici: il presidente Barack Obama si è impegnato in una politica di limitazione delle emissioni di gas serra che dovrebbe portare entro il 2050 all'abbattimento dell'80% delle emissioni di carbonio rispetto ai livelli del 1990.
Per realizzare tutto questo occorre puntare su nuove fonti di energia (si veda l'articolo Steven Chu, un Nobel prestato alla politica di Settimo Termini). Ma occorre riformare radicalmente il sistema dei trasporti privati su gomma. Insomma, abbandonare le vecchie auto a benzina. Per che cosa?
Molti studiosi - si veda il grafico qui sotto - pensano che il futuro sia dell'auto a idrogeno. E molte case automobilistiche hanno già realizzato prototipi promettenti. Anche se, prevedono, in una fase di transizione, l'affermazione di un'auto ibrida - elettrica e a benzina (si veda grafico qui sotto).
(Fonte: Oak Ridge National laboratori)
Steven Chu non pensa che andrà così. L'auto ibrida non è una soluzione transitoria. Ma la soluzione strategica. Per due motivi, essenzialmente.
- È irrealistico pensare che nel giro di 10 o anche di 20 anni sia possibile allestire una rete di distribuzione dell'idrogeno abbastanza capillare. L'auto ibrida, invece, può contare su due reti capillari (quelle di distribuzione della benzina e la rete elettrica) già esistenti.
- Il secondo motivo è che il costo delle celle a combustibile - elemento chiave delle auto a idrogeno - sta scendendo, ma non in maniera sufficiente. Insomma, l'auto a idrogeno è e resterà troppo costosa.
Di qui la scelta strategica: puntiamo tutto sull'auto ibrida. Non è una scelta indolore. Molte case automobilistiche protestano, mettendo in conto gli investimenti già realizzati. E anche in sede politica le opzioni sono diverse. Da un punto di vista tecnico la principale obiezione riguarda le emissioni di carbonio: l'auto ibrida le riduce solo in piccola parte. In una parte che non è giudicata sufficiente per centrare l'obiettivo del cambio di paradigma energetico e l'abbattimento dell'80% delle emissioni entro il 2050.
Chu risponde che l'idrogeno è un vettore di energia, non una fonte. Insomma, occorre energia per produrre idrogeno. E che a tutt'oggi non c'è la certezza di poter produrre idrogeno per soddisfare la domanda di trasporto privato con fonti rinnovabili.
La discussione è aperta. E ci riguarda. Cosa farà l'Europa, come si schiererà il resto del mondo in questa partita? Si punterà sulle auto a idrogeno (assumendo una scelta strategica diversa da quella indicata da Chu e probabilmente adottata negli Usa) o sulle auto ibride?
Le domande sono aperte.