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L'acqua nella Green Economy

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Il concetto di green economy è ancora in attesa di una precisa e condivisa definizione. L’UNEP (United Nations Environment Programme) la descrive come un sistema economico in grado di migliorare il benessere umano e l’equità sociale, riducendo al tempo stesso i rischi ambientali e l’esaurimento delle risorse:

“Nella sua espressione più semplice, una green economy può essere considerata come un’economia che comporti basse emissioni di CO2, un uso efficiente delle risorse e inclusività sociale.” 

Riconoscere la centralità dell’acqua per uno sviluppo sostenibile è cruciale nell’ottica di un’economia verde. La sicurezza alimentare, che è diventata di primaria importanza in molti paesi in via di sviluppo, dipende in modo critico da un’adeguata quantità e qualità delle riserve d’acqua. Anche la disponibilità di energia, riconosciuta di importanza fondamentale per uno sviluppo economico e sociale, mostra una connessione molto stretta con l’acqua. I legami tra acqua, energia e cibo sono fattori decisivi da considerare nello sviluppo verso una green economy.

Con sempre maggiore frequenza si assiste all’emergere di crisi economiche, sociali e politiche. Crisi alimentare, energetica, finanziaria, climatica, sanitaria: sebbene possano essere descritte singolarmente, queste crisi mostrano dei legami stretti nelle loro cause e nelle loro conseguenze. Tra le cause, si può identificare la crescente competizione per alcune risorse limitate. Un elemento comune tra queste risorse è spesso l’acqua. Anche le conseguenze delle diverse crisi sono simili: una forte limitazione alle prospettive di crescita e sviluppo, e l’accentuarsi di disparità tra diverse regioni del mondo.

Secondo UN-Water, la scarsità d’acqua viene definita come la condizione in cui l’impatto collettivo dell’uso della risorsa influisce sulle riserve d’acqua o sulla sua qualità, fino al punto che la domanda proveniente dai diversi settori, incluso l’ambiente, non può essere del tutto soddisfatta. Il concetto di scarsità d’acqua è quindi in parte diverso da quello di stress idrico, che si riferisce prevalentemente a un fattore fisico. La scarsità d’acqua, invece, può risultare anche da una particolare condizione sociale, dalla somma di comportamenti di consumo e aspettative.

In questo contesto, l’International Water Management Institute ha definito due tipi di scarsità d’acqua. La scarsità d’acqua fisica, che corrisponde in larga parte allo stress idrico, contraddistingue le regioni in cui è stato raggiunto il limite sostenibile delle riserve di acqua.
La scarsità d’acqua economica, invece, dipende in gran parte da barriere istituzionali o economiche. Gran parte dell’Africa centrale, il nord-est dell’India, alcune regioni dell’America del Sud e diverse nazioni del sud-est asiatico, pur essendo caratterizzate da uno stress idrico limitato, si trovano in una condizione di severa scarsità d’acqua per ragioni sociali ed economiche (fig. 1).

Fig. 1 - Scarsità fisica ed economica di acqua nel mondo. Adattato da UNEP, 2011, Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication

A livello globale, l’agricoltura rappresenta il 70% del consumo di acqua dai fiumi, dai laghi e dalle falde acquifere. Il consumo non è tuttavia distribuito in modo uniforme. In alcuni paesi in via di sviluppo, questa percentuale sale oltre il 90% (ad esempio, in India è il 90%, in Niger e in Eritrea è il 95%, in Cambogia e in Afghanistan arriva al 98%). Molto più basse le percentuali in Europa e in Nord America, tra il 30 e il 40%. Se si considera l’uso dell’acqua, il mondo può essere diviso in due gruppi. In un gruppo di nazioni (in Africa, in gran parte dell’Asia, in Oceania e in America del Sud) è l’agricoltura a determinare il maggior consumo di acqua, mentre nell’altro gruppo (in Europa e in America del Nord) i consumi sono legati principalmente alla produzione energetica e industriale (fig. 2).

L’agricoltura non è utilizzata soltanto per la produzione di cibo: anche il biocarburante assorbe parte delle risorse agricole. A livello globale, circa il 2% dell’acqua usata per l’irrigazione è dedicata alla produzione di biocarburante. Attualmente, servono circa 2.500 litri di acqua per produrre 1 litro di biocarburante liquido (la stessa quantità di acqua che è necessaria in media per garantire il cibo per un giorno per una persona).
L’utilizzo di biocarburante per la produzione di energia è attualmente in crescita. Sempre più coltivazioni vengono convertite: non più cibo, ma biocarburante, con conseguente aumento dei prezzi di molti alimenti. Anche molte foreste sono progressivamente destinate a questa produzione. Si stima che se entro il 2030 anche solo il 5% dei trasporti su strada si servisse di biocarburante, la percentuale di acqua destinata all’irrigazione di queste coltivazioni diventerebbe dieci volte più grande, fino a coprire il 20% dell’acqua usata per l’agricoltura.

Fig. 2 Consumo di acqua per settore in diverse aree del mondo. Adattato da WWAP (World Water Assessment Programme). 2012. The United Nations World Water Development Report 4: Managing Water under Uncertainty and Risk. Paris, UNESCO.

Se l’attuale utilizzo delle risorse idriche dovesse rimanere inalterato, si stima che la quantità di acqua necessaria per le attività umane diventerebbe entro il 2030 quaranta volte maggiore delle riserve disponibili.

Cosa fare per affrontare l’imminente emergenza?

Innanzitutto, creare dei meccanismi che facilitino il trasferimento verso i paesi meno sviluppati di tecnologie che migliorino la conservazione dell’acqua e rendano più efficienti i metodi di irrigazione. Molti sforzi sono attualmente indirizzati verso la promozione di meccanismi per il riutilizzo delle acque reflue. La protezione degli ecosistemi acquatici, infine, dovrà assumere una crescente attenzione, e il costo in termini di acqua dovrà essere preso in reale considerazione nelle decisioni economiche e politiche.


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