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Il Nilo bagna Sucate?

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A chi pensa ancora che la geografia sia un'arida disciplina che si occupa di altezze di monti, lunghezze di fiumi, capitali e confini, consigliamo il Piccolo libro delle curiosità sul mondo di Paolo Gangemi. Nel quale si parla sì di altezze di monti, ma per simpatizzare con il misconosciuto Kanchehjunga, che con i suoi 8.586 metri è il terzo monte più alto dopo l'Everest e il K2, il quale però fino a metà Ottocento (quando gli inglesi effettuarono misure più precise) era ritenuto il monte più alto del mondo.

Gangemi ci parla anche di fiumi: dell'Okavango che dopo 1.600 chilometri si disperde nel deserto del Kalahari, del Timavo che nasce due volte, prima in Slovenia e poi vicino a Duino, ma ci racconta anche della Fontana dei Quattro Fiumi che Papa Innocenzo X commissionò a Bernini per piazza Navona o delle opere di Alighiero Boetti. Se ritenete che questi siano temi più adatti ad un libro di storia dell'arte che a uno di geografia, dovete ricredervi. La descrizione della fontana del Bernini e della simbologia utilizzata dallo scultore permette a Gangemi di parlare dei quattro fiumi (Danubio, Gange, Nilo e Rio della Plata), di fornirci informazioni sullo stato delle conoscenze geografiche all'inizio del Seicento, di svelarci ciò che a quei tempi era noto o ignoto (per esempio il Nilo ha il volto coperto da un panno, chiaro riferimento alle sorgenti ancora sconosciute).

L'analisi del libro di Boetti - CLASSIFYING the thousand longest rivers in the worlds - è un esempio della contaminazione tra saperi che rende interessante il libro di Gangemi. L'opera consta di mille pagine, ciascuna dedicata a un fiume, in ordine discendente per lunghezza. Nella voluta ingenuità dell'approccio, il libro ha un chiaro intento terzomondista mostrando la marginalità del vecchio continente: il Volga, il più lungo fiume europeo, è 17° nella classifica, il Tamigi è assente, il Tevere è 921°.

Come esplicitato nell'introduzione, il filo conduttore scelto da Gangemi è quello umano, vivo, emozionale, borgesiano in cui si mescolano dati scientifici e riferimenti poetici, statistiche e mondi immaginari. Perché è la lettura di un articolo sulle popolazione kirghise di Georges de Meyendorff, apparso sul Journal des Savants, a ispirare il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia di Leopardi, mentre Flaubert per documentarsi durante la stesura del romanzo storico Salamnbo, ambientato nell'antica Cartagine, trascorse un po' di mesi a Tunisi. Ciò gli permise di osservare i cactus che vi crescevano e di metterli nel suo libro. Peccato che i cactus fossero stati importati dal Messico dopo la conquista dell'America. Errore che Salgari, che non si muoveva mai da casa sua, non avrebbe commesso.

Se vi gira un po' la testa in questo saltare da fiumi a romanzi, sappiate che il libro parla anche di Costituzioni, paragonando le venti pagine di quella americana con le 145 di quella europea, che in realtà non si chiama “costituzione” ma – ipertroficamente - “Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea”.

Non solo. Gangemi ha scovato il primo biopirata della storia, quell'Henry Wickman che a fine Ottocento riuscì a trafugare settantamila semi di Hevea brasiliensis, pianta dalla quale si estraeva il lattice con cui si otteneva il caucciù, mettendo fine al monopolio brasiliano della gomma. Ma l'orizzonte del libro non è confinato al pianeta Terra (che forse dovrebbe essere ribattezzato pianeta Mare, visto che mari e oceani ricoprono il 70,7% della sua superficie).

L'autore è interessato anche ad altri mondi che orami sono entrati nella sfera d'interesse dell'umanità: quelli extraterrestri, oggetto di una corsa allo spazio tra USA e URSS in piena guerra fredda, e quelli utopici, creati da uomini come Thomas More o Tommaso Campanella, che non si rassegnavano a ciò che è ma si immaginavano il mondo come dovrebbe essere: senza ingiustizie, senza disuguaglianze. A loro fa da contraltare George Orwell, contrapponendo all'utopia una distopia, cioè un'utopia negativa. Ma questa è ancora geografia? Sì, perché si parla di luoghi (topos in greco significa appunto luogo).

In questo girovagare tra passato e futuro, tra luoghi che non ci sono più e luoghi che non ci sono ancora, tra paradossi geografici e ingiustizie storiche, la barra di Gangemi punta sempre dritta a una meta: cercare l'uomo. E' l'uomo – racconta sempre Gangemi in altra parte del libro - che ha cercato di nazionalizzare il tempo con i fusi orari, che ha camminato sulla Luna. E' l'uomo che battezza mari, oceani e continenti. Ed è sempre l'uomo che s'inventa un luogo per contribuire alla sconfitta elettorale di un candidato sindaco. Quale? Ma Letizia Moratti, naturalmente, che ha pensato bene di rispondere rassicurando gli abitanti di Sucate che mai in quel luogo sarebbe stata costruita una moschea, come paventato in un accorato appello inventato da un burlone. Già, perché Sucate, come i geografi (e non) ben sanno, non esiste! Degno contrappasso per un ex ministro dell'istruzione che nella sua riforma aveva proposto la riduzione delle ore di insegnamento di geografia...


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