Incidente di Fukushima. A chi addossare la responsabilità: alla natura o all'uomo? Ora che la commissione investigativa della Dieta Nazionale del Giappone ha pubblicato il report ufficiale sul disastro nucleare restano pochi dubbi. L'uomo. Si è trattato infatti di un “man-made disaster.”
Il giudizio della Commissione parlamentare è molto duro. Molto nipponico, direi. L'onta di un incidente che ha tenuto per almeno due mesi le prime pagine dei giornali di tutto il mondo andava lavata con una spugna abrasiva. Ed è quanto la commissione ha fatto con una lucidità e spietatezza inusitata per gli standard italiani, sempre pronti alla autogiustificazione e commiserazione. L'incidente occorso all'impianto di Fukushima – scrive il rapporto nelle conclusioni – è il risultato delle collusioni fra il governo, le agenzie regolatorie e la TEPCO (la società che gestiva i sei reattori). La combinazione delle loro negligenze ha tradito il diritto della nazione giapponese a sentirsi libera dai rischi nucleari. Il disastro è chiaramente dovuto all'uomo. “Noi crediamo” concludono i dieci esperti della commissione “che le cause di fondo dell'incidente siano da cercare nei sistemi organizzativi e regolatori che hanno supportato decisioni e azioni sbagliate”. Colpa collettiva e sistemica, dunque, anche culturale (l'inveterata tendenza della società giapponese all'obbedienza e all'insularità), non individuale.
Ricordiamo brevemente i fatti con le
parole di Livia Marin, che all'incidente ha dedicato una interessante
tesi presso il master in Comunicazione della Scienza della Sissa di
Trieste (“Il nostro sguardo sulla catastrofe”, Trieste, 2012):
L’11
marzo 2011 il Giappone è stato sconvolto da un terremoto del nono
grado della scala Richter. Un’ora dopo il sisma si sono abbattuti
sulle coste giapponesi
diversi tsunami con onde alte fino a venti metri. Al momento del
terremoto, nella parte più colpita dal sisma, erano in funzione 11
centrali nucleari che si sono automaticamente spente grazie ai
sistemi di sicurezza antisismici. Una delle centrali però,
l’impianto di Fukushima Daiichi, ha cominciato ad avere problemi
dopo il passaggio dell’onda, che lo ha lasciato senza elettricità,
senza generatori di emergenza e nell’impossibilità di garantire il
raffreddamento dei reattori. Con il passare del tempo la situazione è
peggiorata, fino ad arrivare a varie esplosioni di idrogeno,
all’evacuazione della popolazione nel raggio di trenta chilometri
attorno all’impianto e alla paura di contaminazione dell’ambiente,
sia per lo sversamento in mare di acqua contaminata, sia per le
esplosioni, che hanno liberato elementi radioattivi in atmosfera.
Dove hanno fallito le autorità e i tecnici giapponesi nel contenere i danni, le fusioni dei noccioli, le esplosioni e i conseguenti rilasci di radioattività?
Primo errore, di valutazione: la TEPCO ha dato da subito per scontato che i danni fossero stati provocati dall'onda immensa che si è riversata sulla centrale, scagionando il terremoto. Non è stato così. Molto probabilmente è stato il terremoto a danneggiare le strumentazioni che avrebbero potuto garantire la messa in sicurezza dell'impianto. Difficile accertarlo, comunque, perchè tali strumentazioni sono chiuse dentro i reattori e quindi inaccessibili per anni e anni. Di più: è molto probabile che già con le scosse vi sia stata una perdita di liquido refigerante all'interno del reattore 1.
Secondo errore, organizzativo: i tecnici della centrale non erano preparati per gestire la grave emergenza. Ad esempio, non si sono mossi con la dovuta celerità nel ripristino dell'Isolation condenser (IC) dell'Unità 1. Due reattori erano fuori servizio, l'elettricità negli altri quattro è venuta meno contemporanemante e questo non ha certo aiutato. Tuttavia, i tecnici non erano preparati e, incredibilmente, mancava un manuale di istruzioni per far fronte a questa evenienza.
Terzo
errore, la confusione di ruoli: la risposta all'emergenza ha
sofferto anche di un altro deficit. La catena di comando – che
secondo le procedure avrebbe dovuto vedere i responsabili della TEPCO
prendere in mano la situazione supportati dalle varie agenzie - è
saltata. Di fatto, nella concitazione di quell'11 marzo, il gabinetto
di crisi del governo ha preso in mano la gestione delle operazioni,
anche perché non si fidavano della TEPCO. Inoltre, l'emerganza non è
stata dichiarata immediatamente. Un po' come Bush junior che resta a
leggere la favoletta ai bambini mentre le Twin Towers crollano.
Raccomandazione della commissione: la gestione della crisi non va per
nessun motivo lasciata in mano alle capacità e al giudizio del primo
ministro. Non è quello il suo ruolo.
Quarto errore, l'evacuazione: è stata lentissima e confusa. Colpa dell'improvvisazione, la mancanza di chiarezza dei ruoli, l'assenza di training. Il governo è stato lento ad avvisare dell'incidente e della sua gravità i comuni limitrofi. Quando l'evacuazione è stata ordinata per chi viveva nel raggio di 3 km dalla centrale, alle 21:23, solo il 20% della popolazione sapeva dell'incidente. La maggior parte dei residenti entro i 10 km dalla centrale hanno saputo dell'incidente quando è stato dato il successivo ordine di evacuazione alle 5:44 del 12 marzo. Ma ancora peggio: molti residenti sono stati evacuati in aree ancora più radioattive dei luoghi di provenienza e lì lasciati a loro stessi per settimane.
Quinto errore, la gestione del post incidente: Le persone evacuate sono state 15mila, 167 lavoratori sono stati esposti a una dose cumulativa di radiazioni pari ad almeno 100 millisievert, mentre un'area di 1.800 km2 nella prefettura di Fukushima (pari all'estensione di Roma) ha ricevuto una dose cumulativa di almeno 5 millisievert/anno (la soglia raccomandata per la popolazione è di 1 millisievert/anno). Nelle zone dove si è potuto tornare (per quelle più contaminate si dovrà aspettare decenni) non è stato riallestito un efficace sistema sanitario e di supporto (anche psicologico) ala popolazione. Carente anche la comunicazione del rischio: ancora oggi, a più di un anno di distanza, la gente non ha chiaro il livello accettabile della dose di radiazioni a cui ci si può esporre nelle diverse aree, tanto meno quali siano le problematiche per le diverse categorie di popolazione: bambini, anziani, donne incinte.
Sesto errore, la forma mentis: A giudizio della commissione parlamentare giapponese, le norme di prevenzione e sicurezza del sistema nucleare non sono aggiornate. Per esempio non hanno tenuto conto dell'esperienza e delle conseguenti nuove norme, scaturite dall'incidente delle Twin towers dell'11 settembre. Colpa della “attitudine insulare degli enti regolatori giapponesi di ignorare gli standard di sicurezza internazionali”. A questo vanno aggiunti la mancanza di trasparenza e la collusione fra gli enti regolatori e i produttori di energia. In pratica, tutto il sistema di norme, regole e leggi giapponesi sulla sicurezza nucleare sono finalizzate più alla promozione dell'energia nucleare che alla salvaguardia della salute pubblica.
Molti altri sono i punti considerati dal Rapporto (di cui per ora è disponibile in inglese solo una sintesi), che accenna anche ai problemi ambientali e sanitari che l'incidente di Fukushima lascia ancora aperti: in particolare la salute mentale delle popolazioni sradicate dal loro normale contesto di vita e che quindi necessitano di un supporto adeguato. Ma anche l'incerto bilancio dell'impatto ambientale delle radiazioni, che con le piogge e le perdite in forma liquida dalla centrale si sono andate a concentrare soprattutto in alcuni laghi e sui fondali marini. Infine il problema della decontaminazione delle aree e la gestione per nulla facile delle future discariche di rifiuti e delle migliaia di tonnellate di terreno radioattivo.
Qui è consultabile il rapporto ufficiale della Commissione parlamentare giapponese