Tra l'8 e il 12 luglio 2012 la superficie della calotta polare che ricopre la Groenlandia ha subito un improvviso aumento dei processi di fusione del ghiaccio. A dirlo sono stati i ricercatori NASA che hanno analizzato le foto scattate dal satellite Oceansat-2, dati che sono stati poi confermati da quanto rilevato dai sensori a microonde Image Sounder del satellite meteorologico dell’Aviazione statunitense. Dalle immagini diffuse negli ultimi giorni si può constatare che la superficie interessata dallo scioglimento era del 40% il giorno 8 luglio, mentre quattro giorni dopo copriva il 97%. Che circa la metà della calotta glaciale dia segnali di fusione durante l'estate è un fenomeno naturale e prevedibile. Il ritmo di fusione è aumentato però drasticamente, dalle coste dove il ghiaccio è più sottile fino alle zone centrali dove può raggiungere spessori di due chilometri. Si tratta di un dato certamente eccezionale, che ha allertato innanzitutto gli scienziati NASA impegnati nel programma di monitoraggio dell’Artico. Il disgelo della Groenlandia viene, infatti, seguito con tre satelliti indipendenti e i dati raccolti nel giro di trent’anni non hanno mai registrato un record simile.
Tuttavia, la storia geologica della Groenlandia è molto complessa e un evento di questa portata si è ripetuto con una frequenza di circa 150 anni. Vale a dire che i quattro giorni di luglio sono interpretabili come estremamente rari, ma non completamente inediti - risale al 1889 l’ultimo dato simile documentabile.
Ciononostante, alla fretta dello scioglimento è seguita quella dell'intepretazione dei dati, generando un eccessivo e ingiustificato allarmismo. Le immagini potevano trarre in inganno, ma non le note ufficiali diffuse dalla NASA : la Groenlandia non si è sciolta del 97% - nel caso, l’oceano si sarebbe sollevato di circa 6 metri – ma è stata attraversata da “un'ondata di aria calda che ha lavato la calotta groenlandese”, come ha specificato Tom Wagner dell’Agenzia Spaziale al NYTimes.
E’ necessario però continuare a tenere d’occhio l’isola e i suoi ghiacci, perché si tratta comunque di un allarme significativo. Ne abbiamo parlato con Paolo Gabrielli di Climalteranti:
50% di fusione dei ghiacci in 4 giorni. Il comunicato stampa della NASA ha mandato nel panico buona parte dei media e, di conseguenza, dei lettori. Cosa è successo realmente in Groenlandia, e in che modo vanno interpretate le immagini satellitari?
Durante la prima meta' di luglio la Groenlandia e' stata interessata per quattro giorni da un'ondata di calore piuttosto rara, un evento meteorologico estremo cha ha causato diffusi fenomeni di fusione della neve e del ghiaccio superficiale sull'intera calotta polare, dalle basse zone costiere fino alle quote più elevate della Groenlandia Centrale a 3000 metri. In 30 anni di osservazioni da satellite e' la prima volta che viene osservato direttamente un evento di fusione così estesa.
Perché tanta confusione nella diffusione e comunicazione di questi dati?
L'intera area dell'Artico, inclusa la Groenlandia, e' da qualche anno sotto stretta osservazione in quanto il riscaldamento climatico osservato a livello globale risulta particolarmente amplificato a queste latitudini. Il riscaldamento ha ormai raggiunto nell'Artico un livello che mette seriamente a rischio l'integrità degli ecosistemi nonché la sicurezza delle popolazioni locali. E' quindi normale che, di fronte ad un evento di questo tipo, ci sia una particolare attenzione da parte di tutti, in quanto si cerca di capire come questa ondata di calore si collochi e quali conseguenze possa avere in un contesto già allarmante di per se'.
Ora sappiamo che si tratta di un fenomeno eccezionale, ma non unico. E' comunque un evento che si può legare agli effetti del riscaldamento globale degli ultimi cinquant’anni?
Le carote di ghiaccio estratte dalla Groenlandia Centrale testimoniano che fenomeni di fusione superficiale fino alle quote più elevate della calotta si sono registrati in passato una volta ogni 150 anni durante gli ultimi 5000 anni. L'attribuzione o meno di un singolo fenomeno meteorologico estremo come questo al riscaldamento globale in corso lo si potrà fare ma solo su base statistica. In altre parole la ricerca cercherà di rispondere al più presto ad una domanda leggermente diversa ovvero: quali sono le probabilità che un evento di questo tipo sia legato al riscaldamento globale? A medio termine invece, se si verificheranno altri eventi di questo tipo, questi andranno ad alterare la loro frequenza naturale permettendo eventualmente di attribuire questi fenomeni al riscaldamento in corso.
Parliamo di dati di un singolo evento, quindi non associabili a un trend. Questo significa che non è possibile fare previsioni o è una rilevazione utile a definire un quadro complessivo della situazione climatica dell'artico?
I modelli saranno in grado di fare delle previsioni ma, anche in questo caso, solo su base statistica. Per chiarire il concetto: non saremo mai in grado di prevedere con un anticipo di anni se nel luglio del 2020 avverrà o meno un altro evento di questo tipo ma potremo invece calcolarne la probabilità, dell'1% o del 5% per esempio, che questo accada.
Un risvolto meno conosciuto della fusione superficiale della calotta Groenlandese e' che, se la frequenza di questi eventi dovesse aumentare, questo metterà a rischio uno degli archivi climatici e ambientali più importanti del pianeta. Gli strati di neve e ghiaccio della Groenlandia hanno conservato per migliaia di anni le registrazioni delle variazioni chimiche e fisiche dell'atmosfera dell'emisfero nord. Grazie all'estrazione e all'analisi delle carote di ghiaccio, oggi siamo riusciti a leggere ed interpretare solo parte di queste informazioni. Tuttavia la conservazione e la lettura di questi archivi sarà ancora possibile solo se i fenomeni di fusione superficiale della calotta saranno assenti o limitati. Un aumento della frequenza di questi episodi provocherebbe a lungo termine la percolazione di acqua di fusione in parti sempre più profonde della calotta con la conseguente cancellazione di questa unica memoria climatica e ambientale del nostro pianeta.