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La promozione di una sana alimentazione nelle sabbie mobili dei conflitti di interesse

Il 25 luglio 2012 presso la sede del ministero dell'Istruzione, università e ricerca (MIUR), il ministro Francesco Profumo e il presidente di Federalimentare Filippo Ferruga Magliani hanno firmato il Protocollo d'intesa per estendere a livello nazionale, nel prossimo anno scolastico, l'iniziativa Il Gusto fa Scuola. Obiettivo del protocollo è quello di rafforzare la diffusione dell'educazione alimentare nelle scuole attraverso una maggiore interazione tra mondo scolastico e industria alimentare. L'industria entrerà nelle scuole proponendo progetti comuni, visite nelle aziende e si occuperà della formazione del personale scolastico affinché possa insegnare ai bambini: “modi e tempi di assunzione dei cibi, la storia dei processi produttivi in campo agricolo e industriale e l'importanza di seguire corretti stili di vita”, come recita il comunicato stampa del MIUR (Comunicato stampa MIUR, Roma, 24 luglio 2012, http://www.istruzione.it/web/ministero/cs240712).

Questa iniziativa poggia sul conflitto di interesse di cui Federalimentare è portatrice e l’analisi dei contenuti evidenzia un deficit di trasparenza, per cui è indispensabile una riflessione da parte di quanti hanno a cuore la salute dei bambini e una educazione pubblica non sottomessa a interessi commerciali.   

In Italia, come nel resto d'Europa, esiste un problema di obesità infantile: l'11% dei bambini della terza elementare è obeso con punte che superano il 20% in alcune regioni del mezzogiorno e il sovrappeso è ancora più diffuso. Complessivamente 3 bambini italiani su 10 sono da considerare in eccesso ponderale (in sovrappeso oppure obesi). I bambini obesi hanno un'elevata probabilità di diventare adolescenti e adulti obesi con tutte le conseguenze negative che questo comporta per la salute e la qualità della vita. Nel 2011 in Italia, più di quattro adulti su dieci (42%) sono in eccesso ponderale.

È quindi importante che vengano prese efficaci misure di politica sanitaria per contrastare questo fenomeno. Quali sono le misure che si sono dimostrate più efficaci e costo-efficaci a livello internazionale? Una recente review a cura di Steven Gortmaker dell'Università di Harvard, pubblicata dalla rivista Lancet (Steven L Gortmaker et al., Changing the future of obesity: science, policy, and action, Lancet 2011; 378: 838–47) è molto informativa al riguardo.

Ecco gli interventi ai primi posti per qualità delle evidenze, guadagno di anni di vita senza disabilità e risorse finanziarie risparmiate: introduzione di tasse su cibi e bevande insalubri, etichette a semaforo da applicare sulle confezioni dei prodotti alimentari, riduzione della pubblicità di cibi e bevande spazzatura ai bambini, programmi scolastici finalizzati alla riduzione del consumo di bevande zuccherate.

L’efficacia di questi interventi deriva dal fatto che affrontano la causa fondamentale del problema dell’incremento dell’obesità, cioè la perdita di controllo da parte delle istituzioni e delle popolazioni rispetto al contesto economico e sociale in cui si vive e si mangia. “L'obesità risulta dalla reazione normale delle persone agli stimoli derivanti dall'ambiente obesogenico nel quale si trovano a vivere”, afferma infatti Boyd Swinburn del centro OMS per la prevenzione dell'obesità in un articolo pubbicato a sua volta su Lancet (Boyd A Swinburn et al., The global obesity pandemic: shaped by global drivers and local environments, The Lancet, Vol 378, Augus 27, 2011). Quali sono i determinanti principali di questo ambiente obesogenico? Secondo Swinburn questi determinanti si trovano soprattutto all'interno del sistema di produzione alimentare: “la fornitura progressivamente crescente di alimenti gustosi, ipercalorici e a basso costo; sistemi di distribuzione commerciale efficienti che rendono questi alimenti più accessibili e metodi di marketing convincenti e sempre più pervasivi”.

Gli interventi raccomandati hanno un elemento in comune: la forte opposizione da parte dell'industria alimentare. D’altra parte, la letteratura scientifica non menziona interventi di promozione della sana alimentazione nelle scuole affidati all’industria alimentare.

Il conflitto di interessi dell’industria alimentare

L'industria alimentare rappresenta un settore importante della creatività, dell'imprenditoria e dell'economia italiane. Potrebbe fare molto per la salute, per esempio, migliorando la qualità nutrizionale dei suoi prodotti oppure rinunciando volontariamente alla pubblicità per prodotti con elevato contenuto di zucchero, sale e grassi insalubri. Ma gli interessi commerciali, prioritari per l'industria, si frappongono alla realizzazione non solo di questi interventi di autoregolamentazione ma si direbbe anche all'informazione obiettiva, corretta e in grado di stimolare il pensiero critico che desideriamo trovare, come operatori sanitari, ma anche come genitori e cittadini, all'interno delle scuole pubbliche italiane.

Per far dimagrire la popolazione, afferma Kelly D. Brownell del Rudd Center for Food Policy and Obesità, dell’Università di Yale (Brownell KD (2012) Thinking Forward: The Quicksand of Appeasing the Food Industry. PLoS Med 9(7):e1001254. doi:10.1371/journal.pmed.1001254)  si dovrebbero vendere meno prodotti, e questo fatto pone in contrasto l’obiettivo prioritario dell’industria a quello della salute pubblica. In assenza di regolamentazione, l’industria ha l’opportunità, se non l’obbligo dal punto di vista degli investitori e degli azionisti, di vendere più prodotti indipendentemente dall’impatto sui consumatori. Per questo motivo i governi, le fondazioni e altre istituzioni dovrebbero lavorare per la regolamentazione del mercato, invece di cercare di stabilire delle collaborazioni con l’industria, conclude Brownell.

La strategia adottata dall’industria alimentare, analizzata a livello internazionale

Jeffrey Koplan, ex direttore dei CDC di Atlanta e attualmente direttore del Global Health Institute della Università Emory di Atlanta ha riassunto in un articolo pubblicato da JAMA (Jeffrey P. Koplan, Kelly D. Brownell, Response of the Food and Beverage Industry to the Obesity Threat, JAMA, October 6, 2010—Vol 304, No. 13) le caratteristiche principali delle strategie adottate dall’industria alimentare:

  • acquisire maggiore credibilità attraverso accordi con partner rispettabili della sfera pubblica, con ricercatori e organizzazioni professionali creando conflitti di interesse e nello stesso tempo offrendo resistenza alle misure di sanità pubblica, negando qualsiasi responsabilità rispetto all’impatto sulla salute dei propri prodotti e dipingendo tutti coloro che si oppongono a loro come critici non obiettivi e ideologici;
  • reinquadrare l’obesità non come problema legato all’alimentazione, ma alla mancanza di attività fisica. A questo proposito Koplan fa notare che il livello di attività fisica raccomandato ha diversi vantaggi per la salute, ma provoca solo un modesto aumento del dispendio energetico. L’attività fisica necessaria per controbilanciare le calorie di una dieta ipercalorica richiederebbe troppo tempo e sarebbe incompatibile con il lavoro, il sonno e le altre attività quotidiane. Per esempio per smaltire le calorie contenute in un pasto completo tipo fast food bisognerebbe correre una maratona. Oppure, per smaltire le 150 calorie che possono essere contenute in una lattina di bevanda zuccherata occorre camminare per almeno 3 km in 60 minuti come osserva Marion Nestlé, professoressa al Dipartimento di Nutrizione alla New York University nel suo ultimo libro (Marion Nestlé, Malden Nesheim, Why Calories Count, Università of California Press, Berkley, 2012, p. 72);
  • sostenere che non esistono cibi cattivi, che quello che conta sia solo l’apporto calorico complessivo e la moderazione da parte degli individui. Esiste invece un ampio consenso tra gli esperti di nutrizione e di sanità pubblica sul fatto che il consumo di certi alimenti deve essere incrementato (frutta e verdura), mentre il consumo di altri fortemente ridotto o evitato (bevande zuccherate e cibi spazzatura). Non tutte le calorie sono uguali: 100 calorie derivati da broccoli hanno un valore nutrizionale diverso rispetto a 100 calorie derivate da patatine o bevande zuccherate. Inoltre, con questa argomentazione, la responsabilità dell’aumento dell’eccesso di peso viene addossata esclusivamente alle singole persone che non si sanno regolare sulle quantità e ai genitori che non sanno educare i propri figli, colpevolizzando le vittime;
  • accusare di paternalismo e anti-liberismo coloro che richiedono interventi governativi per regolamentare le attività industriali; 
  • aggiungere vitamine, minerali o fibra a cibi di scarso valore nutrizionale per poi promuovere questi prodotti come salutari; 
  • sostenere una responsabilità sociale attraverso dichiarazioni di autoregolamentazione che vengono sistematicamente disattese e contraddetti dai fatti. A tale proposito è chiarissimo il giudizio dello special rapporteur on the right to food, Oliver De Schutter, espresso il 26 dicembre 2011 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “L’autoregolamentazione dell’industria alimentare si è dimostrata inefficace”.

Il Gusto fa Scuola, un caso esemplificativo 

Ci si potrebbe chiedere se le critiche relative al ruolo dell'industria alimentare non siano in verità solo ipotesi teoriche a sostegno di un processo alle intenzioni.

Vediamo quindi in concreto come si presenta l'iniziativa Il Gusto fa Scuola visitando il sito internet appositamente creato da Federalimentare in collaborazione con MIUR e l’Istituto Nazionale per la Ricerca su Alimenti e Nutrizione (INRAN), www.ilgustofascuola.it

Per la descrizione dei contenuti ci basiamo sullo stato del sito al 27 agosto 2012. È necessario fare questa precisazione perché i contenuti del sito sono stati modificati nelle ultime settimane di luglio, poco dopo che è cominciata a circolare tra esperti del settore una lettera aperta al Ministro dell’istruzione, che riportava alcuni tra i messaggi più scioccanti contenuti nel sito, in particolare quelli riferiti alle bevande alcoliche. Questo nesso temporale non implica necessariamente un nesso causale, ma tutti gli elementi criticati nella lettera aperta sono stati corretti. Tuttavia è rimasta inalterata la sostanza e la filosofia di fondo che ispira l'intera iniziativa. 

Il sito è suddiviso in tre aree: insegnanti, famiglie e ragazzi. All’interno dell’area “ragazzi” è compresa la sezione “Palestra fai da te” con descrizioni di alcuni esercizi di ginnastica, senza  specificare quante calorie si bruciano svolgendo queste attività, il che conferma la tendenza dell’industria alimentare a spostare l’attenzione, dall’alimentazione all'attività fisica, come strategia principale per contrastare il sovrappeso. In un’altra sezione, denominata "Conosci ciò che mangi”, vengono riproposte le linee guida INRAN per una sana alimentazione italiana, che risalgono al 2003 e sono rivolte alla popolazione generale e non in modo specifico a bambini e ragazzi. Così, all’interno di cibi e bevande da ritenere normali per uno studente della scuola d’obbligo si trovano anche le bevande alcoliche, specificando “se sì, solo in quantità controllata”, normalizzando quindi un comportamento altamente pericoloso e controindicato per bambini e ragazzi. Solo chi si addentra all’interno del capitolo apprende che “nell’infanzia e nell’adolescenza occorre del tutto evitare l’uso di bevande alcoliche”. Ma allora perché inserirle in un sito rivolto a bambini e ragazzi?

Maggiori informazioni sui diversi cibi si trovano anche nella sezione dedicata alle famiglie: “Per sapere di più”. Anche qui, relativamente alle bevande alcoliche, si trovano informazioni normalizzanti e promozionali contraddette dal relativo capitolo delle linee guida INRAN, producendo il tipico mix in cui risulta difficile distinguere le informazioni scientifiche dalla pubblicità. Per sapere qualcosa di più sui prodotti dolciari il navigatore viene dirottato direttamente sul sito dell'Associazione delle industrie italiane del dolce e della pasta, che ovviamente non contiene informazioni sui rischi per la salute associati al consumo di questi prodotti. Per Il Gusto fa Scuola, i salumi sono pieni di vitamine e sali minerali, contengono meno sale e grassi rispetto al passato e sono quindi “un alimento sano e in linea con le tendenze nutrizionali più moderne”. Nella parte della modalità e occasioni di consumo si trovano molti consigli sulla preparazione, su come dovrebbe essere affettato e con quali altri alimenti può essere abbinato, l’abbinamento con il vino, presente in una versione precedente, del sito è stata tolto, ma mancano informazioni sulla frequenza di consumo, che dovrebbe essere solo occasionale. Lo stesso approccio viene seguito anche nella sezione degli “Snack salati” che vengono descritti come alimenti fornitori di “energia, ma anche di gusto, piacere ed allegria (…) adatti a tutti i palati e a tutte le esigenze”.

Invitiamo il lettore a scoprire da sé altri esempi di informazione parziale e fuorviante, dal  punto di vista della salute, contenuti nel sito, ma vogliamo aggiungere ancora una citazione a proposito delle bevande zuccherate, visto che dalla comunità scientifica internazionale sono state individuate da tempo come tra i maggiori responsabili dell’aumento dell’obesità infantile (National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion Division of Nutrition and Physical Activity (September 2006) Does Drinking Beverages with Added Sugars Increase the Risk of Overweight? Research to Practice Series, No. 3., che ne Il Gusto fa Scuola sono classificate come “bevande analcoliche”, che “possono contribuire a soddisfare il fabbisogno quotidiano di liquidi. Un’idratazione adeguata è fondamentale per il mantenimento della temperatura dell’organismo e per un corretto svolgimento delle funzioni fisiologiche del nostro corpo e del nostro cervello”. Le informazioni più generali sono paradigmatiche dell’intera filosofia dell’iniziativa: “Non è infatti il loro consumo (o quello dello zucchero che contengono) di per sé, ma piuttosto il suo eccesso, ad essere uno dei meccanismi che possono concorrere al sovrappeso ed all'obesità. Un’adeguata attività fisica, tra l’altro, può permettere di inserire queste bevande nella propria alimentazione – se lo si desidera – facilitando, al tempo stesso, il mantenimento di un corretto equilibrio tra le entrate e le uscite energetiche. La scelta quindi non sembra essere tra il consumare o il non consumare queste bevande, ma piuttosto quella di adottare nei loro confronti un atteggiamento di scelta responsabile.”

Tra le attività di educazione alimentare che vengono proposte agli insegnanti si trovano iniziative quali un corso di Formazione sui salumi e i vini DOP e IGP e “Pubblicitario per un giorno”, iniziativa nella quale i ragazzi devono “ideare una campagna pubblicitaria che comunicasse (sic!) la qualità dei salumi DOP e IGP”, “Il laboratorio di Augusto”, nel quale un attore travestitosi da AuGusto - salumiere, cantastorie e animatore – “guida i ragazzi in un itinerario tra i grandi salumi italiani” e altre campagne che affrontano il noto problema dello scarso consumo di merendine e dolci da parte dei bambini: "Una merendina al giorno…"; "Biscotti. E scatta il gusto."; "Il gelato dal tuo lato."; "Le merendine, sicuro di conoscerle?". A cura dell'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane.

La confusione dei ruoli e la mancanza di trasparenza de Il Gusto fa Scuola

L’industria alimentare è portatrice di interessi che possono entrare in conflitto con l’educazione dei bambini.  A questo evidente problema di conflitto di interesse si aggiunge quello della confusione dei ruoli e la mancanza di trasparenza. Come si deve interpretare un messaggio dato da Federalimentare, in collaborazione con il MIUR, a proposito per esempio dell'alta qualità e salubrità del salame, tale per cui può essere consumato quotidianamente? È pubblicità oppure è una raccomandazione basata su prove scientifiche supportata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca? Non dovrebbe essere necessaria una maggiore trasparenza? Non sarebbe necessaria una chiara separazione dei ruoli e che le istituzioni pubbliche mantengano la propria autonomia, rimanendo vigili e basando l'insegnamento sulla scienza e assumendo un punto di vista equilibrato e critico?

Confondere attività commerciali con attività filantropiche di “responsabilità sociale” e di promozione della salute risulta essere una precisa strategia adottata dall’industria alimentare anche in Italia. Con l’obiettivo finale di incrementare le vendite, normalizzare tutti quei prodotti che rischiano di destare preoccupazioni nell’opinione pubblica, come le bevande zuccherate e i cibi spazzatura, e più in generale migliorare l’immagine delle aziende nel loro insieme anche nel tentativo di evitare eventuali misure normative, come le tassazioni.

In conclusione

I contenuti del sito Il Gusto fa Scuola, nell’ambito di una iniziativa promossa attraverso il protocollo di intesa tra Federalimatere e MIUR, ricalcano tutte le caratteristiche negative, descritte anche a livello internazionale, per cui questa iniziativa non può essere considerata appropriata per promuovere una sana alimentazione, anzi rappresenta un ostacolo, a causa delle informazioni fuorvianti che contiene, per i gravi conflitti di interesse esistenti e per la confusione dei ruoli tra enti pubblici e aziende private.

Un appello a smascherare l’ambiguità di questa iniziativa e a contrastarla

 

Lanciamo infine un appello indirizzato a diversi destinatari:

  • al Ministro della salute affinché difenda la salute di bambini e ragazzi messa in pericolo da questa iniziativa e, in qualità di promotore del programma governativo Guadagnare Salute – rendere facili le scelte salutari, prenda le distanze dal programma Il Gusto fa scuola che contraddice i principi della promozione della salute sanciti dalla carta di Ottawa, e continui sulla strada annunciata per un aumento del prezzo delle bevande zuccherate attraverso la tassazione, come già avviene in altri Paesi europei;
  • al Ministro dell’istruzione, dell’università e ricerca affinché chiarisca per quali motivi il MIUR preferisce rivolgersi all'industria alimentare per una campagna di educazione alimentare nelle scuole pubbliche italiane, piuttosto che agli esperti di nutrizione indipendenti presenti al ministero della Salute, nei suoi organi  tecnico scientifici e nel sistema sanitario;
  • ai ricercatori dell'INRAN e delle Università e di altri enti di ricerca pubblici affinché non danneggino la loro reputazione prestando il loro buon nome ad operazioni di marketing che, dal punto di vista della difesa del diritto alla salute, rappresentano notoriamente parte del problema e non della soluzione;
  • agli insegnanti e al mondo della scuola in generale affinché, esercitando lo spirito critico, evitino di farsi ignaro veicolo di interessi commerciali;
  • ai decisori e amministratori politici e sanitari a livello nazionale, regionale e locale affinché prestino più attenzione a possibili misure di controllo delle attività commerciali, soprattutto a favore della tutela dei minori, limitando le collaborazioni con l'industria al miglioramento della qualità nutrizionale degli alimenti;
  • ai colleghi che sono coinvolti nel monitoraggio e nella promozione della salute a livello regionale e locale affinché, pur continuando nel lavoro fondamentale nei sistemi di monitoraggio e nei progetti finalizzati alla modifica dei comportamenti individuali, considerino le strategie di marketing aziendali come una parte dei determinanti sociali della salute da monitorare e su cui intervenire e dare informazione ai cittadini per incrementare la sovranità e il controllo che possono esercitare sui propri destini;
  • ai cittadini affinché rimangano vigili e critici prendendo iniziative di difesa di quello che è un diritto fondamentale sancito dalle Nazioni Unite e dalla Costituzione italiana: vivere in un ambiente sano e sostenibile nel quale raggiungere il più alto standard di salute possibile. 

Pirous Fateh-Moghadam, Laura Ferrari (Osservatorio per la salute, Provincia autonoma di Trento)

Paolo D’Argenio (consulente in sanità pubblica, già vice direttore generale prevenzione Ministero della Salute)

Margherita Caroli (Dottore di ricerca in nutrizione dell'età evolutiva Past President dell'European Childhood Obesity Group)

Pasquale Strazzullo (Ordinario di Medicina Interna Università di Napoli Federico II, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Intersocietario per la Riduzione del Consumo di Sale in Italia - GIRCSI)

Andrea Vania (Presidente dell'European Childhood Obesity Group - ECOG) 

Oltre alle opere già citate si veda anche:
- The PLoS Medicine Editors (2012) PLoS Medicine Series on Big Food:The Food Industry Is Ripe for Scrutiny. PLoS Med 9(6): e1001246. doi:10.1371/journal.pmed.1001246;
- Stuckler D, Nestle M (2012) Big Food, Food Systems, and Global Health. PLoS Med 9(6): e1001242. doi:10.1371/journal.pmed.1001242;
- Stuckler D, McKee M, Ebrahim S, Basu S (2012) Manufacturing Epidemics: The Role of Global Producers in Increased Consumption of Unhealthy Commodities Including Processed Foods, Alcohol, and Tobacco. PLoS Med 9(6): e1001235. doi:10.1371/journal.pmed.1001235;
- Dorfman L, Cheyne A, Friedman LC, Wadud A, Gottlieb M (2012) Soda and Tobacco Industry Corporate Social Responsibility Campaigns: How Do They Compare? PLoS Med 9(6): e1001241. doi:10.1371/ journal.pmed.1001241;
- Brownell KD (2012) Thinking Forward: The Quicksand of Appeasing the Food Industry. PLoS Med 9(7): e1001254. doi:10.1371/journal.pmed.1001254;
- Nicholas Freudenberg, Sandro Galea, The Impact of Corporate Practices on Health: Implications for Health Policy, Journal of Public Health Policy 2008, 29, 86–104.