fbpx Agenda digitale: la grande opera più concreta | Scienza in rete

Agenda digitale: la grande opera più concreta

Read time: 6 mins

Milano, Greco Pirelli

In un comunissimo lunedì di fine agosto la banchina del treno del polo universitario di Milano-Bicocca è straripante di ragazzi dagli occhi smarriti e sognanti: le nuove matricole. Li vedo passando in treno di ritorno dal lavoro e penso a quale dovesse essere il mio sguardo tredici anni fa; il ricordo è un po’ appannato… come avevo scelto proprio la Bicocca? Dove avevo trovato le informazioni sulla strada per arrivarci? e come mi ero iscritta? Istintivamente, mi rispondo con un banalissimo “avrò cercato le informazioni su internet”.  

Internet? Era il 1999 e non avevo un computer. E non sapevo nemmeno accendere un computer. L’iscrizione all’università era per lo più cartacea. Avevo scelto la facoltà di Fisica parlando con i professori del Liceo e sfogliando un opuscolo sulla nascente Università degli Studi di Milano – Bicocca. E la strada? Come ero arrivata lì la prima volta? Non me lo ricordo... credo avrò chiesto a qualcuno. Sembra l’anteguerra.

In tredici anni il paradigma dell’informazione è talmente cambiato da poter distinguere un prima e un dopo. "Come si faceva prima di internet?" Internet non ha cambiato la vita solo di chi ha imparato a navigare, ma anche di chi non ha mai acceso un pc: ha creato un’alternativa anche solo ipotetica e ha immerso tutto e tutti in un’aura di progresso e di cambiamento continuo. Come il telefono, la televisione o il computer, salutati anche da intellettuali con distacco e superiorità, internet ha vinto la diffidenza delle generazioni più conservatrici e ha conquistato il mondo, modificando profondamente la posizione del cittadino nei confronti dello stato e del mercato. Ora si può chattare e video-chiamare un amico che sta a migliaia di chilometri di distanza, guardare filmati o film, ascoltare la radio, fare musica, seguire corsi universitari, giocare, leggere aggiornarsi e documentarsi, vivere seconde e terze vite o visitare città. Stando assolutamente fermi sul posto. 

Un passatempo ben riuscito? Molto, molto di più.

Oggi in Italia l’internet economy riveste il 2 % del PIL e dà lavoro a circa 700000 persone; ancora poco se si confrontano questi dati con quelli di altri paesi: in Gran Bretagna l’internet economy rappresenta il 7,2% del PIL, più del settore sanitario; il governo tedesco ha promosso un progetto “Digital Deutschland 2015” che, si stima, grazie alla banda larga (trasmissione e ricezioni di dati in grandi quantità) creerà oltre 1 milione di posti di lavoro in Europa; l’ex presidente francese Sarcozy ha assegnato allo sviluppo di tecnologie dell’informazione e comunicazione  4,5 miliardi di euro e in USA il presidente Obama ha nominato per la prima volta un direttore dell’informatica e delle telecomunicazione federale.

Forte della convinzione che competitività, innovazione e crescita facciano il paio con internet e  banda larga, nel maggio 2010 la Commissione Europea ha presentato un’agenda digitale con lo scopo di sfruttare a pieno tutte le potenzialità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’agenda digitale rientra nel più ampio progetto di strategia europea EU2020 che ha come obiettivo quello di garantire all’Europa una crescita intelligente e sostenibile. In particolare un’efficace diffusione delle tecnologie digitali può stimolare l’occupazione e i mercati, assicurare un migliore servizio sanitario, trasporti più efficienti e sicuri, comunicazione e informazione più trasparenti e un efficace accesso ai servizi  pubblici e alla cultura, il tutto rispettando l’ambiente.

Ma, per usare una parola molto in voga, lo spread digitale del nostro paese è alle stelle! In Italia l’analfabetismo digitale e la scarsa consapevolezza della potenzialità della rete da parte di utenti privati e pubblici non permette alla banda larga di prendere piede. Questa mancata occasione  costa al nostro paese dal 1,5 al 3 % del PIL  e causa una considerevole perdita di competitività rispetto ai nostri partner europei. La Commissione europea per l’agenda digitale stima che nel nostro paese il 41% degli italiani non sia mai entrato in rete, il doppio o il triplo rispetto a Francia (24%) e Germania (17%). Ad oggi la banda larga copre il 10% del territorio italiano  mentre in Svizzera arriva al 90%; Giappone e Corea sono già al 100% (Il fatto quotidiano, Banda larga e fibra ottica, l’alta velocità che manca all’Italia, Eleonora Bianchini, 6 agosto 2012).

I buoni propositi degli ultimi mesi puntano ad arrivare entro al 2020 con il 50% della copertura a 100 Megabit e del 100% a 50 Megabit e a garantire entro il 2013 a tutti i cittadini almeno la banda larga base: 2 Megabit (ora sono 4 milioni a esserne coperti). Roberto Sambuco, direttore del dipartimento comunicazione presso il ministero Sviluppo Economico, si dichiara ottimista circa il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda digitale europea. Portare la banda larga a tutti gli italiani sarà un’impresa costosa: il Ministero per lo Sviluppo stima che serviranno circa 20 miliardi di euro (un costo paragonabile a quello della TAV) dei quali circa 10 arriveranno da  privati (interessati comunque a zone in cui il mercato è già presente), 4,5 da Fondi Italiani per le infrastrutture e 500 milioni circa da Telecom.

A tutti gli effetti una “grande opera” i cui risultati saranno tangibili già in un paio d’anni; un investimento necessario e non più rimandabile, come sottolinea nel novembre 2011 Stefano Rodotà in una lettera al presidente Mario Monti :

 “Lo sviluppo dell’economia digitale è una delle condizioni imprescindibili per il superamento della crisi”. “Internet non può più essere ignorata […] Il governo si impegni concretamente per la piena implementazione di un’agenda digitale in conformità con quanto stabilito dall’Europa” e dichiara “l’accesso ad internet come diritto fondamentale della persona, come già riconosciuto da costituzioni, leggi nazionali e risoluzioni del Parlamento europeo e del consiglio d’Europa”

Il 13 agosto il Ministro dello Sviluppo Corrado Passera annuncia che il pacchetto sviluppo di settembre punterà su green economy, semplificazione per le imprese e agenda digitale, prevedendo la digitalizzazione della pubblica amministrazione, da scuole a ospedali e incentivi per la creazione di distretti elettronici per portare le piccole e medie imprese ad aggregarsi e fare massa diventando competitive anche all’estero. Tutto ciò snellendo la burocrazia che in Italia rappresenta l’1,5 % del PIL, costa a ciascuna impresa  5182 euro all’anno e colloca il nostro paese al 87° posto nella classifica sulla facilità di fare impresa “Doing Business” della Banca Mondiale (La Repubblica, Dossier. Le misure del governo – La burocrazia, Valentina Conte, 26 agosto 2012). Secondo Confindustria Digitale nei prossimi tre anni il contributo della internet economy passerà dal 2,1% al 3,5 % del PIL in Italia e dal 3,5% al 5,7% negli altri paesi europei.
Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, dichiara che ”le imprese italiane che hanno puntato sul web sono  cresciute in termini di fatturato mediamente 5,7 % in più di quelle che non l’hanno fatto.” Inoltre, per quanto concerne i privati cittadini “un uso intensivo di internet può portare ad un risparmio di più di 2mila euro a famiglia” sfruttando offerte, agevolazioni e servizi.

Ovviamente tutto questo dovrà essere accompagnato da uno sviluppo e una riformulazione del diritto e della giustizia digitale. Se alla fine degli anni novanta internet poteva ancora essere considerato un lusso, oggi, a quindici anni di distanza, internet è uno strumento necessario al benessere della persona; è uno strumento dalle enormi potenzialità (non ancora del tutto esplorate) che può, come tutti gli altri, nuocere o aiutare, invadere i nostri spazi o garantire maggiore giustizia, libertà e trasparenza.

Ma la paura non può e non deve sbarraci la strada. È il momento di essere concreti, efficaci ed ottimisti.

Gli sviluppi della rete e delle nuove forme di comunicazione, sono tra i temi che verranno affrontati durante la giornata tematica "Cyber Democracy" , organizzata dal master MaCSIS - venerdì 14 settembre 2012, Milano-Bicocca.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):