fbpx Le nuove vie della scoperta scientifica | Scienza in rete

Le nuove vie della scoperta scientifica

Read time: 2 mins

Scienziati come surfisti, è questa l'immagine evocata da Michael Nielsen per riferirsi a chi oggigiorno fa ricerca. L'intento è quello di sottolineare l'incapacità di riconoscere le dimensioni dell'onda che gli scienziati stanno cavalcando: la Rete.

Internet è stato, ed è tuttora, oggetto di numerosi dibattiti, i quali hanno attraversato differenti fasi. Si è, ad esempio, passati dal confronto sulla gestione di una mole di informazioni del tutto inedita nella storia dell'umanità alle analisi delle conseguenze sulle relazioni sociali degli individui. Ciononostante finora in pochi si sono soffermati sulla Rete come strumento rivoluzionario per la scienza, una lacuna in parte colmata da Le nuove vie della scoperta scientifica. La tesi dell'autore del volume – un fisico e pioniere dell'informazione e computazione quantistica, che da qualche anno si dedica totalmente alla divulgazione scientifica – è piuttosto esplicita: la Rete ha cambiato non solo il modo in cui gli scienziati comunicano, ma soprattutto le loro modalità di produzione di conoscenza. Per difendere la sua posizione Michael Nielsen si concentra su due aspetti interdipendenti: l'intelligenza collettiva e la scienza collaborativa. Così facendo riprende il concetto reso celebre dal filosofo francese Pierre Levy, sostenendo che l'intelligenza collettiva grazie all'architettura della Rete sia nelle condizioni più adatte per esprimersi al meglio. L'amplificazione della cooperazione tra soggetti eterogenei, ma comunque con un patrimonio di conoscenze in comune, è legata in particolar modo a tre fattori favoriti dallo sviluppo di Internet: la modularità (la possibilità di suddividere progetti di ricerca in compiti più piccoli, eseguibili da singoli individui), la diffusione del microcontributo (le barriere per partecipare si sono via via abbassate) e il riutilizzo radicale dell'informazione (i dati diventano un bene comune, potenzialmente a disposizione di tutti). Uno scenario di questo tipo risulta quindi ideale per la proliferazione di modelli collaborativi nel campo della scienza. E non per nulla Nielsen afferma il passaggio da una scienza pre-Rete a una collaborativa: una scienza aperta. L'autore, delineando i tratti fondamentali di una simile transizione, fa appello a numerosi esempi pratici, evidenziando come i cambiamenti in atto non siano significativi soltanto per i professionisti della ricerca. La conoscenza scientifica coinvolge, infatti, anche altri attori e la novità principale probabilmente risiede nel rapporto tra scienza e società, dove si inseriscono i concetti di open access e di citizen science. I cittadini hanno quindi maggiori possibilità di accedere a contenuti scientifici e, talvolta, persino di partecipare nella produzione degli stessi.

Accessibilità, partecipazione e apertura si configurano come i tre tratti principali di un possibile futuro della scienza, una possibilità che per Nielsen appare già parte della realtà del presente. 

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Sanità più sostenibile: le raccomandazioni SIAARTI per una anestesia green

Immagine di una sala operatoria con un anestesista e un paziente addormentato sullo sfondo di elementi vegetali

Nel contesto della campagna Green Choosing Wisely, sostenuta da Slow Medicine, con la finalità di rendere i sistemi sanitari più sostenibili, la Società italiana di anestesia ha pubblicato le cinque raccomandazioni per rendere le attività legate all’anestesia e all’analgesia meno impattanti sull’ambiente. A partire dalla scelta dei gas utilizzati per addormentare i pazienti, di cui alcuni hanno un effetto serra che supera di migliaia di volte quello della CO2.

Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni: il 5% circa delle immissioni in atmosfera di gas clima-alteranti di origine antropica è riconducibile ai servizi sanitari, un valore equivalente a circa il doppio delle immissioni legate all’intero trasporto aereo mondiale (si veda, per questi dati, il Lancet).