Ilaria Capua, la strong lady della ricerca scientifica, come l'ha definita il Wall Street Journal, il primo scienziato sotto i 60 anni a vincere il premio Penn Vet World Leadership Award, ha deciso di stupirci ancora. Questa volta non per chiedere che le sequenze genetiche dei virus siano depositate in banche dati accessibili a tutti o per la presentazione di nuove tecniche per contrastare i virus influenzali, bensì per la pubblicazione di un libro. Nel Virus non aspettano, la scienziata italiana famosa nel mondo per aver sfidato il conservatorismo della scienza si racconta con sincerità e ironia. Questo libro autobiografico ci porta in giro per il mondo con Ilaria, dal suo primo importante viaggio in Sudafrica, quando poco più che trentenne è mandata come rappresentante dell’ Unione Europea, per studiare un inspiegabile catena di infezioni mortali che avevano colpito alcuni operatori di un mattatoio di struzzi di Klein Kario. Qui conosce Bob Swanepoel, guru della virologia, esperto mondiale dei cosiddetti “virus speciali”. L’esperienza sudafricana insegna alla veterinaria romana la paura, quella paura che si prova quando si ha a che fare con i virus più letali come l’ebola e si è costretti a indossare uno scafandro perché ogni contatto potrebbe risultare letale. “E’ proprio questa paura, racconta, che ti aiuta a rimanere sempre vigile e a tenere la mente aperta”. Eppure Ilaria Capua, non si ritiene una martire votata alla scienza, ma semplicemente una donna che crede fortemente in quello che fa. La ricerca non è per tutti, per avanzare nel mondo scientifico, spiega che sono necessarie alcune caratteristiche essenziali. La motivazione innanzitutto, la passione e la determinazione come sostegno a una mente talentuosa. Tutte qualità che sono state fondamentali, quando tra il 1999 e il 2000, il suo laboratorio era stato scelto come riferimento a livello nazionale nel cercare di contrastare l’epidemia di influenza aviaria che si stava diffondendo. Solo fra Veneto e Lombardia c’erano stati 17 milioni di morti di volatili, i suoi "ragazzi" dormivano a turno sulla branda per cercare una strategia in grado di distinguere gli anticorpi dei polli vaccinati da quelli dei polli infetti e quindi di vaccinarli invece di sterminarli tutti a ogni ritorno del virus. Alla fine riuscirono a mettere a punto con successo un metodo innovativo: “DIVA” (Differentiating Vaccinated from Infected Animals), primo test che riesce a individuare gli anticorpi indotti dal vaccino da quelli prodotti dopo il contagio del virus. DIVA è adesso la strategia raccomandata da organizzazioni internazionali come la FAO e dall’Unione Europea per combattere l'Influenza Aviaria su scala globale. Il successo e la fama ottenuta con DIVA fanno diventare la Capua una ricercatrice globtrotter, dalla Georgia fino in Giappone le sue presentazioni fanno sempre un “F-I-G-U-R-O-N-E”. Singolare l’avventura negli Emirati Arabi, dove viene scambiata da un corpulento emiro, come una segretaria al seguito della delegazione italiana. In Messico invece, dopo un’allegra cena passata in compagnia di altri scienziati, cade accidentalmente nell’ acque dell’ oceano, rompendosi però il piede. Leggendo il libro si intuisce come per essere una ricercatrice di successo non è indispensabile “abbandonare” la propria vita di donna, si può riuscire a conciliare il “lato A” insieme al “lato B”. Una donna in carriera può e deve avere il tempo da dedicare alla famiglia, riuscendo perfino a cucire l’abito di carnevale per la figlia. Dalle pagine emerge un incoraggiamento al mondo femminile, “bisogna osare di immaginare di vincere il Nobel, di essere in grado di individuare nuovi orizzonti”, scrive la Capua. Ma c’è anche preoccupazione, quando pone l’accento su come il numero di donne laureate sia più alto rispetto a quello degli uomini, ma solo poche di loro riescono a emergere. Nonostante le difficoltà si sente orgogliosa di essere una ricercatrice italiana e di aver avuto successo nel vituperato servizio sanitario nazionale, la sua storia è la dimostrazione che in Italia le cose si posso fare. I giovani che vogliono entrare nel mondo della ricerca, devono però avere il coraggio di andare via dall’Italia quando è necessario. “ Bisogna scegliere i propri maestri, loro non vengono da te, se tu che devi andare da loro, e dimostrare quanto vali perché loro ti aprono le strade”.
I virus non aspettano è la storia di una donna al tempo stesso normale e straordinaria che fra una ricerca e un viaggio intercontinentale trova il tempo per riflettere, imparare e sorridere ai “guarda” che trova lungo il proprio cammino.