In relazione alla condanna inflitta ai membri della Commissione Grandi Rischi dal Tribunale de L'Aquila, esprimiamo la nostra solidarietà ai ricercatori della Commissione. Si tratta infatti di una condanna che attribuisce alla Commissione responsabilità che non poteva avere né dal punto di vista istituzionale, essendo la sua funzione puramente consultiva e quindi priva di poteri decisionali, spettanti agli amministratori locali, né dal punto di vista scientifico. Alla Commissione infatti si contesta di non aver comunicato agli amministratori ed ai cittadini l'entità del rischio che lo sciame sismico potesse produrre un evento catastrofico. Se difetto di comunicazione c'è stato non è nelle aule dei tribunali che questo andava accertato e condannato.
Questa condanna dei membri della Commissione Grandi rischi, accusati di omicidio plurimo, può spiegarsi soltanto come la volontà di identificare un capro espiatorio per i morti del terremoto. E' dunque con un senso di profondo disagio che assistiamo a una supplenza, se non indebita almeno inadeguata, della giustizia nei confronti di prassi che andrebbero discusse e regolate in sedi istituzionali, scientifiche e in un libero dibattito fra scienziati e cittadini.
Il terremoto dell'Aquila ha cause naturali imprevedibili che non possono essere addebitate a nessuno. Le conseguenze in termini di perdite umane certo dipendono anche da comportamenti umani e da un radicato malcostume che accompagnano da decenni la storia del nostro Paese. L'abusivismo edilizio e l'assenza di costruzioni antisismiche hanno contribuito a trasformare un terremoto che in Giappone non avrebbe fatto vittime in un evento calamitoso, con centinaia di vittime. Ma ora a pagare - e con che prezzo - sono tecnici e ricercatori che vengono accusati di non aver saputo prevedere l'imprevedibile, cioè che a sciami di scosse che si sono susseguiti per più di tre mesi nel territorio dell'Aquila, seguisse una scossa maggiore e devastante. Col senno di poi è facile dirlo, ma "prima" era impossibile.
Alla Commissione si imputa il fatto di non aver esplicitato con maggior chiarezza l'impossibilità di fare previsioni. Ma i verbali delle riunioni della Commissione sono chiari :''non c'è alcun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento'', per poi concludere ''qualunque previsione non ha fondamento scientifico''. Insomma, le conoscenze scientifiche non autorizzavano alcuna previsione con un minimo di affidabilità. In queste condizioni qualsiasi decisione sul da farsi era di fatto rimessa alla scelta della Protezione Civile e degli amministratori locali. Appare paradossale il fatto che la responsabilità del mancato sgombero sia invece caduta sui membri della Commissione.