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Con lo sguardo rivolto al futuro

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La notizia della scomparsa di Rita Levi Montalcini si è diffusa rapidamente in tutto il mondo producendo una proliferazione immediata di commenti e messaggi di cordoglio che, ripercorrendo la sua eccezionale biografia e le principali tappe del suo stellare curriculum scientifico, hanno consegnato alla storia una persona che ormai e' anche personaggio. Un'eroina modernissima che fino all'ultimo giorno di vita ha dimostrato con rigore ed eleganza cosa significhi coltivare con passione l'intelligenza, inseguire un sogno senza risparmiare energie, credere fino in fondo nelle proprie capacità e nelle proprie idee, superando ostacoli e difficoltà. Una figura che oggi più che mai piace a tutti rivendicare come un motivo di vanto e di orgoglio nazionale e che in effetti incarna parte della storia dell'ultimo secolo del nostro Paese, quella migliore anche se non sempre la più facile.

Eppure proprio a chi l'ha conosciuta e ha avuto modo di verificare personalmente quanto fosse sempre proiettata verso il futuro, mai rivolta al passato, perfino scarsamente interessata alle contigenze del presente, pare quasi farle un torto soffermarsi solo sulla sua biografia, parlare di quello che è stato anziché di quello che sarà o che potrebbe essere. Per questo motivo ci piace renderle omaggio oggi immaginando cosa e' cambiato grazie a lei negli ultimi 103 anni e come sarebbe la sua vita, se Rita Levi Montalcini si trovasse oggi ad intraprendere la carriera di ricercatrice. Perché questo - il futuro di giovani studiosi - era ciò che più le stava a cuore e a cui ha continuato a lavorare fino alla fine, registrando purtroppo anche amare delusioni. Di questo ci aveva parlato qualche anno fa, durante un incontro privato mirato ad esplorare strategie, a trovare soluzioni pratiche per far sopravvivere l'EBRI, la fondazione scientifica da lei creata e animata da decine di ricercatori, per lo più donne under 40, le cui prospettive erano continuamente messe a rischio dalla mancata disponibilità di fondi. Con il suo approccio lucido, ci aveva raccontato dei suoi sforzi, dei tanti colloqui con istituzioni e cariche di diverso orientamento politico. Appariva stanca, ma non per questo rassegnata a non tentare qualsiasi strada per garantire stabilita' alla sua creatura. Con lo stile impeccabile e solo apparentemente distaccato che la contraddistingueva, ci aveva raccontato dei suoi ragazzi: giovani preparati, entusiasti, preziosi. Si intuiva che quella era la sua vita, la sua passione, la sua famiglia, e che la sua conoscenza e frequentazione del laboratorio era reale, diretta e costante. Condizione affatto scontata al suo livello, in un ambiente di baronie e potentati. Del resto, una semplice ricerca su PubMed rivela immediatamente quanto fino a pochi mesi fa la professoressa, come tutti continuavano a chiamarla anche in Senato, avesse continuato a produrre risultati scientifici e a contribuire attivamente alla ricerca in campo neurofisiologico. Di nuovo, un fatto per niente scontato nel suo campo, alla sua eccezionale eta'. 

Oggi ci addolora particolarmente constatare che il futuro dell'EBRI, come quello di diverse altre strutture italiane di eccellenza, sia ancora a rischio e che per tanti ragazze e ragazzi la strada più sicura per fare ricerca con maggiore stabilità e concrete possibilità di crescita resti quella dell’estero: un esilio legato a ragioni ben diverse da quelle che portarono Rita Levi Montalcini negli Stati Uniti nel 1947, ma pur sempre una scelta obbligata, spesso difficilmente reversibile, che nel 2013 e' sintomo di un fenomeno ormai antico - quello della fuga dei cervelli - che non accenna a cambiare tendenza. La professoressa ci ha provato fino in fondo, in laboratorio, con le istituzioni, dai banchi del Senato. Anche insieme abbiamo lavorato per dare più spazio a chi sceglie il meraviglioso ambito della ricerca scientifica, cercando di modificare la scarsità delle risorse, la chiusura del sistema universitario nell’accogliere chi ha maturato esperienze diverse e la carenza di criteri di valutazione veramente trasparenti e meritocratici. Non sono mancate grandi soddisfazioni, ma la strada e' ancora lunga e l'esempio di Rita Levi Montalcini, anche in sua assenza, deve restare un'ispirazione costante, una meta a cui tendere.

Condividevamo l'idea che un paese che non investe sulla ricerca e sui suoi giovani è un paese che svende il proprio futuro. E il futuro, per Rita Levi Montalcini, ancora a 103 anni, era il pensiero naturale e dominante, un'attitudine indispensabile per chi dedica la propria vita allo studio, all'indagine intellettuale, al miglioramento della salute dell'uomo. Un atteggiamento che tutti noi dovremmo imparare a fare nostro e che la politica italiana dovrebbe rendere ispiratore di interventi mirati.


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