fbpx Evolution Day, 'Isole' per celebrare Alfred Wallace | Scienza in rete

Evolution Day, 'Isole' per celebrare Alfred Wallace

Tempo di lettura: 6 mins

La decima edizione dell’Evolution Day, che si terrà al Museo Civico di Storia Naturale di Milano dall’8 al 10 febbraio 2013, cade nel centenario della morte di Alfred Russel Wallace (1823-1913) il grande naturalista ed esploratore britannico. Wallace, poco noto ai più, mentre era impegnato in un lungo viaggio di esplorazione e raccolta zoologica nell’Arcipelago Indonesiano, formulò una spiegazione dell’origine di nuove specie pressoché identica a quella elaborata da Charles Darwin e, come la sua, basata sulla selezione naturale. Su Halmahera, la più grande isola del remoto gruppo delle Molucche, dove allora si trovava solo, in preda alle febbri e privo di fonti bibliografiche, ma forte dell’esperienza accumulata in anni di osservazioni naturalistiche, scrisse un breve articolo in cui enunciava la sua personale teoria evolutiva e lo spedì a Darwin per avere un parere autorevole. Su quell’articolo, oggi noto come il saggio di Ternate, dal nome del porto di partenza del plico, si sviluppò una lunga diatriba tra gli storici della scienza in cui si arrivò persino a sospettare di plagio Darwin per averne celato i contenuti al fine di garantirsi l’unica paternità della teoria. Solo di recente si è giunti all’assoluzione con formula piena del grande naturalista. Al contrario, Darwin promosse le intuizioni di Wallace e il suo lavoro fu letto, con quello di Darwin, durante una seduta della Linnean Society di Londra nel 1858. Da allora, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale porta il nome congiunto dei due scienziati.

Di umili origini e con una formazione scientifica autodidatta nata negli anni in cui, con il fratello William svolgendo il lavoro di agrimensore girava in lungo e in largo le campagne inglesi, Wallace rivelò di possedere anche un’attitudine da gentleman riconoscendo la priorità dell’intuizione scientifica della teoria dell’evoluzione a Darwin e contribuendo poi con eccezionale fervore alla divulgazione del darwinismo, termine quest’ultimo da lui stesso coniato. Se si devono trovare dei punti in comune nella formazione dei due personaggi, sia Wallace che Darwin tributarono particolare importanza alla lettura giovanile del Saggio sul principio di popolazione di Malthus (1798), opera più volte citata nei loro scritti, riconoscendo alle speculazioni sociologiche di questo autore il merito di essere state lo strumento interpretativo necessario per giungere all’elaborazione parallela della loro teoria evolutiva.

Wallace, per i suoi singoli contributi scientifici alla materia e per le sue acute sintesi teoretiche è anche considerato il padre della biogeografia. In particolare a Wallace si devono la creazione di un sistema di regioni e province biogeografiche e la descrizione, nel 1859, della linea di separazione tra le faune asiatiche e quelle dell’Oceania oggi nota, in omaggio al suo scopritore, come “linea di Wallace”. Al concetto di linea oggi si preferisce quello di area di transizione (Wallacea), ma la sostanza rimane e si manifesta nella mancanza di elementi faunistici oceanici a ovest e di elementi asiatici a est di quest’area. Esemplificando, se a ovest della Wallacea si osserva l’assenza di mammiferi marsupiali, ad est non sono presenti mammiferi placentati, a parte alcuni chirotteri e quelli introdotti dall’uomo.

La commemorazione di Wallace a cento anni dalla sua morte al prossimo Evolution Day, inserita nell’ambito delle celebrazioni internazionali promosse dal Natural History Museum di Londra sotto il nome di Wallace100, non vuole assumere il carattere della semplice rievocazione di un uomo illustre del passato. Il tema scelto per questa edizione, quello delle isole e dell’insularismo come agenti attivi del processo evolutivo, è quanto mai attuale e prolifico e, rimandando immediatamente alle scoperte dei fondatori della moderna teoria dell’evoluzione, ci porta alle esperienze di ricerca più fresche e vitali.

Quando si parla di isole e di evoluzione, infatti, non si può fare a meno di pensare alle Galápagos. Spesso si racconta che furono proprio queste isole, e in particolare le differenti forme e dimensioni del becco delle diverse specie di fringuelli, a suggerire a Darwin la spiegazione dei processi evolutivi per mezzo della selezione naturale. In realtà, la storia è più articolata e l’importanza dei fringuelli si sarebbe palesata a Darwin solo in seguito; resta il fatto che le Galápagos sono probabilmente il caso più noto e studiato di come le isole possano rappresentare una sorta di laboratorio naturale per lo studio dell’evoluzione. 

Nelle isole, infatti, si possono studiare tutti i principali fattori dell’evoluzione, ma presenti in combinazioni di volta in volta diverse. L’arrivo su un’isola di una nuova specie animale o vegetale avviene spesso per motivi del tutto fortuiti, e i nuovi arrivati si trovano ad affrontare sfide per la sopravvivenza in condizioni del tutto nuove, per la presenza (o assenza) di predatori diversi, per le diverse caratteristiche delle risorse alimentari, per le diverse condizioni climatiche. La selezione naturale spinge allora queste specie ad allontanarsi dalle forme originarie, accentuando alcune caratteristiche a scapito di altre. Uno dei fenomeni più evidenti è la variazione della taglia degli organismi, con tendenze tanto al “nanismo”, evidente nei vertebrati tra i mammiferi artiodattili (bovidi e cervidi), quanto al “gigantismo”, con numerosi esempi tra i roditori, i rettili e gli uccelli (si pensi al dodo di Mauritius). Un caso per noi particolarmente interessante per le sue implicazioni paleoantropologiche, è stato la recente scoperta di Homo floresiensis, il piccolissimo uomo dell’isola di Flores, in Indonesia. Queste tendenze sono soprattutto visibili dalla meticolosa raccolta, datazione e comparazione dei reperti fossili. Anche lo studio delle forme di vita dei nostri giorni, nelle isole in cui l’evoluzione ha potuto procedere indisturbata, rivela spesso l’esistenza di specie dalle forme inedite e qualche volta, per noi, spettacolari, come nel caso della flora dell’arcipelago di Socotra, caratterizzata da un’altissima percentuale di specie endemiche.

Studiare l’evoluzione oggi significa anche elaborare modelli che rendano conto delle differenti traiettorie evolutive in presenza di una moltitudine di fattori, tra i quali in particolare quelli di tipo ecologico. Le isole del Mediterraneo sono un esempio importantissimo delle trasformazioni subite dalle comunità ecologiche in conseguenza dell’intervento umano, sia quello diretto delle attività di dissodamento che quello indiretto dell’introduzione di specie “aliene”, animali e vegetali. Dal punto di vista evoluzionistico un’isola non è necessariamente un lembo di terra circondato dal mare. Così, i concetti di “isola” e di “insularismo” si ampliano anche alle aree continentali con caratteri ecologici differenti rispetto a quelli delle aree limitrofe e anch’esse caratterizzate da dinamiche evolutive particolari, come è il caso delle parti sommitali delle montagne o degli ambienti di grotta; un esempio per tutti, i gruppi montuosi dell’Africa orientale dove i monti Usambara, Udzungwa e Uluguru della Tanzania rappresentano, per la quantità di endemismi zoologici e botanici, delle vere e proprie isole di foresta tropicale pluviale in un vasto mare di savane.

Allargando ancor di più il campo di osservazione, anche nello studio delle lingue si incontrano i concetti di isolamento e insularità, sebbene vi siano importanti differenze rispetto a quanto avviene nell'evoluzione biologica.

N.d.r.: Carla Castellacci e Giorgio Chiozzi fanno parte del comitato organizzatore dell'Evolution Day di Milano


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):