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Rimettiamo in moto la scuola

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Si fa un gran parlare di giovani, di scuola e di università; ma poi, al momento di formulare provvedimenti concreti per un futuro (prossimo) governo, si ricade nei luoghi comuni e nelle lagnanze sulle risorse finanziarie disponibili. Invece, credo che si debba venire al sodo. Pertanto, dico subito che ho in mente tre azioni urgenti, che descrivo nel modo più crudo e diretto possibile.

  1. Se i giovani che fanno studi universitari con obiettivi molto impegnativi (ricerca, innovazione tecnologica, ecc.) devono passare attraverso un “dottorato all’italiana”, cioè a un corso di dottorato che si conclude con una tesi e non con una serie di pubblicazioni o prodotti che testimoniano un tirocinio di ricerca attivo e meritevole di considerazione, allora va immediatamente abolito perché così com’è non fa altro che trasformare il giovane in “eterno studente”. Non ci vuole molto a trovare soluzioni: basta che i dipartimenti affidino il compito di tutoraggio post laurea magistrale a docenti esperti che gestiscono ricerche proprie o di gruppo; e che si commisurino i posti accessibili ai titoli acquisiti in questa fase senza scadenze rigide. 
  2. Prendendo atto della cancellazione avvenuta di ogni attività di formazione iniziale e in servizio degli insegnanti di scuola secondaria, ripristinare con la massima urgenza indirizzi didattici disciplinari a basso tasso di inutili pedagogie generali e riconsiderare le lauree magistrali abilitanti in rapporto alle necessità della scuola pubblica. Basta considerare la storia recente della formazionr degli insegnanti per riconoscere che dall’epoca dei “comandi” presso gruppi universitari di ricerca didattica, in Italia siamo passati al nulla, con gravi effetti sulla qualità e sulla collocazione sociale degli aspiranti docenti. 
  3. I tecnici di laboratorio memorabili dei grandi istituti di ricerca italiani erano tutti periti industriali provenienti dagli Istituti tecnici industriali che conferivano diplomi apprezzati da ricercatori e produttori. Ebbene, quegli istituti sono stati cancellati per una ridicola trasformazione liceizzante che avrebbe dovuto essere gradita alla cultura dominante. Risultato: i laboratori e le aziende non hanno più le “mani d’oro” che realizzavano le idee trasformandole in indispensabili oggetti innovativi. Recuperiamo i periti! Questi sono tutti problemi che si possono risolvere con intelligenza e buona volontà, più che con l’immissione di improbabili risorse finanziarie. C’è un politico che se ne occupi?

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Perché la de-estinzione è più una trovata di marketing che scienza

acquarello che raffigura un lupo bianco

Rimbalza sui media la notizia della de-estinzione dei metalupi. Ma i cuccioli nati con le tecnologie di editing genetico basate su CRISPR/Cas9 replicano solo alcune caratteristiche della specie estinta, ponendosi più che altro come una trovata di marketing. Intanto, però, i progetti dedicati ai tentativi di de-estinzione sollevano dubbi tanto scientifici quanto etici. Per esempio, ha senso rincorrere fantasmi del passato quando non riusciamo a proteggere il nostro presente?

Di recente, quotidiani e i telegiornali si sono riempiti di titoli roboanti riguardo alla “de-estinzione” di una specie di canide scomparsa circa 10.000 anni fa: il “metalupo”, o dire wolf in inglese. Questo ha riacceso il dibattito sia sui reali riscontri scientifici nel tentativo di riportare in vita specie estinte - un tema molto caro alla fantascienza - sia sull’etica di alcune ricerche nell’ambito dell’ingegneria genetica, generando, come spesso accade in questi casi, anche molta confusione.

Ma cosa c’è di vero in questa storia? Facciamo un passo indietro.