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Ripartiamo con giovani e ricerca

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Illustrissimo Presidente Napolitano,

è un grande onore poterLa incontrare in questa occasione, e poter condividere con Lei la passione, la dedizione e purtroppo anche la preoccupazione che il Gruppo 2003 prova nei confronti della ricerca scientifica italiana.

Sappiamo di avere in Lei un interlocutore sensibile e attento ai temi a noi cari. Nel corso del Suo settennato Lei ha dedicato un costante impegno sia alla promozione della cultura sia alla valorizzazione del capitale umano, spesso citando i ricercatori come esempio. Le Sue parole hanno più volte in passato richiamato l'importanza della ricerca, dell'innovazione e della competitività per far sì che il nostro Paese possa partecipare alla sfida globale. Siamo qui oggi perché riteniamo che in questo momento sia improrogabile che alle parole seguano i fatti.

Il Gruppo 2003 ha tra i suoi obiettivi prioritari la sensibilizzazione delle istituzioni e dei responsabili della politica verso il sistema di ricerca, innovazione e sviluppo del nostro Paese. Il Gruppo 2003 si adopera per far sì che anche in Italia si applichino quelle regole di valutazione e meritocrazia, aperte al talento, ai giovani e alla professionalità, che da anni sono “normali” all’estero.

Siamo convinti come Lei che l'Italia abbia bisogno di promuovere il rilancio della ricerca scientifica produttiva e competitiva per uscire dal declino in cui l'attuale grave crisi economico-finanziaria la sta portando. Il nostro paese ha bisogno di nuovi posti di lavoro per i giovani e di una economia che ritorni a crescere.  Siamo convinti che una delle leve fondamentali per avere una economia sana e in crescita è investire in ricerca, innovazione, tecnologia e educazione delle generazioni future (scuola e università).

La nostra convinzione si basa anche sull’esempio degli altri paesi con cui ci confrontiamo, i quali hanno ben compreso che non esiste sviluppo senza ricerca: gli Stati Uniti del Presidente Obama, per esempio, che Lei ha appena incontrato. Obama nel 2009 emise il Recovery Act come una delle prime iniziative del suo primo mandato, finanziando progetti di ricerca nell’ energia, nella salute e nelle tecnologie dell’informazione con 100 miliardi di dollari, il maggiore investimento in ricerca di base nella storia degli Stati Uniti. Il Recovery Act fu attuato nel momento di maggior crisi economica, come strumento di rilancio e di crescita. Obama nella campagna elettorale del 2012 che ha portato alla sua rielezione ha affermato che nel suo secondo mandato punterà ancora di più su salute, ambiente ed energie rinnovabili per risvegliare l'economia americana e creare nuovi posti di lavoro.

In Europa, il programma per la ricerca e l'alta educazione della Germania di Angela Merkel prevede un aumento del 5% ogni anno fino al 2015 dei finanziamenti ai centri di ricerca statali; 7,7 miliardi di euro aggiuntivi per le università dal 2011 al 2015; 14,6 miliardi di euro per lo sviluppo dell'alta tecnologia in settori considerati strategici: energia, clima, salute e sicurezza. Va sottolineato che, quando due anni fa la Merkel ha operato un taglio nel bilancio federale di 80 miliardi, ha aumentato gli investimenti in università e ricerca di 15 miliardi.

Persino la Corea del Sud, paese di dimensioni paragonabili all’Italia, è al terzo posto dopo America e Cina per gli investimenti in ricerca.

L'Italia è ferma da decenni, per questo riteniamo con grande convinzione che prima di ogni altra cosa sia fondamentale un cambiamento culturale, che riconosca alla ricerca scientifica il suo ruolo fondamentale e prioritario come motore delle politiche di sviluppo, rilancio e innovazione. Invece assistiamo da troppo tempo a una generale mancanza di interesse culturale e politico nei confronti della ricerca, che ci allontana sempre più da paesi come la Germania, la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, e che compromette in modo irreversibile il nostro futuro.

Investimenti, ma anche semplificazione normativa, autonomia, internazionalizzazione dei curricula, creazione di centri di eccellenza, meritocrazia, trasparenza sono le parole chiave di questo cambiamento culturale, che deve necessariamente coinvolgere le istituzioni, le università e le imprese.

Come certamente sa, l'Italia oggi conta su meno ricercatori e su meno fondi rispetto ai principali Paesi industrializzati. Nonostante ciò, in Italia, la ricerca si fa e anche con buoni risultati in rapporto alla scarsità di stanziamenti. Ma i nostri ricercatori sono costretti a lavorare in un clima di carenza di risorse, sottoinquadramenti e soprattutto disconoscimento del merito: i principali fattori repulsivi che in questi anni hanno disincentivato i giovani ad intraprendere le carriere scientifiche e alimentato una drammatica "fuga dei cervelli" dal nostro Paese.

Fino ad oggi e nonostante le difficili condizioni la ricerca Italiana "ha tenuto", ma non continuerà a farlo in futuro. Il tempo è scaduto: le nuove tecnologie evolvono con tempi sempre più veloci ed è necessario fare sistema per rimanere produttivi e competitivi. E’ pertanto imperativo che il Paese decida di fare investimenti determinanti, in capitale umano e in infrastrutture, che siano il  frutto di una visione strategica complessiva.

Nel 2004 il gruppo 2003 scrisse un manifesto proponendo spunti di riflessione sotto forma di parole chiave che avrebbero dovuto costituire i punti di riferimento di una riforma radicale del sistema di ricerca del paese. Purtroppo a distanza di quasi 10 anni constatiamo che la tanto auspicata rinascita della ricerca italiana non solo non è avvenuta, ma la situazione si è deteriorata (un malato terminale?).

Per riportare la ricerca al centro del dibattito politico e delle scelte future, il Gruppo 2003 ha promosso un'iniziativa rivolta ai partiti e ai movimenti politici che si candidano alla guida del Paese. Chiediamo risposte concrete a dieci punti che secondo noi sono cruciali nel ridisegnare il futuro della ricerca scientifica in Italia.

INVESTIMENTO IN RICERCA

Il nostro Paese investe meno della metà di tutti i suoi competitori in ricerca (circa 1% del PIL), in termini sia di investimento pubblico sia di investimento privato. L’investimento in ricerca è stato costantemente sacrificato a scapito del futuro del Paese. Proponiamo un aumento dell'investimento in ricerca e istruzione superiore del 20% all'anno per i prossimi 3 anni e la detassazione delle donazioni e delle attività di ricerca. 

Va ben compreso dal mondo politico che il denaro speso in ricerca non è un finanziamento a fondo perduto ma un investimento redditizio! Basti pensare che per ogni dollaro investito nel progetto genoma umano  ha portato 140 dollari di ritorno all’economia americana. Il costo complessivo del progetto genoma è stato di 3.8 miliardi  di dollari in un arco temporale di 13 anni ma uno studio federale indica che già nel 2010  il ritorno all’economia del paese ammontava a 800 miliardi. Nel progetto di mappatura del genoma the brain activity map il governo americano prevede di investire 300 milioni all’anno per 10 anni.

Valutazione e premialità

I meccanismi di distribuzione dei fondi di ricerca pubblici soffrono di sistemi scarsamente trasparenti e meritocratici.

Proponiamo di applicare il processo di peer review ai meccanismi di finanziamento pubblici e di assegnare alle università quote crescenti del fondo di finanziamento ordinario degli atenei (FfO) sulla base di parametri di valutazione oggettivi.

L'istituzione di un sistema di valutazione della qualità della ricerca attraverso l'analisi di criteri oggettivi è una misura irrinunciabile per il nostro Paese, se vuole investire nell’innovazione e rimanere competitivo. Vanno premiati il merito e l'eccellenza, qualità che in Italia non godono di molte simpatie e anzi a volte fanno addirittura paura. 

COMPETITIVITA' INTERNAZIONALE E PREMIALITA'

Tutti i Paesi, in modo diverso, hanno scelto di investire in modo selettivo e competitivo su pochi atenei, centri di ricerca, dipartimenti con l’obiettivo di renderli competitivi e fra i migliori a livello internazionale. Ad esempio, Germania, Francia, Inghilterra, Cina, ecc, investono selettivamente in alcuni atenei. Proponiamo di selezionare un numero limitato di atenei (10 sull’esempio tedesco?) e centri di ricerca dotandoli di risorse adeguate a portarli al livello dei migliori nei ranking internazionali, e di introdurre meccanismi premiali per chi ottiene finanziamenti internazionali, secondo modelli e modalità consolidate all’estero.

Il fine ultimo di una valutazione della ricerca ben fatta è la distribuzione delle risorse premiando il merito e l'eccellenza. Se le risorse sono limitate, come nel nostro caso, la loro distribuzione secondo il merito può risultare sgradevole, ma rappresenta una importante discontinuità rispetto all'oggi e una scelta coraggiosa che contribuirebbe a ripristinare la necessaria credibilità del sistema. Meritocrazia vuol dire premiare ma …anche togliere! 

 CABINA DI REGIA

Lo scarso investimento in ricerca del Paese passa attraverso finanziamenti erogati da diversi ministeri e si disperde in rivoli spesso scarsamente controllati o incontrollabili. Il Gruppo 2003 propone un’Agenzia Nazionale della Ricerca di programmazione e finanziamento della ricerca che porti a un'accelerazione delle procedure e al rispetto dei tempi dei progetti di ricerca. L’agenzia deve essere una struttura di coordinamento leggera, efficiente e trasparente, fondata su meccanismi di peer-review.

Tutti i paesi che investono significativamente in ricerca si sono dotati di un’agenzia nazionale della ricerca come cabina di regia per l’implementazione delle scelte strategiche nelle aree su cui investire, per l’allestimento dei processi di peer review e per la  distribuzione delle risorse ed il loro monitoraggio. 

 LACCI E LACCIUOLI

L'utilizzo efficiente delle scarse risorse del Paese è ostacolato da un’infinità di “lacci e lacciuoli”. Il Gruppo 2003 e il più alto organo di consulenza del Ministero dell’Università e della Ricerca (CEPR) hanno più volte richiamato l’attenzione su questo problema ed identificato in modo specifico una serie di marchingegni burocratici che vanno eliminati in tempi brevissimi per snellire i processi operativi e ridare fiato alla ricerca scientifica italiana.

VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO

L'abolizione del valore legale del titolo di studio aumenterebbe la competizione tra Università e produrrebbe un effetto benefico sulla qualità degli atenei e sulla loro produttività, innescando un circolo virtuoso. Il Gruppo 2003 da 10 anni propone l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Vanno intraprese azioni concrete per abolire, o in subordine, per depotenziare ulteriormente il valore legale del titolo di studio.

ATTRATTIVITÀ E RIENTRO DEI CERVELLI

Su scala globale è in atto una vera e propria corsa ad accaparrarsi l’oro del terzo millennio, non più l’oro giallo o l’oro nero, ma l’oro grigio costituito dai cervelli.

I programmi di rientro dei cervelli hanno dato risultati spesso discutibili sul piano della qualità e dell’impegno. Vanno individuati percorsi dedicati e facilitati per l'ingresso di ricercatori dall’estero, tracciati percorsi di carriera ben definiti e trasparenti, offerte condizioni lavorative competitive e finanziamenti start-up attrattivi secondo gli standard internazionali .

Illustre Presidente, purtroppo sappiamo che il 35% dei 500 migliori ricercatori italiani (classificati su H-index) lavora all’estero. Se consideriamo i primi 100, addirittura uno su due ha abbandonato il nostro Paese. Stiamo parlando di scienziati eccellenti che non sono tornati a lavorare in Italia perché non è stata loro offerta un’opportunità concreta e con sufficienti garanzie di essere valutati solo ed esclusivamente sul merito e sulle capacità. L’età dei nostri cervelli in fuga si sta progressivamente abbassando. Secondo un recente rapporto del CUN, nel 2011 ci sono stati circa 58mila nuovi iscritti all'Università in meno rispetto al 2003: come se fosse scomparso un ateneo grande quanto la Statale di Milano. I nostri giovani non credono più nel nostro sistema paese, nella nostra capacità di offrire loro un futuro e quindi se ne vanno! 

RICERCA INDUSTRIALE E TRASFERIMENTO TECNOLOGICO

Il sistema di ricerca del Paese soffre di una insufficiente valorizzazione dei suoi risultati e di una scarsa capacità di reperire fondi attraverso lo sfruttamento della proprietà intellettuale. Ad esempio, i dati indicano che in un’ipotetica partita Italia-Germania sul piano della ricerca, usando come indicatore della ricerca fondamentale le citazioni, il nostro Paese è al 75% della Germania (un grande risultato se si considera la differenza in entità e qualità dell’investimento), ma è solo al 19% se consideriamo un indicatore di trasferimento del know how all’industria. Insomma, il trasferimento del know how all’industria non è incentivato e non avviene in modo sistematico con grave dispersione delle conoscenze e mancato ritorno dell’investimento. Il trasferimento tecnologico e la ricerca industriale devono essere promossi e sostenuti con azioni concrete, detassando per esempio l'investimento in ricerca o semplificando i criteri di assegnazione dei fondi sulla base di parametri trasparenti. 

GIOVANI, CAPACI E MERITEVOLI

Come Lei ricorda da sempre nei suoi interventi, il cosiddetto “Capitale Umano” costituisce la vera ricchezza del Paese.

Il Sistema Paese sta perdendo una generazione di ricercatori a causa della scarsità delle risorse, del mancato turn over e dell’inaffidabilità dei percorsi di carriera (troppo spesso il diritto acquisito per anzianità prevale sulle capacità). Per bloccare questa emorragia è urgente applicare a livello nazionale i criteri e parametri elaborati a livello internazionale che definiscono i requisiti necessari per poter accedere alle diverse posizioni di carriera del ricercatore e le procedure di valutazione sia in ingresso sia in itinere.

Altrettanto urgente è ripristinare il diritto dei capaci e meritevoli di accedere ai livelli più alti dell’istruzione e di contribuire alla ricerca scientifica. Tale diritto è al momento negato dall’insufficienza, ad esempio, delle borse di studio, degli assegni di ricerca, ecc.

cultura della scienza e della ricerca

E' indispensabile promuovere e rilanciare la cultura della scienza e della ricerca nel nostro Paese, che la trascura da sempre, attraverso per esempio un investimento nella formazione scientifica dei giovani. 

Illustre Presidente, nel ringraziarLa per averci ricevuto oggi, contiamo sul suo sostegno e sulla sua presa sulle forze politiche più responsabili affinché si impegnino seriamente, pubblicamente e con atti scritti e verificabili per far sì che la ricerca non sia più considerata un superfluo bene di lusso ma diventi un prodotto italiano di qualità. Vorremmo infine proporLe l’istituzione di un "Premio Presidente della Repubblica per un Giovane Ricercatore operante in Italia” come segno tangibile dell’attenzione della Presidenza della Repubblica alla ricerca ed ai giovani.

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