Come garantire al cittadino sicurezza e certezza della
cattura del colpevole di crimini efferati? Basta seguire assiduamente gli episodi di
CSI!
È quanto emerso in un recente studio della Washington State University pubblicato sulla rivista Journal of Health
Communication di febbraio. Stacey Hust, prima autrice dello studio, dopo aver analizzato i 508 questionari compilati da studenti universitari nel Nord Ovest, afferma, infatti, che i fruitori di crime fiction,
spettatori di scene forti e cruente come omicidi o stupri, sono maggiormente predisposti ad intervenire
per fermare le violenze sessuali.
Manifestando apertamente la devastazione prodotta sulla
vittima di uno stupro, le fiction basate sul crimine hanno i collaterali e
assolutamente non trascurabili effetti di ridurre i pregiudizi sulle violenze sessuali (ad esempio quello in
base al quale una donna che beve alcolici è naturalmente incline all’atto
sessuale) e di responsabilizzare il passante inducendolo ad intervenire per
fermare le molestie.
Non è che l’ultimo degli impatti sulla società prodotti dalle serie televisive di crime fiction.
Il più famoso si
chiama effetto CSI e Monica Robbers,
criminologa americana, lo ha definito nel 2008 come quel “fenomeno per cui i giurati
nutrono irrealistiche aspettative nei confronti delle prove scientifiche e del metodo investigativo delle scienze
forensi.”
Già perché, che ci piaccia o no, la società in cui oggi
viviamo è figlia del positivismo ottocentesco, della sua idea di progresso e
della scienza e tecnologia piegata al benessere dell’individuo.
Il metodo scientifico è l’emblema della certezza. La
certezza, cioè, che seguendo un procedimento rigoroso basato sulla raccolta dei dati,
l’induzione e la replica di esperimenti, si possa arrivare alla formulazione di una
legge. Vera.
Del positivismo è figlio Sherlock Holmes, il più celebre investigatore
di tutti i tempi, creato dalla mente di Arthur Conan Doyle alla fine del XIX
secolo. Il suo procedimento è limpido e deduttivo, l’apoteosi del metodo
scientifico: l’osservazione accurata di una scena del crimine porta inesorabilmente
ad individuare il vero colpevole.
Di lui è successore Hercule Poirot, celebre investigatore
dalla testa a uovo, protagonista di molti
romanzi di Agatha Christie: un
investigatore che crede fermamente nella potenza delle “cellule grigie” e
nell’analisi psicologia del personaggio più che nella raccolta di indizi ai quali
assegna spesso un ruolo subalterno (e
per le quali stuzzica il capitano Hastings) e che addirittura manipola per
dimostrare le proprie teorie (Corpi al Sole - Agatha Christie, 1947).
Purtroppo, del positivismo è figlio anche Cesare Lombroso
(1835 – 1909) che, seguendo la corrente della fisiognomica, allora molto in
voga (la troviamo anche in molti romanzi di Honoré de Balzac), ritiene di poter
trovare in alcuni tratti somatici la corrispondenza alla naturale
predisposizione al crimine.
Ad ogni modo la buona riuscita di un giallo dipende dalla
capacità dell’investigatore di condurre
il lettore attraverso le indagini portandolo alla vittoria, alla scoperta del
colpevole e al trionfo del suo metodo di indagine. Su questo si basa il
successo di Sherlock Holmes, Poirot e… CSI, appunto.
Nata nel 2000, la serie televisiva Crime Scientific
Investigation non è altro che la testimonianza che la nostra sete di verità non
è finita. Quella verità che, apparentemente, solo la scienza ci può dare, poggiando sul fatto che 2+2 faccia incontrovertibilmente 4.
Lo dimostrano il proliferare e l’innegabile successo di
serie televisive incentrate sugli uffici investigativi e i loro laboratori scientifici: CSI Las Vegas, CSI New York,
CSI Miami, NCIS, Criminal minds, Law&Order, Cold case e l’italiano RIS: Delitti
imperfetti. I rilievi condotti sulla scena del crimine portano sempre alla
determinazione del colpevole, rendendo giustizia alla vittima.
Il motivo del successo va ricercato nel senso di
sicurezza che tali serie comunicano: la "vittoria del buono contro il cattivo" e la
spettacolarizzazione di un metodo che, molto spesso, si discosta dalla realtà.
La realtà è infatti che ciascuno dei metodi utilizzati dagli
investigatori televisivi difficilmente porta con sé la certezza della
colpevolezza ma si basa, il più delle volte, su correlazioni statistiche che
lasciano sempre un margine di
incertezza. Incertezza prontamente eliminata dalle sceneggiature televisive.
Ma che la scienza possa essere d’aiuto nel dirimere le
indagini dei crimini è un dato di fatto, testimoniato dal successo, alla fine
del XIX secolo, in Gran Bretagna prima e nel resto dell’Europa poi, della
dattiloscopia (lo studio delle impronte digitali) e dalla risoluzione, ad opera
di Juan Vucetich, di un omicidio in
Argentina grazie all’individuazione di impronte in una macchia di sangue sulla
maniglia di una porta.
Agli inizi del XX secolo poi, sempre in Gran Bretagna, i
patologi Bernard Spilsbury, Francis Camps, Sydney Smith e Keith Simpson
introducono nuovi metodi di indagine e nel 1909 a Losanna nasce il primo
Istituto di Polizia scientifica.
In Italia, nel 1903 viene avviato a Roma nella sede di Trastevere, a Regina Coeli, il primo corso
di polizia scientifica, mentre il vero e proprio servizio prende il via tra il 1911 e il 1914 grazie
all’impulso di Salvatore Ottolenghi, medico e allievo di Lombroso; la grande
svolta avviene tuttavia nel 1913, quando la prove scientifiche emerse dai
rilievi tecnici vengono riconosciuto da
parte del codice di procedura penale come prove ammissibili.
Per la nascita dei RIS (Reparti Investigativi Scientifici),
afferenti all’Arma dei Carabinieri, dobbiamo invece aspettare il 1955 quando viene
costituito il “Gabinetto Centrale di Documentazione ed Indagini Tecnico –
scientifiche” poi diventato “Centro Carabinieri Investigazioni scientifiche”.
Oltre oceano è Edgar Hoover, capo del Federal Bureau
Investigation (FBI) dal 1924 al 1972 a dotare il nucleo investigativo più
famoso al mondo di laboratori scientifici e di un immenso archivio di impronte
digitali.
E’ l’istituzionalizzazione di organo deputato a dare
sicurezze e garanzie che permettano alle verità processuali di emergere.
Ma è davvero così? Sappiamo bene in realtà come diverse
perizie o rilevamenti sullo stessa scena del delitto possano dare letture
differenti del crimine e che, trattandosi spesso di interpretazione e lettura dei dati da parte di
diverse posizioni, la realtà processuale si può molto spesso scostare dalla
realtà dei fatti.
L’effetto CSI non si esaurisce, tuttavia, nel senso di sicurezza e nell’audience
delle serie televisive. Evan Durnal, ricercatore del Dipartimento di Giustizia
criminale dell’University of Central Missouri, fa notare come l’esposizione a
serie televisive incentrate sulle investigazioni scientifiche possa portare
effetti a lungo termine sul sistema legale americano.
Proprio secondo Monica Robbers, infatti, il 62% degli avvocati difensori
e il 69% dei giudici è concorde nell’affermare che i giurati hanno spesso un
irrealistica aspettativa nei confronti delle scienze forensi.
Per questo motivo la scelta dei giurati richiede sempre più
tempo dovendo verificare e valutare la loro esposizione alle crime fiction. E, se da un lato per gli avvocati difensori diventa sempre più difficile convivere
con le nuove tecnologie, dall’altro lato l’incertezza delle prove scientifiche
è esattamente quanto loro serve per varcare la soglia del ragionevole dubbio.
Dopo tutto un merito a queste trasmissioni va comunque
riconosciuto: quello di aver fatto entrare nel bagaglio culturale collettivo
il concetto (più o meno distorto) di DNA, di genetica e, più in generale, dell’utilizzo
del metodo scientifico come procedimento
di analisi.
Tuttavia la reale e connaturata incertezza delle indagini può
disilludere tutti gli entusiasti dell’infallibilità di Gil Grissom (protagonista di CSI). Che
ce ne facciamo di una scienza che non dà le risposte esatte? Dimostrare che il dubbio di oggi è la base della conoscenza di domani potrebbe essere troppo, persino per CSI.
Quale sia il terreno di incontro tra scienza e diritto e quali impatti abbia sulla società sarà uno dei temi che verranno affrontati durante la giornata tematica “Alla prova dei fatti – il dialogo tra scienza e diritto" organizzata dal master MaCSIS per giovedì 14 marzo 2013, presso l'Università di Milano-Bicocca.
Bibliografia:
- "Health promotion messages in
entertainment media: Crime drama viewership and Intentions to intervene in a
sexual Assault Situation", Journal of Health Communication, S.Hust, E. Marett,
M.Lei, H. Chang, C. Ren, A. McNab, P. Adams
- "The CSI Effect, Television dramas
that rely on forensic science to solve crimes are affecting the administration
to justice", The economist, 22 April 2010
- "I cent’anni della polizia scientifica", Mauro
Milesi, Libero, 8 aprile 2004
Scienze forensi, Pietro Greco
- "La fiction sul banco degli imputati", Jekyll ,
https://jeckyll.sissa.it
- "The CSI effect: popular fiction
about forensic science affect the public expectation about real forensic
science, Social Science Research Network", 12 march 2007 N.J. Schweitzer, M.J.
Saks
- "Biologia forense, R.I.S. ed “effetto CSI”,
Ferdinando Lo Verso, Centro Europeo di Studi Superiori