Alla fine del 2012 è uscito il libro “Health Impact Assessment Past Achievement, Current Understanding, and Future Progress”. Preparato da uno dei massimi esperti sul tema, il volume offre differenti approcci per svolgere una Health Impact Assessement o Valutazione di Impatto Sanitario (VIS ), presenta molte esperienze effettuate nel mondo e una prospettiva globale.
Non un manuale su come fare una VIS, ma un libro che descrive e discute un’ampia gamma di metodi usati e offre consigli utili per una loro applicazione in circostanze diverse.
La riflessione si articola su tre aree di sviluppo innovativo:
- la VIS non come strumento per la presa di decisioni ma come supporto alle decisioni, in altre parole per aiutare i decisori e non per sostituirsi ad essi, quindi gran parte del libro è dedicato a come la VIS può interagire coi decisori e come fare in modo che i decisori la trovino utile e rilevante;
- come rendere la VIS imparziale piuttosto che uno strumento di advocacy o sostegno/patrocinio/ difesa di posizioni piuttosto che di altre. Un tema che ha molto a che fare con etica e potere;
- come valorizzare la VIS in quanto strumento di previsione del futuro, tenendo in considerazione la inevitabile esposizione all’errore di previsione e d’altra parte divulgando e formando sui metodi esistenti per ridurre l’errore e gestire l’incertezza.
Il libro è diviso in due parti, la prima dedicata al metodo, la seconda a esperienze svolte in 20 Paesi tra cui l’Italia (n.d.r. Il paragrafo dedicato all’Italia è a cura di Fabrizio Bianchi e Liliana Cori).
Il libro stressa gli obiettivi principali della VIS:
- valutare anticipatamente e quindi prevedere le conseguenze future per la salute di decisioni
- cercare di informare e supportare la presa di decisioni.
Partendo dalla definizione della Carta di consenso di Goteborg del 1999, vengono offerte altre definizioni, come quella più estesa adottata dalla International Association for Impact Assessment (IAIA), che include anche il compito di identificare azioni appropriate per gestire gli effetti.
Di particolare interesse é la discussione sulla predizione degli effetti, sui diversi tipi di evidenza scientifica, incluso quella basata su metodi qualitativi, e sulle forme di dialogo con i portatori di interesse (Williams & Elliott, 2010).
Kemm è fermamente convinto che la VIS abbia un senso solo se prospettica, che assegna alla forma retrospettiva la funzione di valutazione di ciò che è successo nell pregresso, e alla forma trasversale o concorrente il compito di monitoraggio dell’esistente.
La salute sulla quale la VIS deve svolgere valutazioni per comprendere se e come cambierà a seguito di decisioni, l’impatto appunto, viene assunta nella sua definizione più ampia stabilita dall’OMS. Tra una “semplice” valutazione di tipo induttivo e una VIS di tipo deduttivo, le differenze sono molto rilevanti: la prima, dall’osservazione alla teoria generale, è rivolta a capire se un intervento è o non è efficace/funzionale, la seconda, viceversa, si muove dai principi generali a come la salute sarà impattata in futuro o in altre parole come ci si attende che un intervento cambi le cose.
Risulta evidente che passando dall’approccio induttivo a quello deduttivo ci si riferisce al presente o al futuro.
Il libro passa poi ad occuparsi dei benefici della VIS, che non solo può portare a migliori decisioni finali ma anche a un migliore processo decisionale, attraverso la partecipazione dei decisori e dei portatori di interessi o stakeholders.
La VIS dunque si colloca tra la Valutazione di Impatto Ambientale o VIA, per similitudine di metodi e storia, e la valutazione delle politiche o policy appraisal, per motivi culturali e di prospettiva.
Diversamente dalla VIA, la VIS, non occupandosi solo di progetti ma anche di programmi e di piani, si deve misurare con cittadini e titolari delle decisioni, da essi eletti, e quindi ha necessità di procedere con un percorso partecipativo. Questo non solo per ottenere il raggiungimento dell’obiettivo finale (il prodotto) ma anche perché una volta arrivata a conclusioni, queste potranno essere efficacemente usate per ausilio alle decisioni in accordo con chi, i cittadini delle comunità interessate, hanno partecipato al percorso (processo). Una cosa semplice che necessita tuttavia di un vero e proprio cambio di paradigma nel pensare e nell’agire.
Particolarmente utile la discussione sui tre principali ruoli dei soggetti partecipanti, con molte similitudini rispetto alla VIA per quanto riguarda il proponente il progetto o il piano (pubblico o privato), il decisore che decide sulla proposta a valle della valutazione da parte del nucleo di valutazione dello studio di impatto (SIA).
Proprio sulla valutazione esiste una sostanziale differenza, perchè mentre nella VIA lo studio di impatto (SIA) è solitamente incaricata dal proponente ad una società privata o pubblico-privata, nella VIS questa attività si presenta più complessa.
Utili riflessioni e spunti vengono poi forniti in tema di possibili integrazioni della VIS nell’ambito della valutazione ambientale strategica (VAS) e sulle similitudini della VIS con la IPPC (Integrated Pollution Prevention & Control) che nella declinazione italiana dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) ha perso la componente di prevenzione, un elemento che è stato ed è oggetto di discussioni in più sedi e di proposte legislative.
Insomma, un libro utile per tutti coloro che intendono documentarsi sulle potenzialità di un nuovo oggetto “strano” come la VIS, qualcosa di più di un insieme di metodi e strumenti, che, facendo crescere la cittadinanza scientifica potrebbe permettere di incrementare in quantità e qualità le decisioni pubbliche basate sulle evidenze, e prevenire interventi o politiche con impatti negativi sulla salute pubblica. Un approccio teso ad evitare ciò che tante volte è tristemente accaduto e che è stato purtroppo svelato solo a posteriori, spesso anche dopo molti anni e molti casi di malattia, come il caso più emblematico dell’amianto sta a testimoniare.
Il dibattito su valutazione di impatto e di danno va assumendo anche in Italia significati e valenze non solo di portata epistemologica, ma con anche stringenti conseguenze a livello territoriale.
Valutare l’impatto o il danno richiede, infatti, metodi e procedure con conseguenze che possono essere molto diverse in termini di decisioni e di partecipazione dei soggetti in gioco.
Valutare il danno è una azione che si pone l’obiettivo di capire cosa è ascrivibile a mutamenti già intervenuti o in atto, un'attività di confronto del tipo "prima-dopo" che necessita, pertanto, di dati ambientali e sanitari sia prima che dopo, appunto, l’insediamento di un nuovo impianto o di una modifica di uno esistente. In questo contesto assumono rilievo le attività di monitoraggio ambientale e epidemiologico, in grado di produrre in queste fasi un set di dati adeguati alle valutazioni dei cambiamenti, semplificativi del danno.
Valutare l’impatto nell’ambito di una VIS consiste invece, in buona sostanza, nel valutare il rischio attribuibile a un intervento prima che esso sia realizzato. In questo senso si dice che la VIS è una attività prospettica, e Kemm nel suo libro sostiene che dire prospettica è una tautologia, dal momento che la VIS o è prospettica o non è.
Come facilmente comprensibile, questa differenza di approccio e di prospettiva è notevole sia sul piano teorico che pratico, e molte comunità locali, insieme ad amministratori lungimiranti, hanno iniziato a distinguerle chiaramente. La richiesta di una valutazione post-hoc del danno o ex-ante dell’impatto, è oggetto ormai di molte discussioni a livello locale laddove ci sono situazioni critiche o potenzialmente tali, da Taranto a La Spezia, dalla Val d’Agri a Savona, solo per fare degli esempi molto attuali.
Ai ricercatori il compito di attrezzarsi per fare bene le attività richieste, ma anche per comunicare in modo chiaro ed efficace i pro e i contro delle scelte e cosa da esse ci si può ragionevolmente attendere.