Tra
le particelle elementari, gli elementi costituenti della materia, il neutrino è
la più sfuggevole e meno nota. L’esistenza del neutrino fu ipotizzata nel 1930
da Pauli. A quei tempi, lo studio degli elettroni nei decadimenti beta mostrava
una caratteristica dello spettro in energia spiegabile solo se l’elettrone
fosse accompagnato in questo processo da altre due particelle e non dalla sola
particella visibile (il protone): dunque doveva esserci una particella
“invisibile” che Pauli chiamò neutrino perché doveva necessariamente essere
neutro (come il neutrone) altrimenti si sarebbe visto ma assai più leggero di
esso, da cui il suffisso 'ino'.
Da questa intuizione geniale, passarono 26 anni
prima che il neutrino potesse essere catturato, e quindi osservato, per la
prima volta. Un assunto teorico, seppur necessario per spiegare un’osservazione
sperimentale, trovava riscontro nell’evidenza sperimentale solo nel 1956 in un
esperimento condotto da Reines e Cowan negli Stati Uniti. Si trattava
dell’osservazione di neutrini elettronici o, per l’esattezza, di anti-neutrini
elettronici. All’epoca non si sapeva che i neutrini fossero di diverse specie:
elettronico, muonico e tau. Una pietra miliare nella conoscenza del neutrino fu
posta nel 1962 dall’esperimento realizzato da Lederman,
Schwartz e Steinberger, che portò all’osservazione del neutrino muonico e
dunque all’evidenza sperimentale che esistessero almeno due specie di neutrini.
Un secondo tipo di neutrino oltre a quello elettronico veniva chiaramente
rivelato e per questo motivo i tre fisici ottennero il premio Nobel nel 1988. Solo
nel 2000 fu per la prima volta osservato il terzo neutrino, denominato tau, in
un esperimento condotto al Fermilab. Negli ultimi quarant’anni il neutrino è
stato molto studiato e si è capito che i neutrini vengono copiosamente prodotti
dal Sole e dalle altre stelle, ma anche dai raggi cosmici quando essi urtano
contro l’atmosfera terrestre. Per dare un’idea, circa 60 miliardi di neutrini
prodotti dal Sole ogni secondo attraversano un centimetro quadro del nostro
corpo (più piccolo del nostro pollice): una copiosissima sorgente naturale di
neutrini. Viene spontanea una domanda: ma perché se sono così copiosamente
prodotti e tanti ne arrivano sulla terra da diverse fonti naturali, i neutrini
sono stati tra le ultime particelle elementari a essere scoperte? La risposta a
questa domanda sta nella difficoltà a catturare e quindi a studiare queste particelle.
Le particelle si catturano e si studiano facendole interagire con la materia. I
neutrini interagiscono con la materia solo attraverso la forza nucleare debole,
dove con “debole” si intende che la probabilità di interazione è estremamente
bassa, e questo le rende difficilmente osservabili. Da qui la difficoltà nello
studiare le loro proprietà che li rende ancora le particelle meno note tra
quelle conosciute.
Dallo studio dei neutrini negli ultimi quarant’anni, si è evidenziato un fenomeno oggi noto come oscillazioni di neutrino: i neutrini provenienti sia dal Sole (di tipo elettronico) che dall’interazione dei raggi cosmici sull’atmosfera (di tipo muonico) sono meno di quelli attesi. Queste osservazioni condussero a ipotizzare il fenomeno delle oscillazioni di neutrino previsto già nel 1957 da Bruno Pontecorvo, ovvero la proprietà secondo cui neutrini prodotti in una specie si trasformano in neutrini di altra specie, unica spiegazione possibile del ridotto flusso misurato dal momento che sono state prodotte verifiche sperimentali molto accurate sul flusso di neutrini attesi sulla terra. Nell’ambito degli studi dei neutrini atmosferici, cioè di quelli prodotti dai raggi cosmici nell’attraversare l’atmosfera, nel 1998 fu chiaro che i neutrini muonici oscillavano (ovvero si trasformavano durante il viaggio) prevalentemente in neutrini che non erano elettronici e dunque si ipotizzò che l’oscillazione prevalente fosse con i neutrini tau. L’esistenza del fenomeno delle oscillazioni è assai rilevante perché esso costituisce l’evidenza indiretta del fatto che i neutrini hanno massa. I neutrini posso oscillare solo se hanno massa. Per tanto tempo si è pensato che neutrini fossero privi di massa. Oggi, grazie agli studi sulle oscillazioni, sappiamo che la massa non è nulla, anche se molto piccola, circa un milione di volte più piccola di quella dell’elettrone, la particella più leggera nota a parte i neutrini.
La
ricerca di oscillazioni di neutrini muonici in tau è la motivazione del
progetto internazionale OPERA che coinvolge 140 fisici da 28 Istituti di
ricerca di undici Nazioni dell’Europa e dell’Asia. Esso è stato progettato con
il compito di verificare che i neutrini muonici oscillano in neutrini tau: ciò
deve essere provato osservando anche solo pochissimi neutrini tau prodotti in
un fascio che però non ne contiene alcuno. È stato così realizzato un fascio di
neutrini muonici presso il CERN a Ginevra e si è costruito un apparato
sperimentale (OPERA) nei laboratori sotterranei del Gran Sasso in Abruzzo. La
distanza di 730 km che separa il CERN dal Gran Sasso serve a far “oscillare” i
neutrini ovvero a trasformarli da neutrini muonici a tau. OPERA è un apparato
enorme, di circa 4000 tonnellate di massa e 2000 metri cubi di volume, con 9
milioni di pellicole fotografiche ultrasensibili, in grado di rivelare il
passaggio di una particella elementare e di misurarne la sua traiettoria con la
precisione di un micrometro. L’apparato deve essere così massiccio per
aumentare la probabilità che i neutrini vengano catturati al suo interno. Ci
sono voluti oltre quattro anni, dal 2003 al 2007, per la costruzione di questo
gigantesco apparato.
La caratteristica che consente di distinguere un neutrino
muonico da uno tau è che questi due neutrini quando si scontrano con la materia
producono due particelle diverse, il muone e il tau rispettivamente. Queste due
particelle hanno tempi di vita molto diversi: il muone vive tanto da
attraversare tutto il rivelatore mentre il tau vive così poco (10-13
s, un decimillesimo di miliardesimo di secondo) che, pur viaggiando a velocità
prossime a quelle della luce, percorre solo pochi decimi di millimetro. Per
questo motivo si utilizzano pellicole fotografiche ultrasensibili che,
raggiungendo la precisione del micron, riescono a ricostruire la traiettoria
del tau. Subito dopo il completamento della costruzione dell’apparato, il
fascio di neutrini realizzato al CERN ha inviato neutrini muonici al Gran Sasso
per cinque anni, dal 2008 al 2012. Abbiamo raccolto circa diecimila neutrini
muonici e tra queste stiamo cercando quei pochissimi che possono essere tau. È
la classica ricerca dell’ago nel pagliaio. Nel 2010 abbiamo trovato il primo neutrino
tau e ci sono poi voluti altri due anni di ricerche affinché nel 2012 osservassimo
il secondo. Solo qualche giorno fa abbiamo trovato il terzo. Esso presenta
caratteristiche molto peculiari che lo rende inequivocabilmente identificabile come
neutrino tau. L’osservazione del terzo neutrino tau costituisce un’importante
conferma delle prime due osservazioni. Da un punto di vista statistico, essa ci
fornisce l’evidenza del fenomeno delle oscillazioni, dandoci confidenza con
alta probabilità (ben oltre il 99%) che le nostre osservazioni siano dovute alla
trasformazione di neutrini muonici in neutrini tau. La ricerca continuerà ancora
per altri due anni per analizzare tutte le interazioni di neutrino raccolte
alla ricerca di qualche altro neutrino tau. Siamo dunque a un passo dalla
dimostrazione scientifica del fatto che i neutrini tau sono prodotti
dall’oscillazione dei neutrini muonici.
In prospettiva, le tecniche di rivelazione con pellicole fotografiche ultrasensibili sviluppate nel progetto OPERA per la ricerca dei neutrini tau saranno utilizzate anche per studi sulla materia oscura aprendo nuovi orizzonti in questo campo.