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La carta d’identità del nuovo virus dell’aviaria

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Viene tutto dagli uccelli il patrimonio genetico del nuovo virus influenzale H7N9 che a tutt’oggi, 16 aprile 2013, ha provocato 60 casi della malattia e fatto 13 vittime, almeno secondo i dati ufficiali forniti dalle autorità cinesi e che, partito dalle regioni orientali intorno a Shangai, ha già raggiunto Pechino. L’approfondita analisi genetica dei primi tre casi, tutti dall’esito infausto, descritti sul New England Journal of Medicine lo conferma: tutti i geni di questi virus, mai segnalati prima, sono di origine aviaria.

Casi di influenza A di tipo H7 hanno già infettato esseri umani in passato, ma in letteratura è stato segnalato un solo caso letale, in Olanda, alcuni anni fa. Un altro, verificatosi per puro caso in Sud Africa  in contemporanea all’epidemia cinese, è stato provocato da un ceppo H7N1. Per il resto, anche i ceppi patogeni per l’uomo hanno sempre provocato solo congiuntivite e sintomi respiratori senza gravi conseguenze. Tutt’altra cosa rispetto al tasso di letalità del virus H5N1, che finora era considerato “il” virus dell’aviaria per antonomasia, responsabile secondo l’OMS a partire dal 2003 di un totale di 332 vittime su 566 persone in cui l’infezione è stata confermata in laboratorio. Gli occhi degli esperti erano quindi puntati sui serbatoi in cui ancora questo virus circola, e sui casi sporadici in cui si trasmette all’uomo (l’ultimo decesso in ordine di tempo proprio in questi giorni in Vietnam) quando a sorpresa, come sempre, è emerso il nuovo ceppo cinese.

Il cocktail tra peppole, oche e uccelli selvatici

L’analisi genetica effettuata dagli esperti del Centro nazionale cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha dimostrato tra i tre campioni una concordanza che andava dal 99,7 per cento al 100 per cento in tutte e otto i geni tipici dei virus influenzali, sei dei quali in questi casi erano riconducibili al virus H9N2. In tutti e tre inoltre è stata osservata una comune delezione di cinque aminoacidi nel gene che codifica per la neuraminidasi, l’enzima da cui dipende la diffusione del virus da una cellula all’altra dell’apparato respiratorio.

Secondo gli esperti cinesi che hanno condotto l’analisi filogenetica il nuovo virus deriverebbe dal riassortimento di materiale genetico tra un virus che colpisce le oche alla foce del fiume Yangtze, uno tipico delle peppole, uccelli simili ai fringuelli, che si trovano ovunque e un virus portato in volo da uccelli selvatici provenienti dalla Corea. Da questo cocktail è emerso H7N9, che è stato in grado di trasmettersi all’uomo. «Quello che ancora non sappiamo è se il passaggio avvenga tramite un ospite intermedio, cioè un altro animale in cui il virus si replica prima di trasmettersi agli esseri umani» dice Yuelong Shu, che ha coordinato il lavoro di decine di colleghi in diversi laboratori tutti in Cina. Le autorità hanno ripetutamente smentito i sospetti che in un primo momento avevano puntato i riflettori su migliaia e migliaia di maiali morti, galleggianti nelle acque che riforniscono la rete idrica di Shangai, la città si sono verificati i primi casi. Dall’esame di una trentina di queste carcasse non sarebbe stata trovata infatti nessuna traccia del nuovo virus.

Anche la sua capacità di trasmettersi tra esseri umani finora sembra dubbia: per tutti i casi confermati sono state individuate e tenute sotto controllo le centinaia di persone che con loro avevano avuto contatti stretti prima dell’esordio e durante le prime fasi della malattia. Finora nessuno di questi potenziali contagiati, a quanto si sa, ha sviluppato sintomi.

Eppure l’epidemia dilaga al di là della sua zona di origine, il numero di casi segnalati quotidianamente aumenta di giorno in giorno. E finché non si capiranno bene le modalità del contagio, difficilmente lo si potrà frenare. Dati preliminari suggeriscono che il virus dovrebbe rispondere agli antivirali oseltamivir e zanamivir, ma dall’analisi genetica emerge il sospetto che la resistenza già dimostrata contro i primi antinfluenzali (amantadina e ramantidina) possa facilmente estendersi anche a questi farmaci, i cosiddetti inibitori delle neuraminidasi.

Viene utile la biologia sintetica

E’ bene quindi stare all’erta. Per questo, non appena gli esperti cinesi il 29 marzo hanno messo in rete, sulla piattaforma GISAID, a disposizione degli scienziati di tutto il mondo, la sequenza genetica di H7N9, è partita la corsa contro il tempo per il vaccino. Non dimentichiamo infatti che nel 2009 fu proprio un ritardo di poche settimane a rendere poco utile quello contro la pandemia H1N1, distribuito quando il picco del contagio era ormai in fase calante.

Per guadagnare tempo prezioso, quindi, il governo statunitense ha deciso di sfruttare la nuova tecnologia di biologia sintetica messa a punto da Novartis insieme con il Craig Venter Institute. Prima che i campioni del virus arrivassero dalla Cina ai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, i ricercatori avevano infatti già potuto sintetizzare in laboratorio il suo RNA, seguendo per così dire la ricetta costituita dalla sequenza depositata sul sito, e avevano potuto cominciare a coltivare il virus, primo passo per lo sviluppo del vaccino.

Si vedrà ora sul campo anche l’utilità delle discusse ricerche che nei mesi scorsi hanno portato a produrre in laboratorio varianti del virus dell’aviaria H5N1 capaci di trasmettersi tra gli esseri umani, e quindi potenzialmente in grado di provocare una pandemia apocalittica.

Ron Fouchier, il ricercatore dell’olandese dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam finito nell’occhio del ciclone qualche mese fa per aver condotto e divulgato uno di questi esperimenti, ora dice la sua: «Con i nostri studi abbiamo individuato alcuni requisiti che permettono al virus di trasmettersi da persona a persona» ha dichiarato in un’intervista telefonica al Washington Post. «Trovare due di queste cinque caratteristiche nel nuovo virus, a poche settimane dal suo esordio, ci consiglia di non sottovalutarlo». Anche perché, secondo altri esperti cinesi che lo stanno studiando, il nuovo virus starebbe mutando a una velocità di otto volte superiore a quella dei normali virus influenzali.

Meglio non sottovalutare

Secondo Timothy Uyeki e Nancy Cox, del National Center for Immunization and Respiratory Diseases dei CDC di Atlanta, il nuovo virus presenta poi altre insidie: il fatto che gli uccelli che lo ospitano non diano segni di malattia, per esempio, ne favorisce la diffusione. Altre caratteristiche genetiche suggeriscono che possa fare con maggiore facilità di altri virus aviari il “grande salto” verso i mammiferi, e quindi anche gli esseri umani.

«Un passo fondamentale è lo sviluppo di kit diagnostici in grado di individuare questi nuovi ceppi virali» hanno aggiunto nel loro commento a margine dell’articolo sul New England Journal of Medicine. In Cina li hanno già messi a punto e li stanno cominciando a utilizzare; lo stesso andrà fatto nelle altre parti del mondo per essere pronti nel caso in cui il virus riesca a passare i confini. Solo così infatti si potrà seguire il viaggio del virus e cercare di fermarlo, ma anche ricavare un altro dato importantissimo. Solo stabilendo quanti individui sono stati effettivamente colpiti, infatti, si può calcolare il tasso di letalità dell’infezione, capire cioè se i casi che si sono rivelati fatali sono una piccola, per quanto tragica, eccezione, in una malattia che colpisce senza conseguenze migliaia di persone, o viceversa sono indice di una condizione ben più minacciosa che richiede straordinarie misure di contenimento. A tutt’oggi le autorità non ritengono che queste siano motivate, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità per ora non sconsiglia i viaggi né gli scambi commerciali con la Cina. La scelta potrebbe dipendere anche dalle accuse di aver procurato un eccessivo allarme nel 2009, in occasione della pandemia da H1N1. Speriamo che non ci si debba pentire in futuro di questa prudenza, proprio questa volta che, al contrario di ciò che accadde in occasione della SARS, nel 2003, alle autorità cinesi è stata riconosciuta dagli esperti dei CDC statunitensi prontezza e, per quel che si può dire al momento, anche trasparenza. 


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