Open
access. Libertà di accesso
all’informazione scientifica. A chiederle e a proporre un “piano d’azione” per
ottenerle sono stati i dirigenti di 70 organizzazioni di ricerca di tutto il
mondo, oltre che di scienziati autorevoli, di manager della ricerca e di
politici della ricerca nel corso dell’Annual Global Meeting del Global Research
Council che si è tenuto a Berlino dal 27 al 30 maggio scorso. L’incontro è stato organizzato in maniera congiunta dalla
Deutesche Forschungsgemeinschaft (DFG), la Fondazione
tedesca per la ricerca, e dal Conselho Nacional de
Desenvolvimento Científico e Tecnológico (CNPq), il Consiglio nazionale dello
sviluppo scientifico e tecnologico del Brasile.
In occasione di questo incontro il Global Research Council
ha approvato due documenti: lo Statement
of Principles for Scientific Merit Review, una dichiarazione di principi per l’integrità della
ricerca; e l’Action Plan towards Open Access to Publications, un
piano d’azione per rendere la libertà di accesso all’informazione scientifica
non una petizione di principio, ma una pratica concreta.
La novità di rilievo sono almeno tre.
La prima è che a chiedere l’open access – ovvero che tutto possano liberamente accedere
all’informazione scientifica – non siano solo singoli ricercatori o anche
singoli centri, ma siano in maniera congiunta 70 grandi istituzioni
scientifiche, molte delle quali coordinano e finanziano la ricerca pubblica e
che, quindi, possono operare in concreto per realizzare la loro richiesta di
principio.
La seconda
novità del convegno di Berlino è che siano stati approvati due documenti: uno
sull’open access e l’altro sulla integrità della ricerca (in particolare sulla
valorizzazione del merito). Il che lega in maniera molto forte l’open access
all’etica della ricerca. Ovvero ai valori su cui si fonda il lavoro degli
scienziati. Consentire l’accesso ai risultati della ricerca diventa un dovere
per gli scienziati, almeno per quelli finanzianti con fondi pubblici.
La terza
novità è la proposta di un piano che si fonda su tre diverse linee di azione:
sensibilizzare, promuovere, valutare.
La prima linea
di azione è una sorta di metacomunicazione: comunicare il valore della
comunicazione libera. Un valore che è storico: la scienza moderna, sosteneva
Paolo Rossi, nasce nel XVII secolo abbattendo il paradigma della segretezza e
assumendo come valore il “comunicare tutto a tutti”. Che è etico: è giusto sia
che tutti possano beneficiare delle conoscenze scientifiche sia che i
ricercatori finanziati con fondi pubblici restituiscano al pubblico i risultati
del proprio lavoro. Che è, infine, pratico: la libera circolazione
dell’informazione rende più probabile la produzione di nuova conoscenza.
La seconda
linea d’azione è quella di promuovere l’open access. E dunque le grandi
istituzioni che hanno sottoscritto la dichiarazione di Berlino si impegnano a
incoraggiare in maniera attiva i ricercatori che attingono ai loro fondi a
pubblicare su riviste open access. Una tecnica è quella di finanziare gli
autori. Su una rivista classica è l’utente che acquista a finanziare la
pubblicazione. Su una rivista open access, accessibile a tutti, i costi della
pubblicazione ricadono sull’autore. Ma non tutti gli autori hanno possibilità e
voglia. Le istituzioni che finanziano le loro ricerche possono coprire anche le
spese di pubblicazione. Ma ciò non basta. La Wellcome trust di Londra persegue
già questa politica. Ma solo il 55% dei ricercatori che finanzia pubblicano open
access. Occorre, probabilmente, introdurre un vincolo: la agenzie pubbliche e
le charities finanzino solo ricercatori che accettano il vincolo dell’open
access.
La terza linea
d’azione è studiare i meccanismi più adatti per favorire l’espansione rapida dell’open
access, che molti giudicano la forma di comunicazione del futuro. Effetto e,
insieme, causa della creazione di un’unica grande comunità scientifica globale.
In realtà la vittoria dell’open access non è affatto scontata. Ci sono resistenze a ogni livello. Non solo economiche. Ma anche culturali. Ecco perché la prima linea d’azione – comunicare l’open access – proposta a Berlino è essenziale. Una linea d’azione che impone di parlarne. Di riflettere. Di approfondire. Queste occasioni ci vengono offerte dall’Open Science to Society, il gruppo diretto da Giovanni Destrobisol dell’Università La Sapienza di Roma, che organizza dal 2 al 4 settembre ad Anagni un convegno, Scientific data sharing: an interdisciplinary workshop su quell’aspetto particolare dell’open access che è l’open data, ovvero la libera e totale condivisione dei dati scientifici.