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Stamina: a proposito di omissioni, bias e…Ricordi

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Nell'ultimo articolo di Giuseppe Remuzzi pubblicato su Scienzainrete, "Ma cosa c'entra Cure Alliance con Vannoni?", ai commenti di Camillo Ricordi e Francesca Pasinelli si aggiunge quello di una lettrice che esprime i suoi dubbi sulla credibilità di quest'ultima e dello stesso Remuzzi.
Dal tono roboante con cui Emanuela si è qualificata, cioè come “ricercatrice in sociologia dei processi culturali”, abbiamo cominciato a leggere il suo post aspettandoci un’analisi sociologica del fenomeno Stamina, e della discussione mediatica in corso tra persone che ad oggi non hanno fornito prova alcuna di quanto sostengono (Vannoni & Co), e chi quotidianamente dà conto di avere prodotto in sicurezza e prove alla mano, senza danneggiare contribuenti e pazienti, qualcosa per guadagnarsi il pane (gli scienziati). Invece, la nostra tira in ballo i “bias” (che fanno sempre chic) per contestare a Francesca Pasinelli e a Giuseppe Remuzzi di aver detto cose false allo scopo di mettere in cattiva luce gli amici suoi (Fondazione Stamina). A proposito di bias…

Ora, non ci sarebbe bisogno di scomodare la “sociologia dei processi culturali” per accertare se due persone sono in malafede. Basta essere intellettualmente onesti e usare in modo obiettivo le fonti e la logica. Ma la lettrice Emanuela questo principio di etica della ricerca e della discussione accademica, sembra non averlo ben presente. E quindi, presentandosi come “sociologa”, ma senza identificarsi, non guarda ai fatti, dando forse voce a quella zona grigia della sociologia, per la quale essi non esistono mai. Tutto è interpretazione. Allora entriamo nel merito delle affermazioni interpretative sottoscritte dalla “collega sociologa”. E vediamo quanto sono attendibili.

1. In relazione al fatto che Francesca Pasinelli di Telethon abbia "omesso" informazioni, non è chiaro di cosa la nostra stia parlando. Perché Pasinelli ha semplicemente spiegato come si fanno, e a quali vincoli e controlli la comunità scientifica e gli enti regolatori sottopongono i “metodi” per curare malattie rare. In uno studio limitato per ovvi motivi (primo studio, pareri etici e obbligo di procedere solo con numeri piccoli di pazienti, disponibilità di risorse, etc.), l’autorizzazione impone a priori di procedere per un numero definito di bambini, escludendo su basi mediche e scientifiche altri bambini e ammettendo, quindi, quei pazienti che hanno partecipato. Come succede spesso per altre malattie, il fatto di essere già sintomatici o sintomatici avanzati esclude dalle sperimentazioni di molecole che vogliono rallentare l'insorgenza, perché, in stadio avanzato, quel trattamento non viene considerato come medicalmente fondato su presupposti di efficacia. Se vogliamo discutere le basi epistemologiche di queste procedure, facciamolo. Ma prima cerchiamo di aver capito come si fanno le sperimentazioni cliniche. Così almeno si evita anche di accusare di reticenza, chi reticente non è stato.

2. Il fatto che la bambina Sofia sia ancora in vita dopo 3 infusioni con il "metodo Stamina" che, in base a quanto si sa somministra il "nulla" (ricordiamo che un metodo, per esistere, deve essere descrivibile e riproducibile), dimostra solo che facendo ciò che tutte le famiglie disperate e certamente non inattive fanno – anche quelle che non si rivolgono a Stamina –intorno a bambini gravissimi, le situazioni possono non peggiorare. Questo è quel che accade a molti bambini: Emanuela potrebbe ricercare e discutere le numerose testimonianze dei genitori che rifiutano di esporre i propri figli malati all'incognita Stamina. Anche questi genitori, e i medici che li aiutano rivendicano le loro scelte di non farsi ingannare e pagano il salato prezzo di fatiche e accorgimenti quotidiani per guadagnare qualche piccolo miglioramento.

3. Gli scandali riguardanti Telethon, di cui insinua la sociologa, andrebbero da lei documentati affinché possano essere accertati pubblicamente come fatti. Esprimere questo genere di insinuazione sembra molto “vannoniano”, come stile di comunicazione, e rende poco credibile e un po’ troppo opaca la nostra Emanuela.

4. Il fatto che Nature abbia pubblicato un editoriale e non un “articolo”, ci sembra dare un significato anche più grave alla faccenda Stamina. Chiamarlo articolo è solo un modo per riferirsi genericamente al fatto che un testo viene pubblicato su un periodico. Tutto qua. Vogliamo parlare del contenuto specifico dell’editoriale?

5. In merito alle informazioni false pubblicate da Nature relativamente a cellule prodotte con il "metodo" Stamina e usate in un altro ospedale, se si tratta di informazioni false Vannoni può benissimo querelare Nature e tutti i giornali italiani che da mesi le riportano.

6. E’ davvero sbalorditivo che la nostra “sociologa dei processi culturali” citi come falsa la notizia di cui al punto 5, e passi sopra alla dimostrazione, riportata da Nature, della falsità delle prove dell'esistenza del "metodo" con cui Stamina da mesi chiede l'attenzione dell'Italia e dei pazienti. Remuzzi cita correttamente la divulgazione da parte di Nature della effettiva inesistenza del "metodo" Stamina, comprovata dalla circostanza dello “scippo” e delle ben descrivibili falsificazioni dei dati. Ma, invece di interrogarsi e riflettere su questo suo lieve bias, Emanuela preferisce mestare nel torbido e sostenere (come inspiegabilmente fa anche il diabetologo Camillo Ricordi, a nome di Cure Alliance) che i derubati erano stati i precedenti collaboratori di Stamina. Come a dire che è lecito derubare gli ex collaboratori. Inoltre la sociologa sostiene che, in fondo, il lavoro trafugato era citato nella bibliografia da Vannoni. Evidentemente non è abituata a fare bibliografie, e non capisce la differenza tra "citare” le fonti e, come evidenzia Nature, "rubare” dalle fonti.

7. Relativamente alla domanda di brevetto - rilevante non per il suo valore che è pari a zero, come documentato dall’ufficio brevetti che l’ha esaminato, ma in quanto unico testo di riferimento per la descrizione peraltro scientificamente illetterata del cosiddetto "metodo" – e alla bibliografia in esso riportata, è vero che lì si cita il paper ucraino del 2003, da cui Vannoni ha copiato i risultati. E nessuno ha mai detto il contrario. Ma l’aspetto rilevante è che il paper ucraino del 2003 lo si cita NON per dire "ho copiato le prove del mio metodo da li'" ma solo per sostenere che quello è il passato, lo stato dell'arte. E che il "metodo Stamina" è migliore di quel passato – altrimenti non si capisce cosa di nuovo rivendicherebbe quella richiesta di brevetto sottomessa con pretesa di innovatività e pubblicizzata da Vannoni e Andolina in Italia esattamente con tale definizione (vedasi dichiarazioni 29 marzo 2013, Corriere della Sera). E' infatti in base a presunte migliorie rispetto, per esempio, a quel citato manoscritto ucraino del 2003, peraltro sconosciuto alla comunità scientifica mondiale tale è il peso degli artefatti sperimentali che descrive, che Stamina afferma di avere un metodo nuovo. Ma l'esistenza del metodo nuovo lo si vorrebbe dimostrare copiando le figure e i dati da metodi vecchi, ad esempio appunto quello ucraino del 2003. Non solo. Nature evidenzia che Vannoni copia dal manoscritto ucraino del 2003 una figura che dice “A”. Ma nel copiare, alla stessa figura lui fa dire “B”. Ecco in che consiste il metodo "migliore": non tre giorni e acido retinoico alla concentrazione X, come gli ucraini nel 2003, ma due ore e acido retinoico alla concentrazione Y (Vannoni, 2010). Ma la figura è sempre la stessa (cosi’ come il suo valore scientifico pressoché nullo). Questo significa non solo plagio, come riporta Nature, ma anche falsificazione. E in tutto questo la “sociologa Emanuela" omette anche di dire che questo comportamento di Stamina è recidivo. La sociologa non sembra infatti avere capito che Nature scopre che anche la seconda figura rilevante del metodo Stamina - figure che vorrebbero provare l'effettiva conversione in neuroblasti e poi in neuroni di cellule deputate a fare osso  - è copiata. Questa volta da un altro manoscritto del 2006, non facilmente reperibile perché non presente su Pubmed, scritto in russo e disponibile solo in russo. Omettendo il riferimento a questa seconda copiatura, la nostra tralascia anche di dire che questo secondo manoscritto del 2006 non è affatto citato nella bibliografia del testo che è di riferimento per il metodo Stamina e che quindi anche la presunta “giustificazione” relativa alla citazione del lavoro da cui si e’ copiato, decade. Stamina copia anche da un manoscritto non citato nel suo “metodo”. Citare tutto ciò smaschererebbe anche il “bias” della “sociologa Emanuela" perché, in ultima analisi, farebbe sorgere una domanda: forse che il metodo Stamina consista nel “rubare” e “falsificare” foto da sconosciuti e improbabili manoscritti altrui? Ma non è finita.

8. La "collega sociologa” sostiene che Pasinelli e Remuzzi non sono obiettivi anche perché non dicono che la ricercatrice ucraina Elena Shchegelskaya era una collaboratrice di Vannoni, e cita a conferma di ciò le dichiarazioni di Vannoni. Una delle fonti possibili. Vediamo cosa dicono altri fatti e fonti: (i) i fatti provano che il primo manoscritto ucraino da cui sono state sottratte e falsate le informazioni che virtualmente costituirebbero il "metodo" Stamina, è del 2003. I fatti pubblicamente disponibili dicono che Stamina nasce nel 2009. Quindi Vannoni sembra avere prelevato dati da lavori altrui, completati anni prima del contatto fra Stamina e questi collaboratori ucraini; (ii) i fatti dimostrano che lo stesso vale per il secondo manoscritto da cui è stata copiata la seconda figura. Anche questo manoscritto sembra precedere la "collaborazione" tra Stamina e gli autori ucraini, essendo pubblicato nel 2006; (iii) del resto, se di collaborazione si trattava davvero, e se davvero gli ucraini per qualche motivo, in qualche forma erano davvero “dipendenti di Stamina”, come riportato in alcune dichiarazioni di Andolina, come mai nessuno dei referenti di Stamina compare tra gli autori, e nemmeno nei ringraziamenti e come mai Stamina non compare tra le affiliazioni degli autori dei due manoscritti ucraini? Ma ancora più decisivo è il fatto che (iv) la “sociologa" Emanuela ignora (forse qui sconta una certa superficialità nella ricerca e documentazione dei fatti) che è la stessa Shchegelskaya ad avere dichiarato quanto sopra, e cioè che i lavori da cui sono stati copiati i dati erano suoi e non di Stamina, e che erano stati completati e pubblicati ben prima del suo contatto con Vannoni. Dalla sua intervista a Linkiesta e dalla risposta email che la stessa Shchegelskaya ha postato, leggiamo anche che Vannoni ha prelevato dati dai manoscritti di Shchegelskaya senza avere alcuna autorizzazione (del resto, se anche ci fosse stata, quei dati non avrebbero mai potuto costituire un “metodo” nuovo). Questi sono i fatti documentati ad oggi e non smentiti e che la sociologia Emanuela, avrebbe dovuto conoscere prima di avventurarsi a scrivere il suo post. Del resto, anche un bambino capisce che un “metodo” che vanta di essere nuovo e che chiede attenzione perché nuovo (seppur invisibile), non può essere la copiatura (con falsificazione) di dati prodotti da altri autori sette e quattro anni prima della sua stessa “invenzione”.

9. Infine, a proposito della citazione di Remuzzi “l’Aifa non ha mai rilasciato un’autorizzazione formale”, contestata dalla nostra sociologa perché non corretta, la invitiamo a trascrivere e rendere disponibile su questo sito i testi delle lettere/a da lei citate/a, e con cui gli Spedali Civili di Brescia nell'agosto 2011 chiedevano a AIFA l'autorizzazione a procedere con tanto delle necessarie autocertificazioni che avrebbero dovuto dimostrare - sotto la propria responsabilità - di possedere i requisiti previsti per poter applicare la legge Turco del 2006. E quindi a postare anche la risposta di AIFA, di cui Emanuela è evidentemente a conoscenza. I testi sono in italiano e tutti potranno comprendere se c'è stata un'autorizzazione formale e conclusiva – esaminata la documentazione pertinente richiesta da AIFA e/o dovuta da Spedali Civili - oppure, come sostiene Remuzzi e altri, se questa ufficiale, definitiva e inequivocabile autorizzazione a procedere dopo avere preso atto della validita’ della documentazione pertinente, magari, non è mai arrivata. Magari potrebbe anche postare i nomi di coloro che hanno ricevuto e circolato questi documenti, così che tutti possiamo capire chi sono state le persone in gioco dentro e fuori AIFA e Spedali Civili. Sarebbe a quel punto pubblico che cosa - sotto la propria responsabilita' - Spedali Civili avrebbero autocertificato e se i requisiti per applicare la legge Turco cosi’ come il rispetto di altri dispositivi di legge c'erano davvero. Nel maggio 2012 AIFA, mandata dai NAS a Brescia, dice di no.

L'intervento su questo sito della “sociologa Emanuela" comunque ci può stare, se non si conosce come funziona la scienza e da quali norme è governata, cioè se non si dispone degli strumenti e della capacità di analizzare i fatti, seguendo e valutando conseguenze e logica.

Più inquietante diventa la cosa, se chi ha fatto ricerca e realizzato risultati anche importanti, come Camillo Ricordi, non riesce a usare la logica più elementare e a vedere i fatti. Prendiamo quindi atto, anche dalla forma e dal merito della sua risposta rassicurante a Francesca Pasinelli (ascolta solo me, Francesca, non la banda di morti di fame che non contano niente), del modo autoreferenziale di ragionare del diabetologo Ricordi, il quale ci pare non voglia comprendere le posizioni che non condivide e selezioni argomenti critici irrilevanti per sostenere meglio il suo punto di vista. Infatti:

a)    Camillo Ricordi può benissimo sostenere la sua opinione relativamente all’ipotesi che una riduzione delle regole della sperimentazione clinica in ambito di trattamenti con staminali - che metta da parte una valutazione dell’efficacia - favorirà lo sviluppo di cure. Tuttavia, essendo scienziato e medico, dovrebbe maggiormente documentare come la sua proposta potrebbe funzionare, cioè fornire argomenti più consistenti e plausibili, invece che limitarsi a snocciolare una pressoché vaga promessa di “più cure per tutti”. Per come stanno le cose, la deregolamentazione potrebbe infatti persino essere deleteria rispetto alla traslabilità di eventuali approcci, e quindi ridurre la disponibilità di terapie e magari aumentare le morti. 

b)    Sorprende che in un editoriale scritto per il proprio giornale, Ricordi riporti interi paragrafi che esprimono (solo) le posizioni di chi è per la deregolamentazione, e che in ultima istanza l’argomento ultimo risulti solo stucchevole propaganda  nel momento in cui si domanda se sia giusto che l'FDA interferisca con il diritto del paziente di curarsi con le sue stesse cellule, se il paziente stesso lo desidera (ci faccia capire: ciò in USA sarebbe pagato da chi e tutelato, nel rispetto del diritto del paziente alla sicurezza e alle informazioni, da chi altro se non da FDA? e in Italia?).

c)    E sbalordisce che alla fine del suddetto editoriale, Ricordi ospiti un’appendice in cui dà voce alle critiche e  soprattutto alle risposte di Stamina (certamente senza suggerirle, né modificarle o avallarle, ci fa sapere). Ma ciò che rimane strano è che la lista delle “critiche a Stamina” sembra – a noi - un pò artificiale, come se si volessero suggerire ex novo critiche, per sollecitare risposte che portano acqua ad un diverso mulino. Perche' la critica numero uno a Stamina "dove sono il metodo e le prove della sua esistenza?" nell’appendice non c'è. Come non c'è la risposta che l’Italia tutta attende da mesi. L’appendice ospita invece domande costruite sulle mesenchimali, che Ricordi pare voglia introdurre in Italia per fare, forse, ciò che l'FDA non gli permette in USA. E tra le risposte “di Stamina” spicca quella in cui si parla di mesenchimali staminali come “drugstore”, molto simile al titolo fantasioso di un articolo di autori americani  relativamente al quale Paolo Bianco e altri colleghi hanno espresso forti dubbi scientifici (Bianco et al, Nature Medicine 2012; Bianco et al. EMBO Journal 2013; vedasi anche l’intervento di Paolo Bianco a Milano, 2013

d)    E per finire con Ricordi, nemmeno lui sembra in grado di riconoscere la prova fornita da Nature che le foto che documenterebbero il “metodo Stamina” come nuovo, raffinato e rivoluzionario sono in realtà copiate e falsificate partendo da manoscritti altrui pubblicati anni prima in ignote riviste russe. Non crediamo che i brevetti o i metodi di Ricordi presentino come novità  risultati pubblicati da altri, anni prima. Non e’ quindi comprensibile e credibile la posizione di uno scienziato e medico che rinnega prove controllabili da tutti (le falsificazioni e le copiature), per sostenere ciò che non è provato, come la presunta conversione in neuroni di cellule che fanno osso, frutto di artefatti sperimentali, questi si ben documentati.

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