fbpx Buco nero schizzinoso | Scienza in rete

Buco nero schizzinoso

Read time: 4 mins

Ormai nessuno ha più dubbi sul fatto che nel centro della nostra Galassia, a circa 26 mila anni luce di distanza dal Sole, alberghi un buco nero di taglia smisurata. Gli astronomi lo chiamano Sgr A* (Sagittarius A-star) e la sua presenza è nota fin dalla metà degli anni Settanta, allorché Bruce Balick e Robert Brown individuarono un’intensa radiosorgente in direzione del centro galattico, nella costellazione del Sagittario. Gli studi delle orbite stellari governate dalla presenza di questo oggetto hanno permesso di valutarne la massa in almeno quattro milioni di masse solari. D’altro canto, l’impossibilità a individuare una struttura cui accreditare una massa così spropositata ha praticamente obbligato gli astronomi a chiamare in causa l’esistenza di un buco nero supermassiccio.
Nel corso degli ultimi vent’anni gli astrofisici hanno collezionato prove sempre più stringenti dell’esistenza di questo buco nero e delle sue caratteristiche, come pure del fatto che una simile presenza non appaia una prerogativa esclusiva della Via Lattea. Li ha, però, lasciati sempre molto perplessi il fatto che non si rilevasse una radiazione così intensa come ci si sarebbe aspettato. Infatti, se quel buco nero, come suggerito dai modelli, cattura e ingloba la materia che gli capita a tiro, dovrebbe apparire molto più brillante di quanto in realtà non si osservi. Questa debole emissione, tra l'altro, caratterizza la maggior parte dei buchi neri individuati nel centro delle galassie come la nostra. Insomma, sembra quasi che questi voraci mostri celesti seguano una dieta piuttosto rigida e, poiché in quei paraggi non manca certo materia da catturare, riuscire a spiegare un simile comportamento risulta piuttosto problematico.
Per indagare su ciò che accade in prossimità di Sgr A*, Daniel Wang (University of Massachusetts) e collaboratori hanno fatto ricorso alla potenza osservativa di Chandra, il satellite della NASA dedicato allo studio della radiazione X. I ricercatori hanno compiuto una delle più lunghe campagne osservative mai effettuate con Chandra e, per la prima volta, sono riusciti a individuare con precisione le differenti sorgenti X poste in prossimità di Sgr A*. Nello studio, pubblicato su Science, il team di Wang sottolinea la presenza di numerose stelle in prossimità del buco nero. Tra queste vi sarebbero numerosi astri di massa elevata i cui venti stellari, incredibilmente intensi, sarebbero in grado di creare violenti vortici nel gas interstellare innalzandone in modo significativo la temperatura. Il gas nei paraggi del buco nero sarebbe dunque caratterizzato da velocità e temperature elevate e ciò renderebbe estremamente problematica la sua cattura. Secondo i calcoli degli astronomi, il buco nero supermassiccio della Via Lattea riuscirebbe a ingoiare solamente l'1% del gas che gli capita a tiro, mentre il restante 99% verrebbe rispedito nello spazio. Secondo i modelli, se il gas fosse a una temperatura inferiore sarebbe una preda molto più abbordabile per il vorace buco nero, che potrebbe in tal modo crescere a un ritmo molto più elevato. Sgr A*, insomma, si comporta proprio come un bambino: se il boccone scotta non ci pensa due volte a risputarlo.

Parlando di ciò che succede nei paraggi di Sgr A*, è doveroso segnalare gli sviluppi di un'interessante scoperta compiuta nel 2011 dal Very Large Telescope dell'ESO. Nel corso del programma di monitoraggio delle orbite stellari intorno al centro della Galassia, Reinhard Genzel (Max-Planck Institute) e collaboratori scoprivano una nube di gas che si stava dirigendo a folle velocità verso il buco nero. Composta per la maggior parte da idrogeno ed elio e con una massa pari a circa tre volte quella della Terra, la nube era stata scoperta grazie all'intensa radiazione ultravioletta che la investiva, originata dalle stelle massicce che popolano il centro galattico. Lo studio dell'orbita indicava che lo strano oggetto avrebbe compiuto il suo giro di boa intorno al buco nero verso la metà del 2013. Trattandosi di una situazione davvero unica per studiare in tempo reale il comportamento di un potenziale “boccone” per Sgr A*, la nube è stata costantemente e con grande attenzione tenuta d'occhio dagli astronomi.
Un paio di mesi fa anche il VLT è tornato a curiosare da quelle parti. Grazie alle nuove osservazioni (qui lo studio di prossima pubblicazione su Astrophysical Journal), Stefan Gillessen (Max-Planck Institute) e collaboratori hanno potuto appurare che nei pressi di Sgr A* si sta consumando un autentico dramma cosmico. La nube è talmente stiracchiata dall'intenso campo gravitazionale del buco nero che, mentre la sua testa ha già superato il punto di minima distanza e si sta allontanando, la sua coda sta ancora percorrendo il tragitto di avvicinamento. “Il passaggio ravvicinato nei pressi di Sgr A* - spiega Gillessen - non si è consumato in un singolo evento, ma è piuttosto un processo che si estende su un periodo di almeno un anno.” Le accurate misurazioni che hanno permesso di determinare le differenti velocità delle diverse parti della nube sono state eseguite con lo strumento SINFONI del VLT. Anche in questo caso si è trattato di un autentico record osservativo: oltre 20 ore complessive di esposizione, la più profonda mai compiuta su questa regione con uno spettrografo a campo integrale.
La campagna osservativa su questa curiosa nube di gas è dunque tutt'altro che conclusa. Gli astronomi confidano che la notevole quantità di dati raccolti non solo potrà finalmente svelare l'origine del gas, ma permetterà soprattutto di valutare gli esagerati effetti gravitazionali e studiare ciò che avviene in regioni davvero molto vicine al buco nero.

Per approfondire:

Research paper di Wang et al.

Pennsylvania State University
Phil Plait (Bad Astronomer)


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):