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Aspirina meglio degli anticoagulanti?

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Basse dosi di aspirina riducono del 40% le recidive di trombosi venosa e di embolia polmonare, che colpiscono ogni anno in Italia 130.000 persone, con una elevata mortalità (30.000 all’anno) e un’altrettanto alta incidenza di invalidità attraverso la sindrome post-flebitica (ulcere, vene varicose). A dimostrare l’efficacia dell’aspirina uno studio sul New England Journal of Medicine condotto da Cecilia Becattini e Giancarlo Agnelli dell’Università di Perugia.

“Circa il 20% dei pazienti con una trombosi venosa 'ingiustificata', ovvero che insorge in assenza di un fattore di rischio - spiegano gli autori – ha una recidiva entro due anni dalla fine della terapia anticoagulante standard di 6-12 mesi con gli antagonisti della vitamina K (warfarina, acenocumarolo). Continuare questa terapia per più tempo previene le ricadute, ma aumenta il rischio di emorragie anche gravi". In pratica, finora i clinici erano di fronte a un dilemma: continuare la terapia anticoagulante metteva il paziente a rischio di sanguinamenti ed emorragie, ma interromperla aumentava il rischio di recidive della trombosi. Nello studio WARFASA (dal nome della warfarina, il più usato farmaco anticoagulante, e dell'aspirina), Becattini e Agnelli hanno condotto un’analisi in doppio cieco in 400 pazienti che avevano avuto una trombosi ingiustificata, e che avevano completato da 6 a 18 mesi di terapia standard con warfarina. Metà di essi sono stati quindi randomizzati a basse dosi di aspirina (100 mg al giorno), l'altra metà a placebo per un periodo di osservazione di 2 anni: 28 pazienti che assumevano aspirina hanno avuto una ricaduta di trombosi, contro i 43 che assumevano il placebo.

"Possiamo concludere - spiega lo studio - che l'aspirina, somministrata in seguito a un trattamento tradizionale con warfarina nei pazienti che hanno avuto una trombosi venosa ingiustificata, è efficace nel ridurre le ricadute, e non porta ad aumenti del rischio di gravi emorragie. Questa terapia è quindi una potenziale alternativa per evitare di estendere nel tempo la terapia anticoagulante con la warfarina”.

Perché questo studio tutto italiano e pubblicato su un grande giornale clinico è importante? La trombosi venosa è la terza malattia cardiovascolare per frequenza, dopo ictus e infarto. Lo studio di Becattini e Agnelli ha ottenuto un risultato storico: poter estendere gli effetti preventivi della terapia anticoagulante senza aumentare i rischi di sanguinamento. Gli antagonisti della vitamina K come la warfarina hanno un effetto più marcato dell’aspirina, perché riducono il rischio di recidiva trombotica dell’80% (contro solo il 40% dell’aspirina), ma hanno anche un assai maggiore rischio di emorragia. Come si sceglie fra i due farmaci? Dipende dal rischio di recidiva di trombosi: se questo è also si sceglie la warfarina, mentre quando il rischio è relativamente basso si sceglie l’aspirina.

L’aspirina è molto economica ed è molto sicura: la conosciamo da 100 anni, e non costringe il paziente ad alcun controllo di laboratorio.

Infine, una caratteristica importante dello studio WARFASA è di essere stato concepito e condotto in maniera del tutto indipendente dall’industria farmaceutica, che non ha certo mostrato particolare interesse a condurre una sperimentazione clinica che coinvolgeva farmaci a bassissimo costo come l’aspirina e la warfarina.


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