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Basta un solo capo, per l'istituto di ricerca sul cervello?

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Giuseppe Nisticò, professore ordinario di farmacologia e direttore del centro di Biotercnologie farmaceutiche dell'Università Tor Vergata di Roma, ha preso possesso nei giorni scorsi delle sue nuove funzioni di commissario dell’European Brain Research Institute (EBRI), il centro internazionale di ricerca interamente dedicato alle neuroscienze fondato a Roma e tuttora presieduto da Rita Levi Montalcini, 101 anni, Premio Nobel per la medicina e senatore a vita della Repubblica.

L’EBRI ha difficoltà finanziarie e vive sotto richiesta di sfratto dalla sua sede di Via Fosso Fiorano da parte del suo ospite, la Fondazione Santa Lucia, che è un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) il cui direttore generale, Luigi Amadio, è membro del Consiglio scientifico dello stesso EBRI.

Giuseppe Nisticò è stato nominato commissario con un decreto emesso dal Prefetto di Roma lo scorso 20 gennaio. Rita Levi Montalcini ha espresso il suo più vivo compiacimento per la nomina, in considerazione della sua alta stima per le capacità scientifiche e manageriali del professor Nisticò. La funzione del commissario – ha sostenuto Rita Levi Montalcini nel presentarlo ai ricercatori dell’istituto – non è certo quella di liquidare l’EBRI, che versa in condizioni di difficoltà finanziarie e logistiche, ma di traghettarlo: idealmente verso una fase di rilancio delle attività scientifiche, potenziando le risorse finanziarie e umane dell’istituto, e fisicamente nella nuova sede del campus biologico di Monterotondo.      Tutto era cominciato lo scorso mese di novembre, quando la stessa  Rita Levi Montalcini aveva avviato un processo di riorganizzazione in due stadi della Fondazione che controlla l’European Brain Research Institute, a causa delle difficoltà dell’istituto.

Il primo stadio consisteva nella presentazione di istanza di commissariamento della Fondazione, «ritenuto necessario – si legge in una nota della stessa Fondazione – per rispondere alle esigenze di razionalizzazione e di ottimizzazione delle risorse umane e scientifiche dell'Ebri, attuabili essenzialmente attraverso sostanziali modifiche statutarie e non diversamente raggiungibili se non con tempestività e unitarietà decisionale proprie di un commissario prefettizio». Il prefetto di Roma ha aderito alla richiesta e il 20 gennaio 2010 ha nominato commissario Giuseppe Nisticò.

Il secondo stadio consiste in un accordo di programma con il Ministero della Ricerca Scientifica e dell’Università, in collaborazione con il CNR e la Regione Lazio, che consente di portare avanti le ricerche in corso e di realizzare lo spostamento fisico dell’Istituto in una sede definitiva presso il polo biologico, in espansione, di Monterotondo.

Questo processo è stato criticato in maniera piuttosto secca dalla rivista scientifica inglese Nature, che in un editoriale dello scorso 21 gennaio parla di danno auto-inflitto all’EBRI in seguito all’azione autocratica della sua fondatrice. Nature riconosce l’eccellenza del lavoro di ricerca svolto nell’Istituto (che è stato fondato nel 2002, ha iniziato le sue attività operative nel 2005 e ha visto uno dei suoi giovani premiati dell’European Research Council) dovuto anche al fatto che la guida scientifica dell’istituto è stata assicurata da un Consiglio internazionale di cui facevano parte almeno tre premi Nobel. Tuttavia Nature ritiene ingiustificato e inaccettabile l’esautoramento di questo Consiglio Scientifico, che Rita Levi Montalcini avrebbe motivato con argomenti piuttosto deboli: come il fatto che i membri del Consiglio non hanno la possibilità di seguire con attenzione i complessi lavori di ristrutturazione finanziaria e organizzativa dell’EBRI, sia a causa della distanza fisica (devono venire a Roma dall’estero), sia a causa della lingua (non conoscono l’italiano).

Qualsiasi siano le cause alla base della richiesta di riorganizzazione – continua Nature – sarebbe una sciagura se l’EBRI perdesse il suo prestigio internazionale e perdesse credibilità presso i giovani ricercatori – scelti finora solo sulla base del merito. Una sciagura tanto peggiore perché causata anche dalla presa di posizione di una persona – Rita Levi Montalcini – molto stimata e molto amata in tutto il mondo, perché di alto e riconosciuto valore scientifico e morale. Nature si augurava infine che il Prefetto di Roma opponesse un secco no all’istanza di commissariamento. Che invece il Prefetto proprio nelle ore in cui l’editoriale stava uscendo ha accolto in pieno.

La vicenda ci offre due spunti di riflessione. Il primo è che la comunità scientifica internazionale (di cui Nature si fa portavoce) difende con rigorosa gelosia le sue regole, anche quando sono (sembrano essere) violate da persone di grande prestigio, di assoluto valore e persino molto amate, come Rita Levi Montalcini.

Il secondo spunto di riflessione riguarda la pratica di cui si fa largamente uso  e abuso in Italia della gestione commissariale di enti e di istituti scientifici in vera o presunta difficoltà. Un commissario straordinario nominato da un’autorità di governo – anche quando è di riconosciuto valore scientifico, come Giuseppe Nisticò –  non è garanzia né di efficienza né di trasparenza per la comunità scientifica. Nominare un commissario, dunque, è di per sé motivo di caduta di prestigio internazionale dell’istituto, se non c’è una motivazione forte, chiara e urgente. Tanto più se il commissario, nominato dall’autorità di governo locale, assume su di sé l’incarico di guida scientifica in sostituzione di un Consiglio internazionale di cui fanno parte almeno tre premi Nobel.

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