Con l'aumento di temperature, alcune specie di chirotteri stanno diventando più grandi e modificano la loro distribuzione: sta succedendo nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise al vespertilio di Daubenton. Un cambiamento che potrebbe avere effetti negativi per la conservazione di questa specie.
Crediti immagine Guido Gerding, Wikimedia Commons
Il cambiamento climatico costringe tutti a fare i conti con nuove condizioni di vita e a trovare strategie per sopravvivere, incluso un restyling di caratteristiche fisiche e fisiologiche. Così le api selvatiche in Spagna stanno diventando sempre più piccole, e lo stesso sta accadendo a diverse specie di uccelli sparse per il globo, a pesci oceanici e insetti. Alcune specie, al contrario, con l’aumento delle temperature diventano più grandi. È quanto sta succedendo a una specie di chirottero nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il vespertilio di Daubenton (nome scientifico Myotis daubentonii), che vive lungo i corsi d’acqua, dove si nutre di insetti che pesca a pelo d’acqua grazie alla membrana mobile sviluppata attorno alla coda.
«Abbiamo osservato un aumento delle dimensioni dell'avambraccio, un buon indicatore delle dimensioni corporee generali. Ciò non significa che i vespertili di questa popolazione siano triplicati di taglia: parliamo di variazioni dell'ordine del millimetro, ma l’aumento c’è stato ed è significativo», afferma Danilo Russo, professore di ecologia presso il dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II e primo autore dello studio. Russo e il suo team di ricerca monitorano la popolazione di Myotis daubentonii che vive lungo il fiume Sangro da più di vent’anni, il che consente di avere una robusta serie storica di dati che permette di operare confronti e misurare gli effetti del cambiamento climatico. Analizzando i dati meteo forniti di una stazione metereologica (meteomont), posta a 1.450 m di quota sul confine tra Abruzzo e Lazio, precisamente a Forca D’Acero, i ricercatori hanno infatti rilevato dal dicembre 1999 al maggio 2023 un aumento della temperatura media di ben 4 gradi. Grazie al monitoraggio ventennale si è potuto documentare un secondo effetto dell’aumento delle temperature su questa popolazione, che potrebbe avere implicazioni sulle interazioni sociali. Infatti, in contesti ambientali caratterizzati da un gradiente altitudinale come nel caso del fiume Sangro, le femmine vivono solo al di sotto di una certa quota, mentre i maschi si separano in due gruppi: alcuni vivono insieme alle femmine, e hanno un maggiore accesso all’accoppiamento, altri vivono a quote più elevate e non si mescolano con gli altri. Le analisi indicano uno spostamento verso l’alto delle femmine: nel 2000 non superavano mai i 900 m, oggi sono presenti anche a 1.100 metri di altitudine. Questo spostamento potrebbe essere spiegato sia con l’aumento delle temperature, che potrebbe aver modificato anche la distribuzione degli insetti di cui i vespertili si nutrono, sia col fatto che le femmine preferiscono in generale zone più calde e, quindi, abbiano potuto ampliare la zona da frequentare beneficiando per così dire di un clima più mite. Resta da capire se questo abbia implicazioni nelle interazioni con i maschi.
«Le variazioni dimensionali costituiscono una delle potenziali risposte al cambiamento climatico, e per un certo tempo si è proposto un paradigma secondo il quale, se il clima si riscalda, è più conveniente essere più piccoli, perché si riesce a dissipare calore più rapidamente. Quindi, ci si dovrebbe aspettare un pattern opposto rispetto a quello che abbiamo trovato. In realtà, essere più grandi significa anche avere una maggiore capacità di ritenzione idrica; una taglia maggiore potrebbe quindi essere utile per trattenere l'acqua e difendersi dalle ondate di calore», spiega Russo. E le ondate di calore sono un grosso rischio, specialmente per le specie cittadine: uno studio dimostra infatti che, nelle giornate più torride, aumentano i ricoveri di pipistrelli disidratati o in shock termico presso i centri di recupero della fauna selvatica.
Ma qual è il collegamento tra aumento delle dimensioni e caldo? «I chirotteri, quando vogliono risparmiare energia, mettono il motore al minimo e vanno in torpore. Le femmine gravide o in allattamento non possono però farlo, perché ciò interferirebbe con la riproduzione (per esempio potrebbe compromettere lo sviluppo fetale). Ma questo comporta per loro un grosso costo energetico per mantenere la termoregolazione. Ora, se si trovano in un rifugio più caldo, le femmine risparmiano energia sulla loro termoregolazione e producono piccoli di dimensioni maggiori. Questo è un fenomeno di plasticità fenotipica», spiega Russo. Fenomeno dimostrato da un esperimento condotto in Germania sul vespertilio di Bechstein: i ricercatori hanno artificialmente riscaldato alcuni rifugi e marcato gli animali, dimostrando così che i pipistrelli cresciuti a temperature più elevate erano più grandi degli altri. L'aumento di dimensioni potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, perché comporta anche un maggiore fabbisogno energetico, e resta anche da vedere se la disponibilità di prede sia adeguata per soddisfarlo. Uno studio condotto in Baviera (ne abbiamo parlato su Scienza in rete qui ), per esempio, dimostrava che la speranza di vita dei vespertili più grandi era più bassa di quelli di taglia usuale. «Questo aumento di dimensioni potrebbe diventare quasi una trappola riproduttiva: se le condizioni di allevamento sono tali da rendere gli individui più grandi, perché la risposta fenotipica è immediata e rapida ed è legata alle temperature del rifugio, poi però resta il problema per questi animali di procacciarsi il cibo per l’intera durata della loro vita, che può essere di quindici-vent’anni. La cosa che preoccupa dal punto di vista della conservazione è che c'è un crollo globale della potenziale disponibilità di prede, con il drammatico declino degli insetti, dovuto all’uso di pesticidi», commenta il ricercatore.
Non tutte le specie di chirotteri stanno però aumentando di dimensioni. In un altro lavoro pubblicato su Ecology and Evolution e svolto in collaborazione con l’Università dell’Insubria, Russo ha analizzato i dati relativi a quindici specie di chirotteri italiani, riferiti a vent'anni di monitoraggio, rilevando un aumento di dimensioni in sole tre specie: oltre al vespertilio di Daubenton, la nottola di Leiser e il più piccolo chirottero europeo, il pipistrello pigmeo. «Il quadro complessivo è che l'aumento dimensionale non è un trend universale e che ogni specie fa storia a sé», commenta Russo. «Va poi considerata la struttura del campione analizzato: per esempio, mettere insieme i dati di più popolazioni per le analisi potrebbe mascherare alcuni effetti dovuti a fattori locali. Verosimilmente il tipo di rifugio riproduttivo che i pipistrelli utilizzano gioca una differenza: se è meno protetto rispetto alle alterazioni di temperatura, probabilmente il risultato è meno marcato».
Non è mai semplice né scontato comprendere la natura, e gli effetti dei cambiamenti climatici possono essere variegati. I chirotteri sono specie sensibili, perché sono suscettibili ai cambiamenti di temperatura, e hanno diete altamente specializzate, ma una recente revisione della letteratura esistente dimostra una scarsità di studi che misurino concretamente questi impatti. Come mostrano le ricerche di Russo e collaboratori, è invece estremamente importante condurre studi sul lungo termine per identificare i possibili effetti del riscaldamento globale, e le interazioni tra questo e altri fattori che possono avere un impatto sui pipistrelli, come la frammentazione degli habitat e la gestione dei terreni agricoli.