La prima metà del XX secolo è stata caratterizzata in ambito scientifico dalla rivoluzione della meccanica quantistica e da quella della meccanica relativistica, ambedue di ambito fisico, ambedue di ambito meccanico. Nella seconda metà del Novecento, invece, sono avvenute due “rivoluzioni” scientifiche per molti aspetti diverse e, soprattutto, in ambito diverso. Esse vanno sotto i nomi di “Scienze della Complessità” e “Teoria Generale dei Sistemi”. In realtà, per le notevoli connessioni che esistono tra questi due grossi ambiti si può parlare al singolare di una rivoluzione che ha trasformato il mondo della scienza in un insieme di “sistemi strutturati/organizzati e complessi”, riassumibile nella dizione Complessità Sistemica.
In realtà, in ambito scientifico il concetto di organismo in biologia e alcuni concetti chimici erano già “concetti sistemici”, anche se non identificati come tali. Particolarmente importante si è rivelato l’ambito chimico in quanto, sulla sua riducibilità o meno alla fisica, si è sempre giocato la possibilità di ridurre, quantomeno l’inanimato, a una sola ottica, quella fisica. La chimica, come scienza che ricerca la composizione (microscopica e macroscopica) di un pezzo di realtà, nasce in ottica riduzionista. È solamente con Lavoisier, e la sua ben nota definizione operativa di elemento, che se ne ottengono 33, facendo fare alla chimica il salto logico che postula una differenzazione qualitativa anche a livello “elementare”. Con l’introduzione di differenze qualitative irriducibili della materia si superano le possibilità della trattazione esclusivamente “meccanica” e si introduce una complessità intrinseca.
Da allora, la chimica ha sempre avuto a che fare con una miriade di oggetti/soggetti differenti a cui attribuire proprietà specifiche e, in prima battuta, un nome che li identificasse. È questo mondo prorompente, fatto di milioni di individui caratterizzati da una strutturazione microscopica (la struttura molecolare), a creare un’immagine del mondo materiale molto diversa da quella “semplice” della meccanica classica e della fisica, in generale. È questo mondo chimico, che si pone come intermedio tra “il semplice” fisico e “l’animato” biologico, a costituire il passaggio qualitativo che rende impossibile il riduzionismo implicito nell’idea classica della fisica. È questo mondo chimico che costituisce a tutti gli effetti un approccio sistemico ante litteram.
La portata di questa rivoluzione non è stata ancora totalmente “assorbita”, neppure in ambito strettamente scientifico. A oggi, la stragrande maggioranza dei fisici, buona parte dei chimici e parte dei biologi continuano a ragionare con gli schemi ottocenteschi, con il paradigma opposto della “semplicità” e a trascurare la strutturazione e l’organizzazione degli enti considerati. Diversa è la situazione nelle nuove branche scientifiche (per esempio l’ecologia) o nei settori intrinsecamente interdisciplinari (scienze ambientali, dei materiali, ecc.) dove, seppure senza particolari riflessioni filosofico/concettuali, il nuovo paradigma della Complessità Sistemica è, di fatto, predominante e al lavoro. In ambito filosofico, la situazione è in movimento, ma anche in quel contesto solo l’analisi di Morin rappresenta un contributo organico e generale.
L’ottica della Complessità Sistemica modifica sia l’immagine generale della scienza sia il suo rapporto con le altre attività umane. In questa nuova ottica, infatti, si possono sia rileggere antichi problemi, come quello inanimato-animato, animale-uomo e mente-corpo, sia riesaminare lo stesso status culturale della scienza. Essa non è più l’unica attività legittima delle mente umana. Altre forme d’attività esistono, e sono altrettanto legittime, e non servono scomuniche reciproche, ma interconnessioni sistemiche.
Tali argomenti sono stati sviluppati nel libro di Giovanni Villani, Complesso e Organizzato. Sistemi strutturati in fisica, chimica, biologia ed oltre, Franco Angeli, Milano, 2008