Diciamo “cuor di leone” o che uno “ha fegato”, non c’è niente di simile per il rene. Ma se non fosse per i reni, vivremmo ancora negli stagni e saremmo tutti gonfi come ranocchi. Sono i reni che hanno permesso a certi mammiferi di lasciare oceani e fiumi per cominciare a vivere sulla terra. Negli oceani era tutto semplice, acqua e sodio erano lì, a portata di mano (a dirla giusta dovrebbe essere a portata di pesce) sulla terra invece bisognava sapere conservare il sodio ed imparare a eliminare il potassio, serviva un rene che sapesse farlo. Senza reni, qui sulla terra, non ci sarebbero filosofi.
Beviamo
e mangiamo quello che vogliamo perché il rene elimina quello che non serve,
minuto per minuto con una precisione che nessuna bilancia di precisione sarà
mai capace di raggiungere. Se il rene smette di funzionare acqua e sali si
accumulano e si muore in pochi giorni. Ma chi si accorge dei propri reni? Anche
perché il cuore batte, il polmone respira, ma il rene non si sa nemmeno che c'è e non dà sintomi salvo che uno non abbia i calcoli o
certe infezioni. Così per i dottori del rene è tutto più difficile anche se
hanno la fortuna di poter contare sull'urina.
Ottenere l'urina è la cosa più
facile del mondo e analizzarla è semplice, basta un microscopio e si ricavano
moltissime informazioni sullo stato di salute del rene e non solo. L'urina ti
dice della capacità filtrante dei reni ma anche se i tubuli che riassorbono
quello che i glomeruli hanno filtrato funzionano bene o no. Infezioni, calcoli,
tumori hanno spie precise nell'urina. Anche diabete e malattie del cuore si
possono scoprire guardando alla composizione dell'urina.
Adesso c'è un passo avanti - il lavoro è appena stato pubblicato su Journal of the
American Society of Nephrology da Paola Romagnani e dai suoi colleghi
dell'Ospedale Meyer di Firenze - nelle urine di bambini malati di malattie
genetiche del rene si trovano cellule staminali (progenitori renali) che si
possono raccogliere e studiare e persino espandere in laboratorio in modo da
ottenerne migliaia o milioni tutte uguali.
Da queste cellule si può estrarre il
DNA che rivela le stesse alterazioni responsabili del danno renale e in ultima
analisi della malattia. E non basta, queste cellule grazie a protocolli
particolari possono maturare in vitro e
trasformarsi nelle cellule che vogliamo studiare così da rivelare eventuali alterazioni
funzionali legate a quel preciso difetto genetico.
E’ come avere in un certo senso un po' di rene
malato in laboratorio, in una piastra di petri insomma e poterlo studiare (e
quel po’ di rene è proprio quello del bambino malato).
Questa tecnica aiuterà a capire di più delle cause genetiche delle
malattie renali e valutare l'effetto dei farmaci su cellule e tessuti dello
stesso bambino che dovrà eventualmente
avvantaggiarsi di quelle cure.
Così i dottori del rene, che come è noto passano più tempo a vedere gli esami di laboratorio e analizzare l'urina che a visitare i malati, da domani avranno un motivo in più per farlo.