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Diritto e neuroscienze finalmente insieme

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Nel corso dei processi civili e penali di tutto il mondo, la perizia tecnico-scientifica ha sempre assunto un ruolo fondamentale, anche se giudici e giurie hanno poi mantenuto il controllo e la valutazione dei suoi risultati in relazione al caso concreto e la competenza a decidere il caso. Quello tra “esperti della mente” e giuristi, in particolare, è sempre stato un rapporto controverso. In ambito penale, ad esempio, se da un lato gli scienziati hanno cercato di porre l'attenzione sulle mille sfaccettature che potenzialmente portano una persona a compiere un atto o assumere un comportamento, ragionando in continuum e con approccio probabilistico, la tendenza del diritto, dall'altro, è stata quella di tracciare  una linea di separazione tra gli ambiti di responsabilità, e tra i concetti di normalità e vizio di mente. Tra il bianco e il nero, tuttavia, ci sono svariati toni di grigio e una proficua interazione tra neuroscienze e diritto li sta portando a emergere. Anche in ambito civile, gli sviluppi delle neuroscienze e il supporto di nuove tecnologie stanno migliorando l'accuratezza dell'accertamento del danno e promettono di avere un impatto anche nella verifica di situazioni tradizionalmente rimesse alla parola delle parti, come la presenza e l'entità del dolore cronico, o l'accertamento dei sintomi della sindrome da stress post-traumatico. È evidente, quindi, come negli ultimi due decenni gli sviluppi delle neuroscienze abbiano contribuito in maniera significativa ad ampliare la nostra conoscenza e comprensione del cervello umano. Questo è avvenuto soprattutto grazie al veloce ed esponenziale sviluppo di nuove tecnologie come il brain imaging, che hanno permesso agli scienziati di poter vedere direttamente ciò di cui prima si poteva solo avere un'idea. L'utilizzo sempre più frequente di queste tecnologie nel corso di processi civili e penali è stato il carburante per far partire un nuovo dialogo tra giuristi e scienziati, che si sono venuti incontro creando varie associazioni e iniziative mirate allo studio e comprensione del potenziale impatto delle neuroscienze sul diritto. Tra queste, in ambito americano la prima è stata il MacArthur Foundation Research Network on Law and Neuroscience (www.laworg.com), seguita da varie iniziative minori lanciate dai suoi membri. Rimanendo oltreoceano, sono recentemente sorti interi corsi di laurea o summer schools che prevedono lo studio sia del diritto che delle neuroscienze. La Vanderbilt University (USA), ad esempio, ha appena lanciato il corso congiunto JD/PhD in Law and Neuroscience, e la University of Pennsylvania organizza ogni estate un corso intensivo di neuroscienze per non-scienziati che lavorano in ambito interdisciplinare (http://www.neuroethics.upenn.edu/). Nel contesto europeo è nata, nel 2010, la European Association for Law and Neuroscience (EANL), guidata dallo European Center for Law, Science and New Technologies presso l'Università di Pavia (www.unipv-lawtech.eu), e costituita da giuristi (giudici, avvocati, ricercatori) e neuroscienziati provenienti da Italia, Spagna, Belgio, Olanda, Regno Unito, Spagna e Germania. Gli stessi membri della EANL hanno proposto alla Commissione Europea il progetto di una Winter School in diritto e neuroscienze, vincendo l'ambito finanziamento. È quindi stato lanciato, per la prima volta in ambito europeo, un corso intensivo che si rivolge a studenti e dottorandi di giurisprudenza, filosofia e psicologia, e si propone di fornire loro sia competenze di base in neuroscienze che la capacita' di analisi e critica sull'impatto che queste stanno avendo e avranno nei sistemi giuridici di civil-law e common-law. Le lezioni saranno tenute da docenti internazionali, in lingua inglese, presso l'Università di Pavia dal 22 gennaio al 3 febbraio 2012 e la domanda di partecipazione potrà' essere inviata fino al 4 dicembre 2011 (per tutti i dettagli: http://www.unipv-lawtech.eu/lang1/law-and-neuroscience-winter-school-2011.html).

L'iniziativa si inserisce in un contesto di particolare attenzione verso la materia e in questo ambito colloca il nostro paese in una posizione di eccellenza in ambito europeo, trattandosi del primo progetto europeo teso a formare, e non solo informare, i giuristi, filosofi e scienziati del futuro in un contesto interdisciplinare, che promette di avere un forte impatto sui nostri sistemi giuridici.

Law and neuroscience winter school 2011


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Non possiamo dimostrare che Dio esista, ma abbiamo qualche prova

Le dimostrazioni assolute appartengono al dominio teorico, come la matematica, dove un ragionamento corretto conduce a una conclusione immutabile. Nel mondo reale, però, le informazioni a disposizione sono sempre incomplete, e anche un ragionamento corretto può portare a conclusioni errate: gli autori del saggio Dio, la scienza, le prove rispondono all'articolo di Hykel Hosni e Angelo Vulpiani.

Nell'immagine: dettaglio de La creazione di Adamo di Michelangelo (immagine speculare). Crediti: Wikimedia Commons. Licenza: pubblico dominio
 

Nell’articolo intitolato Perché la scienza non può dimostrare l’esistenza di Dio, Hykel Hosni e Angelo Vulpiani scrivono che il libro Dio, la scienza, le prove, che abbiamo scritto e pubblicato recentemente in Italia per le Edizioni Sonda, si sbaglia cercando di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la scienza.