Official March for Science Press Kit - Credit: photo Jay Blakesberg - www.marchforscience.com
Per qualcuno è già riflusso. Per altri è un segno di evoluzione positiva, di maturità. Ma è certo che la March for Science che si è tenuta lo scorso 14 aprile in 200 città del mondo (150 città negli USA, 50 nel resto del mondo, comprese 4 città italiane) ha numeri decisamente inferiori a quelli, per certi versi clamorosi, dell’esordio: un anno fa, il 22 aprile 2017 per la precisione.
Numeri ridotti
La seconda edizione della “marcia per la scienza” ha registrato la partecipazione di appena un terzo delle città rispetto a quelle che dettero vita al clamoroso evento di un anno fa: 200, appunto, invece di 600. Non conosciamo ancora i numeri di quest’anno, ma certo sono decisamente inferiori a quelli del 2017, quando a marciare per la scienza in tutto il pianeta furono un milione di persone. A Londra la débâcle quantitativa è stata evidente: in piazza il 14 aprile sono scesi in 80 - a dispetto dei 10.000 dello scorso anno - e non hanno neppure potuto marciare. A Roma, nessuno. A Berlino, pochi. A Washington non molti.
Questi sono i numeri di un riflusso. Ma è un riflusso solo apparente, dicono organizzatori e sponsor, tra cui l’American Association for the Advancement of Science (AAAS) degli Stati Uniti, una delle più grandi e prestigiose associazioni scientifiche del mondo, editrice, tra l’altro, della rivista Science. Perché in meno di dodici mesi March for Science è maturata. Non sta morendo. Al contrario, è più viva che mai.
Per una volta hanno forse ragione gli ottimisti. È infatti un segno di maturità che la manifestazione abbia conservato il suo carattere globale. March for Science è nata certo negli Stati Uniti, sull’onda di un’avversione forte della comunità scientifica americana alle politiche di ricerca e alle politiche ambientali di Donald Trump. Ma si estese subito a tutto il mondo. E un milione di persone scese in piazza per chiedere maggiore libertà di ricerca, più fondi, più impegno per contrastare i cambiamenti del clima accelerati dall’uomo.
Una foto della prima 'March for Science' che si è svolta a Washington D.C., USA, il 22 aprile 2017.
Una protesta e proposta globale
L’edizione 2018 ha conservato questo carattere globale. Un quarto delle città che hanno aderito alla March for Science si trova fuori dagli Stati Uniti. Sono rappresentati tutti i continenti: città indiane per l’Asia, Abuja (Nigeria) per l’Africa, Città del Messico (Messico) per l’America a sud degli USA; Sidney per l’Australia. In Europa non solo Londra e Berlino, ma anche Kiev. E quattro città in Italia, secondo l’ANSA: Firenze, con l'iniziativa Indivisible TUScany; Rimini, con una manifestazione organizzata dal CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze; Bologna, con il convegno Teach-in BO March for Science 2018; Palermo con la marcia organizzata dall'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR).
I motivi della protesta e della proposta sono, nel complesso, gli stessi dello scorso anno: ma sono stati declinati in maniera diversa nei diversi paesi e nelle diverse città. Così se negli Stati Uniti prevale ancora il no agli attacchi alla libertà di ricerca e al disimpegno dalle politiche di contrasto dei cambiamenti climatici di Trump, in India sono scesi in piazza perché gli investimenti in ricerca siano portati al 3% del Prodotto interno lordo (PIL). Un segno di accresciuta maturità sociale è considerato anche il fatto che negli Stati Uniti ma anche altrove gli slogan scanditi siano stati anche a favore di politiche più sostenibili non solo da un punto di vista ecologico ma anche, appunto, sociale. Oltre che di politiche evidence-based, fondate su prove di efficacia e non su fake news.
Un movimento organizzato per la scienza
Ma, secondo Science, i segni di un’accresciuta maturità di March for Science non stanno solo nell’aver individuato più temi che coinvolgono la società per intero, ma nell’essersi trasformata da protesta spontanea in movimento organizzato. Un movimento che rivendica una propria autonomia. E, infatti, si è deciso di staccarsi dall’Earth Day (la Giornata della Terra che si celebra il 22 aprile), e di tenere l’edizione 2018 in una giornata diversa: il 14 aprile. Non per marcare un distacco dai temi ambientali, ma per attestare l’avvenuta creazione di un movimento globale per la scienza del tutto autonomo.
Che il movimento sia in corso di rapida organizzazione è un fatto: negli Stati Uniti si sta dando una struttura agile, ma chiara: con una direzione, ovviamente eletta, anche se senza burocrazia né quartier generali. Il movimento March for Science si sta dando una struttura diffusa, ma non caotica. Ci riuscirà? Difficile dirlo. Ma il tentativo è da seguire con attenzione, perché mai nella storia una parte così rilevante della comunità scientifica aveva cercato di accreditarsi presso il resto della società come gruppo riconoscibile di opinione ad ampio spettro: di opinione politica e non solo scientifica in senso stretto.
Un movimento in rete
Che March for Science stia diventando un movimento lo dimostra, dopo il 22 aprile 2017, la rete sempre più fitta di eventi e di relazioni che mettono in contatto ricercatori e grande pubblico. Non si tratta solo di una speranza. negli Stati Uniti il movimento organizzato dispone di una mailing list con oltre 230.000 indirizzi di persone, anche non esperte, che vengono regolarmente consultate e invitate ad aderire a campagne con un carattere che non è solo scientifico ma è prevalentemente sociale: come la richiesta al Congresso di finanziare progetti di ricerca per lo studio della violenza perpetrata con armi da fuoco.
Il movimento ha messo in atto anche progetti di comunicazione della scienza al grande pubblico. È il caso di Two Scientists Walk Into a Bar: due scienziati vanno al bar per parlare di scienza. La rete coinvolge 25 bar di San Diego, in California, dove una coppia di ricercatori spende due ore sorseggiando qualcosa e parlando di scienza. Il fatto non costituisce una novità in sé. Qui da noi li chiamiamo, ormai da molto tempo, “caffè scientifici”. Ma è abbastanza inedito il fatto che questi eventi di comunicazione nascano in maniera più o meno spontanea e locale, ma si inseriscano subito nella più ampia rete del movimento organizzato.
I prossimi appuntamenti
E che il movimento intenda perseguire la strada del rafforzamento della sua struttura lo dimostra sia la call estesa agli attivisti, tutti volontari, del movimento per ritrovarsi a luglio a Chicago in un summit di tre giorni per aumentare le proprie capacità di organizzazione e di comunicazione, pianificare nuove iniziative e reclutare altri volontari, sia l’invito che i leader di March for Science degli Stati Uniti stanno convocando un incontro da tenersi nel prossimo mese di maggio per organizzare un sistema di finanziamento dal basso di piccoli progetti di ricerca. Si conta di trovare fondi, attraverso una raccolta estesa a tutto il mondo. Una prima fonte di finanziamento viene dalla vendita di un libro dal titolo eloquente, Science Not Silence: Voices from the March for Science Movement. Il volume contiene parole e immagini della marcia del 22 aprile 2017. Le previsioni sono che andrà a ruba.
I poster ufficiali di March for Science
Il sostegno delle istituzioni scientifiche
In questo ormai articolato processo di trasformazione da fenomeno spontaneo a movimento organizzato, anche se dal basso, è un segno di maturità il fatto che, almeno negli Stati Uniti, March for Science non stia perdendo l’appoggio delle istituzioni scientifiche. Primo fra tutti quello, appunto, dell’Associazione Americana per l’Avanzamento delle Scienze. Il movimento non ha dunque solo un carattere orizzontale, ma può contare sul sostegno, per così dire, verticale: di prestigiose e influenti istituzioni. Un sostegno che non andrebbe smarrito in Europa e in Italia: enti pubblici di ricerca e società scientifiche dovrebbero seguire l’esempio dell’AAAS e proporsi come nodi della rete dei movimenti per la scienza.
Un’alleanza fra scienziati e opinione pubblica
I motivi che spingono l’American Association for the Advancement of Science e altre istituzioni negli USA sono due: anche le grandi organizzazioni scientifiche, che hanno per tradizione una vocazione governativa, percepiscono (a torto o a ragione) un crescente pericolo per la libertà di ricerca; e avvertono, almeno in questa contingenza storica, le ottime opportunità che offre un’alleanza organica con l’opinione pubblica. Ragioni che valgono anche per l’Italia. Anzi, soprattutto per l’Italia.