Nonostante la
non sempre adeguata copertura che ne è stata data sui media italiani, la
missione europea Rosetta, che ha effettuato nei giorni scorsi il primo accometaggio nella
storia, ha tenuto il mondo con il fiato sospeso ed è stata, a tutti gli
effetti, uno straordinario successo scientifico, tecnologico e organizzativo.
Quando fu
inizialmente proposta all’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, l’obiettivo della
missione era praticamente fantascientifico. Ma con la collaborazione di
migliaia di scienziati in forze a decine di enti di ricerca, e un’efficace rete
di partnership con industrie aerospaziali all’avanguardia, l’ambizioso
traguardo è stato infine raggiunto.
Molti hanno
osservato che il modo tutto “scientifico” di integrare conoscenze, competenze e
know-how che ha portato all’enorme successo di Rosetta può fungere da esempio
per un modello efficace di organizzazione del sistema-Europa.
E l’Italia? Ne
abbiamo parlato con Giovanni Bignami, presidente dell’Istituto
Nazionale di Astrofisica (INAF).
Come si
colloca il nostro Paese in questo contesto?
Rosetta
dimostra che la ricerca scientifica, anche quella di base, è imprescindibile
per crescere e ottenere grandi risultati. Quindi se il governo made in Italy è
solo “food & fashion” sono violentemente non d’accordo. E allora cerco di
far notare che la scienza fondamentale è quella che spinge la tecnologia e
l’industria a trovare quelle innovazioni che da un lato la qualificano,
dall’altro creano lavoro, e soprattutto migliorano la qualità della nostra vita
nel lungo termine. Sento il dovere di sottolineare ai nostri politici questo
effetto a catena, ma faccio molta fatica, anche se è un effetto di natura
politica.
Come mai è
faticoso far passare questo messaggio?
Con tutti gli
occhi puntati su Rosetta, molte persone si chiedono: «Ma perché lo facciamo?
Perché spendere tanti soldi per mandare una sonda su una cometa?». Ma anche
loro, immagino, faranno delle foto con il loro cellulare. Ebbene, le loro
fotocamere funzionano con un sensore che si chiama CCD, che è una tecnologia che hanno inventato gli astronomi. Il Premio
Nobel per la Fisica di quest’anno è andato agli inventori del led blu: una tecnologia che è nata da ricerche di tipo teorico. Oggi tutti
noi usiamo quei led: in Italia si tende a non capire che spesso l’attività
scientifica genera un grande ritorno economico.
Che cosa può
insegnarci Rosetta da questo punto di vista?
Con Rosetta
abbiamo “costretto” l’industria italiana ed europea a fare delle cose che
inizialmente erano ritenute impossibili. Sembrava impossibile intercettare una
cometa che viaggia a 20 chilometri al secondo a 500 milioni di chilometri dalla
Terra, e invece grazie alla spinta motivazionale fornita dalla ricerca
scientifica siamo riusciti a farlo. È stato un grande successo anche per i
nostri INAF e ASI [l’Agenzia Spaziale Italiana, NdR], ma non è di
interesse solo per gli scienziati, perché tutto questo prima o poi avrà
ricadute tecnologiche ed economiche per tutti. Questo ci insegna Rosetta: che
la scienza produce innovazione, e fa emergere il meglio delle nazioni
coinvolte.
Possiamo
aspettarci da parte della politica italiana una maggiore consapevolezza nei
prossimi anni?
Non lo so. La
direzione è decisa dalla sfera politica, ma bisogna anche a insegnare ai
cittadini il rispetto per la cultura scientifica. E questo passa anche per le
attività di comunicazione.