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La cibernetica è morta, o forse no

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Meno di un mese fa l’opinione pubblica è stata scossa dalla notizia dell’uccisione di Giovanni Lo Porto da parte di un drone. La morte del giovane cooperante italiano, rapito in Pakistan dai terroristi di Al Quaeda, è avvenuta per un tragico errore: il drone infatti non avrebbe verificato la presenza di civili nelle vicinanze del luogo dove si è verificato il blitz.
Il caso ha suscitato grande clamore perchè per la prima volta il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ammesso l’errore del drone. Quella che fino a quel momento era sembrata una guerra perfetta ha dunque assunto i connotati di una guerra imperfetta.                                               
La vicenda, oltre ad avere notevoli implicazioni a livello giuridico, ha consentito di riflettere sulla relazione tra uomo e macchina. La scienza che ha gettato le basi per indagare questo rapporto è stata la cibernetica. Questa disciplina si è diffusa tra il 1946 e il 1953 e ha visto tra i suoi padri il matematico Norbert Wiener. L’ipotesi di partenza di Wiener è stata che non ci fosse una sostanziale differenza fra organismi viventi e macchine complesse autoregolanti. L’approccio cibernetico nell’indagare la realtà è stato di tipo olistico: Wiener pensava infatti che ogni cosa fosse connessa a tutto il resto. E proprio grazie a questa connessione i sistemi complessi, fossero essi viventi o macchine, riuscivano ad autoregolarsi. Oltre all’olismo un altro pilastro su cui si è fondata la cibernetica è stato il concetto di non linearità. Wiener infatti ha preso in esame sistemi in cui l’effetto influenzava la causa attraverso feedback in grado di creare una causalità circolare.
Con la cibernetica quindi è venuta meno l’ottica lineare del principio di causa- effetto (la causa A provoca l’effetto B che a sua volta provoca C) sostituita dalla convinzione che A e B fossero contemporaneamente causa ed effetto l’uno per l’altro, quindi interconnessi. Ma l’aspetto centrale messo in luce dalla cibernetica è quello della rilevanza dell’informazione per la nostra vita quotidiana, e dovremmo dire mestamente per la morte, come nel caso del cooperante italiano, ai tempi della società definita, appunto, dell’informazione. È imputabile al drone l’errore, o non va esso stesso considerato parte di un sistema cibernetico più ampio, e comprendente il sistema di intelligence (e politico-strategico)? Le questioni cibernetiche, come si vede, invadono la sfera dei fini (e delle informazioni connesse) delle macchine costruite dagli uomini.

Ai giorni nostri la cibernetica sembrerebbe quasi morta, se non fosse per l’eredità notevole che questa disciplina ci ha lasciato. Viviamo infatti in un mondo interamente costituito da sistemi, vivi o non vivi, in continua interazione fra di loro. La nostra società è permeata dalle applicazioni della cibernetica: computer, robot, droni sono solo alcuni esempi. E tutte sono inserite in una società che potremmo definire cibernetica. E’ dunque evidente come questa disciplina sia lontana dall’essere morta. Tra i lasciti principali della cibernetica c’è senza dubbio il tentativo di avvicinare l’uomo e le macchine. Tuttavia casi come quello avvenuto a Giovanni Lo Porto impongono una riflessione critica circa la vicinanza tra uomo e macchina e, ancor più profondamente, fra uomo e uomo.

Nella definizione di Wiener la cibernetica era intesa come “ scienza del controllo e della comunicazione nell’animale e nelle macchine”. Ma cosa succede quando, come nel caso di Lo Porto, il sisteme uomo-macchina perde il controllo causando danni all’uomo? È la macchina che mostra i suoi limiti perdendo la perfettibilità che dovrebbe caratterizzarla, o è piuttosto il sistema sociale umano che necessita perfezionamenti per governare le macchine che sta riuscendo a realizzare? In questo senso, se la macchina nella sua imperfezione si avvicina all’uomo confermando la teoria della cibernetica secondo la quale la macchina e l’uomo viaggiano sugli stessi binari, è l’intera società che va riposizionata su questi binari. Anche la nostra attualità quindi ci dimostra come i temi affrontati dalla cibernetica siano tutt’altro che defunti. La cibernetica anche da morta continua a fare rumore. E l’uomo non può essere sordo a questo richiamo. 

di Cristina Spataro


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