fbpx Marcia indietro sull’inflazione cosmica | Scienza in rete

Marcia indietro sull’inflazione cosmica

Primary tabs

Read time: 3 mins

Soltanto qualche mese fa era stata considerata da molti una scoperta scientifica di importanza capitale, eppure ora c’è il rischio che si riveli infondata. Stiamo parlando dell’annuncio, dato il 17 marzo, secondo cui il team dell’esperimento BICEP2 in Antartide avrebbe trovato la prova dell’inflazione cosmica, il rapidissimo espandersi dell’universo subito dopo il Big Bang.
La questione è oltremodo tecnica e complessa, ma nella sostanza si può riassumere così: è possibile che il risultato ottenuto dal gruppo di BICEP2 sia affetto da errori in fase di analisi dei dati.

Già a poche settimane dall’annuncio ci fu un florilegio di teorie che proponevano una spiegazione diversa ai cosiddetti “modi B” di polarizzazione osservati nella radiazione cosmica di fondo, che costituivano la prova schiacciante dell’inflazione. In particolare, più di qualcuno pensava che i modi B potessero essere dovuti all’effetto delle polveri contenute nella nostra galassia (per esempio, vedi qui).
La collaborazione BICEP2 aveva affermato che, in base ai dati, la probabilità di una contaminazione galattica era altamente improbabile. In base ai dati, per l’appunto: ed è proprio qui che si cela il problema.

Quelli utilizzati dal team di BICEP2 erano dati preliminari del satellite Planck (che studia la radiazione cosmica di fondo) riguardanti la polvere della Via Lattea. La parola “preliminari” dovrebbe far sorgere qualche dubbio: analisi successive fornite dal team di Planck, infatti, portano a credere che quei dati sottostimerebbero il contributo della polvere galattica. Nel momento in cui si “sottraggono” quei dati dalla mappa della radiazione cosmica di fondo i modi B permangono, ma non c’è più la certezza che costituiscano la prova dell’inflazione cosmica.

Queste considerazioni hanno portato a una parziale “marcia indietro” da parte della collaborazione BICEP2.
L’articolo definitivo, uscito su Physical Review Letters,  ha un tono decisamente più cauto rispetto a quello dell’annuncio trionfale dato a marzo. Nell’abstract si legge, riguardo ai modelli da loro utilizzati per stimare il contributo della polvere galattica: “Questi modelli non sono sufficientemente vincolati da dati pubblici esterni da escludere la possibilità di un’emissione da parte delle polveri abbastanza intensa da spiegare l’intero segnale in eccesso”.

Insomma, il segnale dei modi B è ancora statisticamente significativo e pertanto il claim originale rimane, ma indebolito quel tanto che basta da doverne riconoscere la possibilità di errore.
L’unico modo per dirimere la questione, a questo punto, è portare avanti l’analisi dei dati di Planck, i cui risultati dovrebbero essere pronti entro la fine di ottobre. Ma c’è di più: sul tavolo c’è anche la possibilità di una collaborazione Planck-BICEP2 finalizzata proprio a dare una risposta quanto più certa alla comunità scientifica.
Jan Tauber, project scientist di Planck, rivela: “Stiamo ancora discutendo i dettagli, ma l’idea è di uno scambio di dati tra i due team e produrre un articolo in collaborazione”.

HideArticoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Euclid, una missione per comprendere l’espansione dell’Universo

il lancio della missione Euclid

Sono stati rilasciati i primi dati raccolti con il telescopio Euclid, una delle missioni più ambiziose dell'ESA. L'astrofisico Matteo Miluzio ci racconta il progetto, portandoci nel dietro le quinte di una missione spaziale.

Nell'immagine: il lancio di Euclid, avvenuto nel 2023. Crediti: Space X/ESA. Licenza: ESA Standard License

Il 19 marzo 2025 è stato reso pubblico sul sito dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) il primo lotto di dati ottenuti dal telescopio Euclid, che ha osservato una porzione di cielo fornendo, già alla prima osservazione, informazioni estremamente dettagliate di oggetti sia vicini che molto distanti.