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Il futuro della ricerca scientifica italiana: Ilaria Capua

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Ilaria Capua, la strong lady della ricerca scientifica è entrata nel mondo politico. Sarà candidata infatti in Veneto per la lista "Con Monti per l'Italia". Con l’illustre virologa discutiamo alcuni dei dieci punti sulla politica della ricerca sottoposti dal Gruppo2003 a partiti e movimenti politici che si candidano alla guida del Paese.

Come è nata l’idea di “salire” in politica?

La situazione in cui mi trovavo era paradossale, il mancato trasferito alla Torre della Ricerca di Padova, mi aveva delusa e amareggiata. Durante le vacanze natalizie insieme alla mia famiglia valutavamo la possibilità di andare via dall’Italia, per poter incominciare una nuova avventura. Poi il 6 gennaio è arrivata la telefonata del Presidente Monti che mi ha chiesto se ero disposta a spendere le mie energie per cercare di cambiare alcuni meccanismi obsoleti e farraginosi del nostro Paese. Un cambiamento era nell’aria e ho deciso di mettermi in gioco. Questo potrebbe essere l’ennesimo ma forse ultimo tentativo che proverò a fare per il bene della ricerca italiana.  

Come si può migliorare la ricerca nel nostro Paese?

C’è bisogno di un cambiamento culturale. La ricerca italiana deve essere finanziata da bandi competitivi. Se si è iperselettivi, premiando così il merito, i bravi ricercatori saranno motivati e incentivati a dare il massimo a scapito di coloro che si sono accontentati. Mettendo in funzione questo meccanismo sarà data la possibilità ai più capaci di accedere ai grant internazionali più prestigiosi, portando così enormi benefici al sistema Paese. Nel resto del mondo funziona così.  Ma oltre a premiare il merito bisogna snellire il sistema, eliminando lacci e lacciuoli che ostacolano lo sviluppo. Non possiamo rimanere incollati alla burocrazia, bisogna garantire agli attori principali della ricerca una gestione dei fondi più veloce ed efficiente. Responsabilizzare i Principal Investigators e svincolarli da regole tutte italiane. Si deve introdurre una valutazione della ricerca all’interno degli atenei, composta da revisori stranieri così da poter verificare chi produce realmente.

Come migliorare l'attività dell'ANVUR?

A mio avviso l’ANVUR ha iniziato un cambiamento, che scuote le colonne sui cui poggia un determinato sistema. E’ criticato dai nostri ricercatori super competitivi, perché considerato troppo compromesso, ma anche, da quella popolazione di ricercatori che hanno, per loro demerito, una poca visibilità a livello internazionale. D’altronde un cambiamento di questo tipo richiede tempo e assestamento .

Competitività Internazionale e Premialità: 
E’ d’accordo nel selezionare un numero limitato di atenei e centri di ricerca dotandoli di risorse adeguate a portarli al livello dei migliori nei ranking internazionali?

Bisogna fortificare l’eccellenza, lì dove ci sono gruppi competitivi si deve avere un occhio di riguardo. La proposta di dedicare la maggior parte dei finanziamenti a un numero limitato di atenei che sono in linea con gli standard internazionali potrebbe essere una buona soluzione. Non dobbiamo rimanere fermi aspettando che la situazione si faccia irreparabile, bisogna cambiare e per farlo ci si deve ispirare anche e soprattutto a sistemi migliori del nostro. A cambiamenti così radicali ci si può arrivare con la condivisione e attraverso passaggi graduali oppure ci si arriva per forza, quando si tocca il fondo.

Cabina di Regia:
Per quanto riguarda il settore biomedico, le charities come Telethon e AIRC dimostrano che “si può fare”. Si potrebbero utilizzare, come esempio, queste organizzazioni private non-profit? 

Sicuramente possono essere dei modelli da seguire. L’organizzazione privata di queste charietes, deve essere un esempio, per poter creare un tipo di gestione maggiormente competitiva. Nel resto del mondo funziona così, basta vedere il Wellcome Trust.

Come si può favorire il trasferimento tecnologico?

Il 7° Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Unione Europea, prevede che  per alcuni bandi nel settore biomedico circa il 30% dei finanziamenti vada alle piccole e medie imprese, perché non lo facciamo anche noi? Bisogna vincolare una parte di questi finanziamenti al  trasferimento tecnologico e un'altra parte alla protezione intellettuale, se un progetto non prevede la creazione di un brevetto o il passaggio della tecnologia prodotta alle SME, allora deve essere considerato meno competitivo degli altri, nell’ambito di quel bando.

Attrattività e Rientro dei Cervelli

Il movimento dei cervelli è fisiologico. Oltre a cercare di far tornare i nostri migliori talenti, dobbiamo però incominciare ad attrarre anche giovani ricercatori stranieri. Non è possibile che in Italia i gruppi di ricerca siano al 100% italiani- significherebbe che i più bravi al mondo sono i nostri. I nostri gruppi di ricerca, hanno bisogno per poter crescere della presenza di persone che provengono da altri Paesi, con loro carico di qualità, esperienza e soprattutto diversità. Oltre alla lingua che determina un grande ostacolo, parte del rifiuto nel venire a fare ricerca in Italia è causato dalla barriera costituita dai titoli di studio equipollenti e dalla sempre presente burocrazia italiana. Per quanto concerne il ritorno dei nostri talenti, dobbiamo dare loro un futuro. Non devono tornare solo per avere una “semplice” cattedra, ma bisogna metterli nelle condizioni di poter crescere, di puntare in alto. Il loro obiettivo deve essere quello di pubblicare e d’aumentare sempre più la propria credibilità a livello internazionale.

Giovani, Capaci e Meritevoli.
Il cosiddetto “Capitale Umano” costituisce la vera ricchezza del Paese. Il Sistema Paese sta perdendo una generazione di ricercatori a causa della scarsità delle risorse e l’inaffidabilità dei percorsi di carriera.

Parlo della mia esperienza, i giovani che entrano a far parte della mia équipe di ricerca vengono forniti di tutti i mezzi necessari, hanno l’opportunità di lavorare in un laboratorio che permettere loro di crescere, inoltre viaggiano così da relazionarsi con i migliori scienziati del settore. Dopo però qualche anno, devono essere in grado di trovare da soli la propria strada, cercando di vincere dei finanziamenti. La ricetta dunque per aiutare i giovani meritevoli, dovrebbe essere innanzitutto dare loro molte opportunità, farli viaggiare per poter confrontarsi a livello internazionale, cercando di  valorizzarli, devono poter discutere le proprie ricerche durante i meeting internazionali davanti a platee prestigiose e competenti. Dopo aver dato loro tutto questo, allora li dobbiamo responsabilizzare, facendogli prendere le redini della ricerca. Non dimentichiamocelo, il mestiere del ricercatore non è per tutti.

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