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Come l’economia della conoscenza può aiutare l’ambiente

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Nonostante la richiesta della qualità ambientale continui a crescere nel nostro Paese e nel mondo, l'impatto assoluto delle azioni umane sull'ambiente è anch'esso in forte aumento. Di conseguenza ne aumenta il consumo e quindi l’impatto sull’ambiente. L'impatto sull'ambiente dipende dunque da quanti siamo, da quanto ognuno di noi consuma e dalla qualità del consumo, concetto che si traduce in un'equazione: I=PAT dove I sta per impatto ambientale dell'intera economia umana, P per popolazione, A per affluenza (consumo pro capite) e T per impatto ambientale per unità di consumo.
Consapevoli di questo, è fondamentale creare un'economia della conoscenza basata sulla cultura del riuso e del risparmio che consenta di agire sia sulla variabile A che sulla variabile T. In molti paesi europei è stato già raggiunto con anticipo l'obiettivo indicato nella direttiva dei rifiuti della Commissione Europea  di recuperare il 50% dei rifiuti domestici entro il 2020 (Addirittura stime del 2011 riportano che Austria, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Svizzera, recuperavano già al tempo circa il 60%.

L'Italia con il suo 35% è ancora ben lontana dal traguardo. Ma il problema più grosso in questo paese resta il massiccio ricorso alle discariche. Nonostante gli obiettivi dell'Unione Europea prevedessero un limite massimo del 50% di rifiuti destinati alla discarica entro il 2009, nel 2010 l'Italia era ancora a quota 54%.

Fonte: “Rapporto rifiuti urbani 2013

Oltre a preoccuparsi della destinazione dei rifiuti, per un futuro sostenibile è fondamentale sposare la filosofia del “non spreco” e dell'utilizzo di materiali compostabili per la costruzione di nuovi materiali. Viviamo in una società basata sullo spreco, sull'aggressione e sulla distruzione delle risorse della natura e abbiamo bisogno di un rapido cambiamento.
Pietro Laureano
, consulente UNESCO esperto di risorse idriche, è fermamente convinto che anche lo spreco delle risorse più “semplici” e preziose come l'acqua dovrebbe essere attentamente monitorato. In un'intervista rilasciata a “Non Sprecare” spiega che sarebbe urgente un sistema che recuperi e raccolga acqua piovana e acqua di scarto.
Rieducare la nostra società a un modello meno consumistico e distruttivo, all'utilizzo migliore di risorse rinnovabili (si pensi all'energia solare) e fare in modo che i prodotti entrino a far parte di un ciclo continuo è fondamentale.
Il desiderio e l'impegno per la qualità ambientale non mancano ma non sono sufficienti. È necessaria una politica basata sull'economia della conoscenza per incrementare la circolazione di informazioni e migliorare il comportamento ecosostenibile dei cittadini italiani.

Esistono, infatti,  già numerose associazioni e iniziative volte alla sensibilizzazione del riuso e vaste sono le ricerche sui materiali riciclabili e sui metodi di riciclaggio. Il 22 maggio, per esempio, a Roma è stato firmato il Contratto Quadro tra Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e Cobat (Consorzio nazionale raccolta e riciclo) per l'individuazione di soluzioni innovative e processi di lavorazione sicuri che consentano il recupero completo degli accumulatori al litio, materiale con cui è costituita la quasi totalità delle batterie che alimentano i telefoni cellulari e le auto elettriche o ibride di ultima generazione.

 GIULIA MAFFEI


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L’Europa è impreparata per affrontare i rischi climatici

Alluvione

Sebbene l’Europa sia il continente che sta registrando i più rapidi aumenti delle temperature a livello globale, al momento è impreparata ad affrontarne le conseguenze. I rischi climatici minacciano molteplici ambiti: sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la salute dei cittadini. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), molti di questi rischi hanno già raggiunto livelli critici, che potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi rapidi. Il report European Climate Risk Assessment (EUCRA) evidenzia come la combinazione tra i pericoli climatici e i pericoli non climatici accresca complessivamente i rischi economici, sociali e ambientali a cui la collettività è esposta. Inoltre, il report mette in luce i collegamenti tra diversi rischi e la loro capacità di diffondersi sia da un settore a un altro sia da una regione all’altra.

Photo by Kelly Sikkema on Unsplash

Il primo marzo scorso l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) ha pubblicato i risultati della prima valutazione europea dei rischi climatici, European Climate Risk Assessment (EUCRA). Il report evidenzia che le politiche e gli interventi di adattamento adottate in Europa non procedono con la stessa rapidità con cui stanno evolvendo i rischi climatici.