fbpx I nostri politici e la ricerca (abbandonata) | Scienza in rete

I nostri politici e la ricerca (abbandonata)

Primary tabs

Read time: 3 mins

Di quello che vorrebbe fare chi vincerà le elezioni per uscire dalla crisi si sente parlare molto poco. Di formazione dei giovani e ricerca poi non ne parla proprio nessuno. Ma aiutare la scienza è l’unico modo per tornare a crescere e lo è specialmente per noi senza materie prime e con un costo del lavoro così alto. Negli Stati Uniti la crisi economica è diventata un’opportunità per far avviare progetti che altrimenti non sarebbero mai partiti. E lo stesso si sta facendo in India, Vietnam, Brasile, Cina e persino in Egitto. L’Italia con meno ricercatori di tutti i paesi avanzati e meno soldi di tutti sta ormai per uscire dal giro dei paesi che contano e così i giovani di talento di solito vanno all’estero. Si sono fatte varie leggi per farli tornare, una peggio dell'altra. E’ sbagliato: lasciamoli là gli scienziati che hanno avuto successo all’estero, per fortuna ci sono loro a supplire alle carenze delle nostre Università, sono loro che ospitano nei loro laboratori tanti che dopo aver provato a fare scienza per emergere o anche solo per trovare un lavoro hanno dovuto andar via. Invece dovremmo fare di tutto per rendere competitivi i nostri laboratori e offrire agli scienziati dell’Europa, ma anche dell’Asia e degli Stati Uniti di venire loro da noi. Per questo però servono soldi e li si deve spendere bene. Come si fa in pratica? Basta darli direttamente ai ricercatori, quelli davvero bravi sono i primi ad avere interesse a usare bene le risorse (anche solo per riuscire pubblicare i risultati delle loro ricerche nelle riviste di maggior prestigio).  

Mi è capitato di chiedere un giorno al direttore del Lancet, Richard Horton, perché l’Inghilterra sia così avanti rispetto a noi. “E’ semplice, i nostri politici investono molto in ricerca, per ogni sterlina che spendono tornano indietro 0.39 sterline all’anno”. “Per quanto?” chiedo “per sempre”.  

E’ con questo spirito che gli amici del Gruppo 2003 hanno preparato le loro dieci domande ai nostri politici. Risponderanno? Forse sì o forse no. Domenica scorsa, intanto, a Bergamo Mario Monti ha inaugurato proprio qui la sua campagna elettorale. Perché proprio a Bergamo e perché proprio al Kilometro Rosso? Non lo so. Certo per la causa della ricerca è un gran bel segnale. Chissà se anche Monti risponderà alle dieci domande, certo continueremo a chiederlo anche agli altri candidati, a tutti, nessuno escluso.  

Horton mi diceva ancora: “I vostri ricercatori all’estero sono molto considerati dalla comunità scientifica. Vuol dire che gli italiani se gli dai la possibilità si fanno valere e quei pochi che riescono a fare ricerca in Italia sono altrettanto bravi”. E’ vero, per numero di lavori sottomessi alle grandi riviste di scienza e di medicina l’Italia è quasi sempre ai primi posti, quarta o quinta di solito, dopo Stati Uniti, Inghilterra, Cina e qualche volta Giappone. Peccato che negli ultimi 30 anni nessuno di quelli che ci hanno governato è stato all’altezza dei nostri scienziati migliori. Destra e sinistra hanno sempre litigato su tutto tranne che sulla scienza a cui non ha mai pensato proprio nessuno.  

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Parliamo di etica e agricoltura sostenibile

etica e agricoltura sostenibile

Negli anni '70, l'agronomo Giovanni Haussmann criticava l'approccio produttivistico dell'agricoltura industriale, che trascurava gli equilibri ambientali, sostenendo la necessità di una nuova etica che integrasse conoscenza e rispetto per la natura, un'idea ripresa nel suo libro del 1992, L'uomo simbionte. Oggi, l'importanza di un'etica agroecologica è sempre più riconosciuta, e sempre più necessaria per affrontare le sfide ambientali e socio-economiche globali.

Crediti immagine: John Reed/Unsplash

Negli anni ’70 del secolo scorso, per concludere il libro Suolo e Società, l’agronomo Giovanni Haussmann scriveva: «La conoscenza isolata dall’etica diventa ambigua. Una mentalità soggiogata da ideali di arricchimento e di benessere materiale, le cui risorse naturali hanno unicamente da far le spese, non è la più disponibile ad ascoltare la voce della natura». Il capitolo conclusivo, intitolato L’uomo simbionte. Per un nuovo equilibrio fra suolo e società non venne pubblicato, probabilmente perché ritenuto, per varie ragioni, non appropriato per un’opera scientifica.