fbpx L’Arsenale quattrocentesco sepolto, ritrovato e risepolto | Scienza in rete

L’Arsenale quattrocentesco sepolto, ritrovato e risepolto

Primary tabs

Read time: 2 mins

A Savona un grande Arsenale fu fatto costruire da Galeazzo Maria Sforza Duca di Milano in relazione ad una politica di potenza mediterranea immaginata dal Duca. I lavori avviati nel 1472 furono completati nel 1473. Eretto su progetto degli ingegneri ducali Bartolomeo da Comazzo, lodigiano, e Benedetto Ferrini, fiorentino, era tutto racchiuso da mura, rinforzate dalle due torri angolari “del Soccorso” e da almeno altre tre torri: il recinto rettangolare delle mura misurava oltre 200 metri per 75. Nel 1476 vi si trovavano immagazzinate ventisei galee da 54 banchi. 

Negli anni seguenti le mareggiate, ma forse ancor più la morte del Duca e la ribellione di Genova, portarono gli Sforza ad abbandonare l'impresa, che si stava dimostrando sempre più onerosa e difficile, di mantenere in Savona il loro forte Arsenale.

      

L'edificio, visibile nella stampa (posteriore ma relativa al 1507) nella zona a sinistra lungo la spiaggia sotto la rocca del Priamàr, perse ogni sua funzione marinara e fu utilizzato solo come opera fortificata durante avvenimenti bellici nel 1478 e del 1488, per essere infine completamente abbandonato.    

Gli scavi hanno riportato alla luce parecchi basamenti dei pilastri che sorreggevano le “cassine”, i grandi edifici dove venivano ricoverate nei mesi invernali le galee: l’Arsenale poteva contenere fino a 30 galee ed era presidiato da una guarnigione di 40-50 soldati ducali, comandati da un Conestabile. Della struttura sono state riportate alla luce, dopo quasi 500 anni, cinque campate di pilastri, più alcuni pilastri isolati di altre campate (parecchi sbancamenti sono stati effettuati in modo incontrollato). Modificando in modo opportuno il progetto della nuova strada-galleria portuale (rivelatasi poi di grande costo e di irrilevante utilità), si sarebbe potuto realizzare un grande ambiente collegato col già esistente parco archeologico compreso tra corso Mazzini e la Fortezza sul Priamàr, dove sarebbero rimasti visibili i resti dell’Arsenale Sforzesco e dove si sarebbe potuto anche realizzare un’efficace esposizione permanente sui mille anni della cantieristica ligure. 

Invece i resti sono stati sepolti sotto la nuova strada-galleria e sotto un grande palazzo, ultimo volume dell’immenso progetto Bofill (170.000 m3) che ha pesantemente modificato, con giganteschi palazzi residenziali, l’antica fisionomia della darsena portuale.

Sotto alla galleria artificiale della strada d'accesso al porto è stato ricavato un locale lungo circa 70 metri e largo 3-4 metri (alto solo 2,2 metri), dove sono conservati i resti di un tratto della cortina muraria fortificata lato-mare. Questo spazio è, purtroppo, oggi inaccessibile.

La zona dell’Arsenale è coperta da un tunnel, dal cantiere di un palazzo e da un prato che copre un’autorimessa, su cui è stato disposto un reticolo di sezioni di pilastri per ricordare l’antica costruzione 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.