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Ricette dal paleolitico

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In una vignetta di Alex Gregory apparsa sul New Yorker, due cavernicoli si domandano come mai la loro aspettativa di vita sia di circa trent’anni nonostante non ci sia inquinamento dell’aria, l’acqua sia pulita, facciano esercizio fisico tutti i giorni e tutto quello che mangiano sia a chilometro zero. Tutti gli ingredienti, insomma, che oggi vengono indicati per una vita lunga e sana. 

Come vivevano i nostri progenitori

Lo stile di vita e le abitudini alimentari delle specie umane che hanno convissuto sulla Terra nel Paleolitico stanno infatti tornando di moda anche ai giorni nostri, diventando un vero e proprio modello da seguire. Loren Cordain, nutrizionista americano esperto in evoluzione, promuove la paleo-dieta, una scelta alimentare basata sulla nostra costituzione genetica. Secondo la sua ipotesi, il nostro genoma si sarebbe evoluto all’interno di popolazioni di cacciatori-raccoglitori che dovevano adattarsi a numerosi cambiamenti ambientali. Con l’introduzione dell’agricoltura e dell’industrializzazione, si sarebbero verificate delle trasformazioni così rapide del nostro regime alimentare da non permettere un adattamento genetico. Per questo motivo l’uomo moderno, pur avendo un’aspettativa di vita migliore dei nostri antenati, soffrirebbe di malattie croniche tipiche della “civilizzazione”, quali ipertensione, diabete, cancro e carie. Per tornare perciò ad avere una costituzione sana dovremmo seguire la dieta per cui siamo geneticamente predisposti. La paleo-ricetta prevede infatti un alto contenuto proteico e di fibre, l’assunzione di grassi monoinsaturi, polinsaturi e omega-3, vitamine, minerali, antiossidanti e potassio, escludendo i carboidrati, i latticini e tutti i cibi introdotti dopo l’invenzione dell’agricoltura.
La teoria di Cordain viene però contestata sia per l’associazione tra l’insorgenza di patologie non trasmissibili e un’alimentazione sbagliata per il nostro organismo, sia per la possibilità di applicare oggi questo tipo di dieta. Per capire meglio in cosa consiste la vera paleo-ricetta e quando sono nate queste patologie dobbiamo tornare indietro di circa 3 milioni di anni e seguire l’evoluzione dell’uomo fino alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori che vivono ancora oggi sulla Terra.

Cibi paleolitici

Tra 2,5 milioni e 10 mila anni fa, sul nostro pianeta hanno convissuto almeno cinque specie umane differenti tra loro, di cui solo una comprendeva i nostri antenati diretti. L’Homo sapiens è comparso in Africa circa 200 mila anni fa. Grazie a una notevole capacità di adattamento e un cervello in grado di produrre un pensiero simbolico, aveva iniziato a migrare. In Medio Oriente venne in contatto con i Neanderthal (Homo neanderthalensis), lo testimonia il 2% delle sequenze geniche di questa specie che portiamo ancora oggi nel nostro DNA. Spostandosi poi in Asia incrociò l’Homo erectus, la cui comparsa risale a circa 2 milioni di anni fa. Infine al confine con la Mongolia conobbe i Denisoviani. Su un’isola tra l’Indonesia e l’Australia proliferava invece indisturbato l’Homo Floresiensis, separato dalle dinamiche di incroci che si stavano svolgendo sui continenti.
I nostri antenati, trovandosi in ambienti molto eterogenei, dipendevano da diverse fonti di cibo. La loro dieta era basata su piante, insetti e una piccola quantità di animali. L’aumento del consumo di carne è stato introdotto solo 2 milioni di anni fa quando l’Homo erectus, utilizzando utensili di pietra, aveva iniziato a cacciare, anche se la sua alimentazione dipendeva ancora in parte dalle piante. Specie marine, lacustri e fluviali sono state un’importante fonte di cibo per l’Homo sapiens e probabilmente hanno avuto un ruolo nell’evoluzione del cervello di questa specie.
La vera svolta però è avvenuta con l’introduzione della cottura. Secondo uno studio pubblicato su Pnas, la carne cotta fornisce molta più energia di quella cruda. Inoltre, non dovendo più scomporre una grande quantità di fibre, lo stomaco umano si è notevolmente ridotto.
La capacità di adattarsi ha influito notevolmente sull’evoluzione della specie umana. Dopo l’arrivo dell’agricoltura si è verificata una riduzione della massa corporea e dell’attività fisica e altre caratteristiche sono state acquisite nel corso dei secoli. Una mutazione genetica casuale ha permesso di digerire il lattosio, donando un vantaggio evolutivo nelle popolazioni che la possedevano. Allo stesso modo sono cambiati la flora intestinale, il colore della pelle e la resistenza ad alcune patologie.

“Nuove” antiche malattie

Le malattie non trasmissibili sembrano avere un’origine molto antica. Uno studio su The Lancet evidenzia la presenza di aterosclerosi in una popolazione pre-agricola. L’aterosclerosi è una patologia causata dal deposito di lipidi, in particolare colesterolo, sulla parete dei vasi sanguigni che può portare all’occlusione delle arterie. La sua insorgenza viene solitamente associata allo stile di vita e alla dieta di un individuo, infatti si instaura spesso in seguito a ipertensione, diabete e obesità. Thompson e i suoi colleghi hanno analizzato cinque mummie aleute, una popolazione indigena tipica delle isole Aleutine in Alaska, i cui discendenti oggi vivono in Russia. Tre di queste presentavano evidenti segni di aterosclerosi sull’aorta, le coronarie, l’arteria femorale e tibiale. Gli Aleuti erano prevalentemente cacciatori di animali marini, carnivori, che utilizzavano il fuoco per cuocere la carne, seguivano perciò una perfetta dieta paleolitica eppure soffrivano di aterosclerosi.
Un altro articolo pubblicato nel 2013 su evidenzia che le popolazioni arcaiche di cacciatori-raccoglitori soffrivano di carie. La carie dentale è attribuita al consumo di alimenti vegetali ricchi di carboidrati fermentabili che favoriscono le infezioni da batteri cariogeni. La sua diffusione è stata perciò associata all’introduzione delle prime coltivazioni. Lo studio dello stato dei denti di 52 adulti vissuti fra i 15.000 e 13.700 anni fa, sepolti nella necropoli delle Grotte des Pigeons a Taforalt nel Marocco orientale, ha dimostrato che il 51,2 per cento di questi soggetti presentava carie. Analizzando oggi una popolazione industrializzata con una dieta ricca di zuccheri raffinati e cereali trasformati, troveremmo un simile risultato.
Anche il cancro ha origini antiche, viene descritto per la prima volta in un papiro nel 2625 a.C. da Imhotep, un medico egiziano. Diversi paleontologi hanno poi trovato tumori o segni lasciati da essi in mummie. Luis Leakey, l’archeologo che portò alla luce Lucy, uno dei più antichi scheletri umani, trovò una mascella del  4000 a.C. con segni di un linfoma (non confermato dai patologi). Se questa scoperta fosse vera permetterebbe di classificare il cancro come una delle malattie più antiche.
“La scoperta più eclatante non è che il cancro non esisteva già in un passato remoto, ma il fatto che era piuttosto raro” spiega Siddhartha Mukherjee, professore di medicina alla Columbia University, nel suo libro “L’imperatore del male, una biografia sul cancro” con cui ha vinto il premio Pulitzer nel  2011. Anche le malattie cardiache, l’obesità e il diabete non erano così comuni. Perché? Semplicemente le persone non vivevano abbastanza a lungo per ammalarsi di patologie non trasmissibili. Dovevano infatti affrontare molte malattie patogene che l’igiene, i farmaci e le misure sanitarie attuali hanno reso trascurabili nei paesi industrializzati. 

Cosa ci insegnano le società tradizionali

La durata della vita media era, ed è tuttora nelle popolazioni di cacciatori-raccoglitori ancora esistenti, inferiore a quella di chi vive nei paesi più sviluppati. Queste popolazioni, come nella vignetta di Alex Gregory, presentano una costituzione più snella e muscolosa, perché svolgono molta attività fisica per procacciarsi il cibo, risultano meno soggetti a patologie non trasmissibili, ma sono maggiormente colpiti da parassiti, virus e batteri.
La loro alimentazione esclude alte quantità di sale e cibi raffinati. Ma anche nelle società tradizionali di cacciatori-raccoglitori vi è una notevole varietà di alimenti, dettata dalla disponibilità del territorio, dimostrandoci che non esiste una vera e propria paleo-ricetta. L’evoluzione e le società tradizionali ci spiegano però come l’uomo sia in grado di adattarsi ai cambiamenti, anche dal punto di vista genetico.
L’evoluzione è un processo altamente discontinuo, caratterizzato dalla nascita e dalla scomparsa di equilibri.
Il nostro genoma sta cambiando, come la nostra alimentazione, e anche se nelle nostre società c’è inquinamento dell’aria, l’acqua è contaminata, la vita è diventata più sedentaria e gran parte di quello che mangiamo deriva da un processo industriale, ci stiamo adattando a questa nuova condizione e viviamo molto più a lungo dei nostri predecessori.

 di Laura Barbalini


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