La fusione fredda torna a far parlare di sé. Il protagonista degli ultimi risvolti della vicenda di Andrea Rossi e Sergio Focardi (scomparso di recente) si chiama R5: é il prototipo di un reattore analogo all'E-Cat di Rossi, non altrettanto popolare ma con il quale condivide un percorso comune. Per capire di cosa stiamo parlando è utile però fare qualche passo indietro.
Da Fleishmann a Rossi
Fusione fredda (cold fusion) è il nome che Martin Fleishmann e Stanley
Pons scelsero nel 1989 per battezzare il fenomeno osservato in una cella
elettrolitica con cui annunciarono a una conferenza all'Università di Salt Lake City di aver ottenuto una reazione nucleare a basse
temperature tra atomi di idrogeno e di nichel. Scelta che si rivelò, a
detta dello stesso Fleishmann, incauta. Finora, infatti, non c'è stata nessuna
verifica sperimentale definitiva che confermi e spieghi un fenomeno che ha poco a che fare, in realtà, con la fusione nucleare calda, se non per il principio di ottenere energia attraverso la
trasformazione di due nuclei atomici. Occorrono milioni di gradi kelvin nel
caso delle reazioni di fusione nucleare, mentre per la cosiddetta fusione
fredda servirebbe molta meno energia e temperatura quasi ambiente, grazie a un catalizzatore (generalmente
palladio). Sarebbe più corretto, a detta di molti, parlare di reazioni LENR
(Low Energy Nuclear Reactions).
Ciononostante, anche forse per l'impatto comunicativo della formula 'fusione
fredda', la scoperta ha continuato col
tempo a caricarsi delle speranze di una rivoluzione energetica risolutoria dei
fabbisogni mondiali. Diversi sono stati i tentativi di replica delle prove di
Fleishmann e Pons, i centri di ricerca nati con l'obiettivo di studiarla, come
il Glenn Research Center della Nasa, e le polemiche sollevate attorno al caso
- fin da subito, con le critiche
sull'affidabilità della pubblicazione del 1989.
In Italia, la fusione fredda è
legata ai nomi di Francesco Scaramuzzi dell'ENEA di Frascati e a Giuliano
Preparata dell'Università di Milano.
Da qualche anno è però l'Energy CATalyzer di Rossi e Focardi (che aveva
iniziato gli studi con Francesco Piantelli) il riferimento più immediato quando
si parla di fusione fredda. L'ingegnere bolognese ha annunciato in diverse
occasioni di essere riuscito a produrre
energia termica in eccesso con il suo reattore, con il rilascio di particelle
di rame e nichel e senza ulteriori scorie residue. Tutto questo in autonomia, in
modalità homemade, nei capannoni dell'industria di famiglia, l'EFA srl. Mentre è
cresciuta la schiera di sostenitori e curiosi che vogliono saperne di più,
anche la ricerca 'ufficiale' ha iniziato a rivendicare chiarezza. E' stata l'Università di Bologna a chiedere insistentemente di aprire la scatola
dell'E-Cat, coperta però da segreto industriale, anche in vista di un accordo
fatto con un'azienda greca, la Defkalion, che avrebbe sancito poi la rottura (è il 2011) del patto con l'EFA di Rossi.
Scatola chiusa, ma in diretta web
Mentre Andrea Rossi annunciava un nuovo partner industriale e una nuova data di
produzione in massa di E-Cat, lo scorso 22 luglio si è celebrato l'ennesimo
esperimento alla presenza di testimoni. Sotto i riflettori, anzi le telecamere,
è finito l'R5, prodotto proprio dalla Defkalion: dai laboratori della Defkalion
Europe di Milano e in streaming web ospitato da Triwù, sono stati effettuati due test sul reattore: il primo per
giornalisti, il secondo, il 23 luglio, alla presenza di tecnici, tra cui Luca
Gamberale e il giornalista scientifico del NY Teknik Matts Lewan. Durante la trasmissione, l'R5 è stato fatto funzionare per più
di un'ora, per mostrare le caratteristiche del reattore e le differenze rispetto
all'E-Cat, soprattutto, a detta dei tecnici, per ciò che riguarda i parametri
di sicurezza del dispositivo.
Dalle telecamere del web non è arrivata però
nessuna novità rilevante e molti sono i dubbi ancora irrisolti, tra cui le
tecniche di misura utilizzate e le caratteristiche della reazione osservata. I
pochi dettagli tecnici disponibili a conclusione dei test si possono consultare
proprio nella pagina personale di Lewan, il quale si è mostrato moderatamente
entusiasta, e nel protocollo Defkalion disponibile: energia
termica di 5,5 Kw di picco di potenza emessa a fronte di 1,3 Kw di
alimentazione del dispositivo. La fonte di alimentazione del dispositivo, va
detto, non è stata ancora dichiarata ufficialmente.
Per la stessa ragione, lo stesso Rossi ha ricevuto una nuova ondata di critiche
all'inizio
di giugno, in base ai dati di una
dimostrazione 'indipendente' pubblicata su arXiv (piattaforma di pubblicazione open access e libera dalle responsabilità del peer review,
ma che continua ad essere citata come prova dell'attendibilità degli
esperimenti).
Stavolta, qualche dubbio è stato
fatto pervenire subito, in diretta, anche dagli spettatori dalla conferenza
Iccf-18, in Missouri - dedicata interamente alle novità sulla cold fusion
- collegati in diretta streaming. Alcuni di questi hanno fatto sapere di non
apprezzare molto l'assenza di tecnici super partes per il controllo delle
operazioni, e il fatto che le osservazioni fossero ancora una volta a scatola
chiusa. Gli organizzatori si sono subito affrettati a precisare che gli
esperimenti e la diretta avevano uno scopo puramente dimostrativo/espositivo,
senza la pretesa di essere un test rivelatore di qualcosa di specifico. Far
vedere la macchina in funzione e non come e se funziona, insomma.
Se nessuna conferma è arrivata dell'efficacia delle reazioni Lenr del
concorrente, ex alleato di Rossi, l'evento ha offerto però una nuova occasione
per riportare alla luce un dibattito finora relegato a un ambiente di addetti
ai lavori e curiosi. Da molti mesi i due reattori attirano l'attenzione della
ricerca scientifica e, soprattutto, della ricerca industriale che ne protegge gelosamente il segreto in attesa di accordi commerciali soddisfacenti.
Il dibattito e le polemiche sui due tipi di congetture ("è una
rivoluzione", "e' una bufala") hanno raggiunto una fetta più
ampia di pubblico a caccia di notizie e di osservatori esperti forse anche grazie all'evento organizzato da Triwù, con
l'evidente vantaggio della diretta:
"L'intento non era quello di far vedere che funziona e come, ma far
vedere presso un largo pubblico una cosa di cui si sente parlare da molto
tempo" ha dichiarato Gamberale a Moebius-Radio 24 durante la trasmissione del 4 giugno "Grazie al pubblico che è intervenuto in diretta abbiamo constatato delle
criticità, che ci hanno spinto a rivalutare le procedure di misura".
Un nuovo episodio mediatico sulla fusione fredda potrebbe a questo punto essere utile a chiarire alcuni aspetti del dibattito. Viste altre recenti querelle che toccano il dialogo tra scienza e società, con la fusione freddda si potrebbe investigare fino a che punto, per esempio, il pubblico si fida davvero delle 'scatole chiuse' e quale differenza c'è, se c'è, tra queste. In questo scenario si potrebbe azzardare facilmente, infatti, il collegamento a un altro tipo di pubblico, forse più rumoroso, come quello del Caso Stamina. In entrambi i casi si tratta di fiducia conquistata con suggestione mediatica, non supportata fino in fondo da conferme scientifiche, e con promesse che hanno a che fare con fattori chiave della qualità di vita (salute e energia pulita, sebbene sia meno immediata la percezione di quest'ultima come "vitale").
Forse non c'è da aspettare molto, perché c'è chi intanto ha già sfidato Defkalion a replicare l'esperimento (leggi qui).