fbpx L'albero si è... seccato | Scienza in rete

L'albero si è... seccato

Primary tabs

Read time: 3 mins

Una nuova ricerca, pubblicata online dalla rivista Nature (21 novembre 2012), fornisce una spiegazione della base fisiologica che pone a rischio la sopravvivenza degli ecosistemi forestali a seguito di cambiamenti climatici. 

Lo studio mette in evidenza come la maggior parte degli alberi, compresi quelli che crescono nelle foreste pluviali, utilizzi il proprio sistema idraulico in condizioni prossime ai limiti di sicurezza, rendendoli vulnerabili agli episodi di aridità estrema o prolungata. Questa scoperta spiega come il declino degli ecosistemi forestali indotto da episodi intensi di aridità si stia verificando non solo nelle regioni più aride, ma anche nelle foreste normalmente non considerate a rischio in quanto diffuse in aree più umide. 

I 24 scienziati coinvolti, tra i maggiori esperti mondiali nel campo del bilancio idrico delle piante, tra questi, Andrea Nardini del Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste hanno raccolto tutti i dati scientifici esistenti relativi alle misure della resistenza all’embolia delle diverse specie di alberi a livello globale. 

Uno dei principali problemi che le piante incontrano durante episodi di aridità, infatti, è il mantenimento dell’integrità funzionale del loro sistema vascolare che può essere compromessa dalla formazione di bolle d’aria (un’embolia simile a quella che può bloccare il sistema circolatorio umano). Quando il suolo diventa arido, la tensione cui è sottoposta l’acqua nel sistema vascolare diventa molto elevata, fino a portare alla rottura della colonna d’acqua nei vasi della pianta. Questo fenomeno, detto “cavitazione”, causa la formazione di bolle d’aria nel sistema vascolare, che bloccano il trasporto dell’acqua dal suolo alle foglie. Quando lo stress idrico è intenso o prolungato, l’embolia si accumula e si propaga nel sistema vascolare portando le piante verso  disseccamento e morte.

Il database prodotto ha messo in evidenza che le specie che crescono nelle foreste umide sono meno resistenti all’embolia rispetto a quelle che crescono in regioni con scarse precipitazioni. Tuttavia, quando la vulnerabilità all’embolia viene confrontata con la disponibilità di acqua tipica per l’habitat di ciascuna specie, emerge chiaramente come la maggior parte degli alberi utilizzi il proprio sistema di trasporto dell’acqua al limite della soglia di rischio per la propagazione dell’embolia, rendendo tutti gli alberi altamente vulnerabili a episodi di aridità estrema, indipendentemente dal loro habitat di origine. Quindi, anche se la vulnerabilità all’embolia è molto variabile nelle diverse specie di alberi, la loro vulnerabilità all’aridità è sostanzialmente la stessa in tutti gli ecosistemi forestali.  

Questa scoperta spiega come mai il declino degli ecosistemi forestali indotto da episodi intensi di aridità si stia verificando non solo nelle regioni più aride, ma anche nelle foreste normalmente non considerate a rischio in quanto diffuse in aree più umide. Sembra quindi che gli alberi abbiano sviluppato una strategia idraulica "rischiosa", che bilancia le opposte esigenze di accrescimento e protezione dal rischio di mortalità, ma si traduce in ridotti margini di sicurezza.

Per gli alberi, e quindi per il pianeta, le conseguenze di eventuali periodi anomali di aridità e/o di elevate temperature sono potenzialmente drammatiche. Per esempio, un rapido collasso delle foreste causato dall’aridità potrebbe convertire questi ecosistemi da depositi di carbonio a grandi aree di emissione di CO2. Tuttavia, i risultati dello studio non indicano necessariamente un imminente futuro apocalittico per le foreste a livello globale. Le foreste potrebbero rispondere ai cambiamenti climatici in molti modi, solo alcuni dei quali sono ben compresi. Per esempio, alcune specie di alberi potrebbero mostrare fenomeni di acclimatazione e adattamento rapidi in un determinato habitat, oppure colonizzare nuovi ambienti, alla ricerca delle condizioni migliori per la loro sopravvivenza. La sopravvivenza degli alberi dipenderà in larga misura dal tempo che le diverse specie avranno a disposizione per rispondere ai cambiamenti, e quindi dalla velocità degli stessi. (A.G.)

Global convergence in the vulnerability of forests to drought”. Nature online, 21 novembre 2012, DOI: 10.1038/nature11688 
Link all’abstract: http://dx.doi.org/10.1038/nature11688 


Autori: 
Sezioni: 
Dossier: 
Indice: 
Clima

prossimo articolo

Tumore della prostata e sovradiagnosi: serve cautela nello screening con PSA

prelievo di sangue in un uomo

I programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi. Un nuovo studio lo conferma.

I risultati di un nuovo studio suggeriscono che i programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato (con tutte le conseguenze delle cure) un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi.