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L'Onu istituisce l'Ipbes

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La tutela della biodiversità è uno dei temi principali che terrà banco alla conferenza di Rio.
Uno dei limiti che ha impedito di frenarne efficacemente la perdita a livello globale è il gap tra addetti ai lavori, scienziati e politici. Al fine di colmare questo gap, le Nazioni Unite hanno istituito l’Ipbes (intergovernmental science policy platform on biodiversity and ecosystem services), una nuova piattaforma intergovernativa sulla scia dell’Ipcc, il panel di esperti sui cambiamenti climatici.

La missione dell’Ipbes è duplice: mettere in collegamento scienza e politica e incentivare i decisori politici ad agire in base alle migliori conoscenze scientifiche disponibili. La sua costituzione ufficiale è avvenuta in occasione del meeting di Panama tenutosi dal 15 al 21 aprile 2012, dopo sette anni di negoziati. Al meeting hanno preso parte 270 delegati in rappresentanza di 103 paesi, tre organizzazioni intergovernative e 21 organizzazioni non governative. Il Segretariato dell'Ipbes avrà sede a Bonn, in Germania, e sarà l'Unep a occuparsi inizialmente nella sua amministrazione.

Le Nazioni Unite puntano sull’Ipbes come nuovo organismo di riferimento globale in materia di biodiversità e di servizi ecosistemici, riconosciuto sia dai politici che dagli scienziati. L’obiettivo è di cercare di superare le frammentazioni delle diverse organizzazioni e iniziative che lo hanno preceduto. La sfida che l’Ipbes si troverà a dover affrontare sarà importante ma per nulla agevole. La tutela della biodiversità è stata finora ostacolata soprattutto dalla scarsa comprensione a cui è soggetta. Gli stessi governi ammettono che una grave lacuna a livello politico sia proprio l’incapacità di trattare adeguatamente questa problematica. La missione iniziale sarà quindi quella di stimolare un migliore scambio di dati e di conoscenze tra la comunità scientifica e i decisori politici.

Un primo importante banco di prova per valutare le potenzialità dell’Ipbes ci verrà offerto dalla conferenza di Rio, che sarà organizzata dalla nuova piattaforma, e avrà luogo a vent’anni di distanza dall'apertura alla firma della Convenzione sulla diversità biologica.

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Biodiversità

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Negli anni '70, l'agronomo Giovanni Haussmann criticava l'approccio produttivistico dell'agricoltura industriale, che trascurava gli equilibri ambientali, sostenendo la necessità di una nuova etica che integrasse conoscenza e rispetto per la natura, un'idea ripresa nel suo libro del 1992, L'uomo simbionte. Oggi, l'importanza di un'etica agroecologica è sempre più riconosciuta, e sempre più necessaria per affrontare le sfide ambientali e socio-economiche globali.

Crediti immagine: John Reed/Unsplash

Negli anni ’70 del secolo scorso, per concludere il libro Suolo e Società, l’agronomo Giovanni Haussmann scriveva: «La conoscenza isolata dall’etica diventa ambigua. Una mentalità soggiogata da ideali di arricchimento e di benessere materiale, le cui risorse naturali hanno unicamente da far le spese, non è la più disponibile ad ascoltare la voce della natura». Il capitolo conclusivo, intitolato L’uomo simbionte. Per un nuovo equilibrio fra suolo e società non venne pubblicato, probabilmente perché ritenuto, per varie ragioni, non appropriato per un’opera scientifica.