Orsi, camosci, foche, ma anche grifoni e falchi pescatori. Sono questi i 'big five' che hanno fatto il loro ritorno in grande stile nelle nostre montagne, sulle nostre coste, nei nostri mari, grazie alla ricerca scientifica e alle conoscenze sul campo acquisite e applicate nelle aree protette italiane. Dalla reintroduzione del leggendario grifone dall’apertura alare di quasi tre metri nel Parco dei Nebrodi in Sicilia, alla quinta colonia stabile di camoscio appenninico nel Parco del Sirente Velino, passando per il falco pescatore, che nidifica in Maremma ormai da tre anni. E poi ancora gli orsi dell’Adamello Brenta, la foca monaca che fa sempre più spesso capolino dalle grotte dell’isola siciliana di Marettimo.
Sono oltre 1.700 le ricerche selezionate, tra i 4.000 studi scientifici realizzati nel grande laboratorio open air offerto dal sistema delle aree protette italiane: 6.000 chilometri percorsi, 54 esperti e tecnici coinvolti e 23 persone di riferimento sul territorio. Numeri e storie importanti legati all’eccellenza scientifica italiana che sono stati presentati oggi durante il Convegno "I Parchi incontrano la scienza": otto sessioni sulla ricerca (mare, geologia, foreste, specie aliene, ambienti acquatici, anfibi e rettili, uccelli, mammiferi) a cui è seguita tavola rotonda con il Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare Andrea Orlando, il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, l’economista dell’Università LUISS Stefano Landi, il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, coordinati dallo zoologo Luigi Boitani.
“I parchi non sono conservazione statica, ma anche ricerca scientifica applicata al ritorno della massima biodiversità possibile nella penisola", spiega il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri. "La ricerca è parte essenziale dell'innovazione legata al territorio che è il 'marchio di fabbrica' della green economy. E la ricerca italiana in campo ambientale ed ecologico è tra le più interessanti, dal punto di vista dei risultati gestionali delle aree protette e in generale della biodiversità. Non dimentichiamo che il nostro è il Paese europeo più ricco di specie animali e vegetali: se c'è un patrimonio di cui dobbiamo andar fieri è proprio quello naturale”.
"Le aree protette hanno dimostrato una notevole capacità di realizzare progetti e azioni per proteggere la natura”, ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza presidente nazionale di Legambiente. “E’ merito dei parchi se oggi alcune di queste specie prioritarie non sono più a rischio e altre sono state reintrodotte con successo, e soprattutto se il nostro è tra I Paesi più ricchi di biodiversità in Europa".
Durante il convegno sono stati presentati alcuni esempi di eccellenza, a testimoniare il successo di tutela e ricerca. Tra questi, il ritorno del Grifone in Sicilia, dove era considerato ormai estinto dagli anni sessanta. Scomparso a causa dei bocconi avvelenati disseminati all’epoca legalmente sul territorio, è oggi possibile di nuovo osservarlo mentre sorvola i Nebrodi, la più grande area protetta della Sicilia. Risiedono ormai sull’isola 30 coppie, originarie da alcuni esemplari reintrodotti dalla Spagna.
Dopo le colonie del Parco Nazionale d’Abruzzo, del Gran Sasso, della Majella e dei Monti Sibillini, ilcamoscio appenninico è tornato a correre anche nelle valli del Parco Naturale del Sirente Velino. Il risultato di un sofisticato progetto di ripopolamento che ha compreso la cattura e il rilascio di gruppi di esemplari da un territorio all’altro, dopo aver condotto studi importanti sia sul possibile adattamento di questi grandi mammiferi al territorio e l’applicazione di metodi di cattura e spostamento che non danneggiassero né l'animale né il branco.
Un’ottima riuscita anche per il progetto su falco pescatore, un raro rapace presente in Corsica che da tre anni viene osservato nidificare anche nel Parco della Maremma. Assenti in Italia a partire dagli anni sessanta, questi affascinanti uccelli che si procurano il cibo in mare sono studiati e tutelati grazie a sofisticate tecnologie di ripresa a distanza, che permettono di seguire la vita dei nidiacei fin dalle prime ore di nascita.
Altra specie considerata pressoché estinta in Italia è la foca monaca: mammifero marino estremamente elusivo e sensibile che, grazie a politiche di tutela e gestione della pesca artigianale nell’area marina protetta delle Egadi è stato nuovamente osservato nelle grotte della piccola isola siciliana di Marettimo, oltre ad alcuni sorprendenti avvistamenti in Alto Adriatico.
Alla fine degli anni 90 solo 3-4 orsi bruni erano rimasti sulle montagne del Gruppo Adamello Brenta. Dopo un intervento di rilascio di 10 esemplari, la popolazione è cresciuta fino ad arrivare a una trentina di animali e si registrano nuove cucciolate ogni anno. L’obiettivo della tutela è ripristinare l’equilibrio che già esisteva sulle Alpi: la presenza di predatori è indice quindi di un ambiente sano, di una catena alimentare ricca e di varietà nel numero di specie presenti (biodiversità). Prosegue, inoltre, il fenomeno di migrazione spontanea di orsi che provengono principalmente dalla Slovenia.
Ma la ricerca scientifica sulla natura italiana non registra solo i casi di successo e le reintroduzioni. Meno rassicurante è infatti la situazione che viene disegnata dagli esperti per quanto riguardal’invasione di specie animali e vegetali provenienti da altri territori, ma che ben si adattano ai climi mediterranei. Gli scienziati sono all’opera per censire e arginare nell’isola di Montecristo e nel Parco Regionale dell’Adda Nord. La bioinvasione di specie alloctone, ossia non originarie, è infatti considerata oggi la seconda causa di perdita di biodiversità, dopo la distruzione degli habitat. Basta pensare che è stata stimata per questo motivo la scomparsa del 50% delle specie di uccelli dal 1500 a oggi.
Ufficio Stampa SilverBack