Planck, il satellite dell' Agenzia Spaziale Europea (ESA),
mappando la radiazione cosmica di fondo, il cosiddetto eco del Big Bang, ci sta
inviando da anni immagini veramente affascinanti del nostro Universo.
Una di queste meravigliose "fotografie"
è stata utilizzata dal critico d'arte cubano Gerardo Mosquera come prima opera
della mostra "Perduti nel Paesaggio", presente al Mart di Rovereto
fino al 31 Agosto.
La scelta di questa immagine come apertura della mostra non
è casuale, ma anzi essa è stata una delle fonti di ispirazione di Mosquera stesso
nella creazione dell'esposizione. Questo perché è un'immagine che disorienta, facendo
pensare a un Universo finito quando sappiamo però che esso è in continua
espansione.
L'altro punto di riferimento nella costruzione di "Perduti nel
paesaggio" è una frase di Calvino, quando ne "Le città invisibili"
fa dire a Marco Polo che "il
viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e
che non avrà". Una citazione che ci racconta di un viaggiatore globale che
spostandosi non può fare a meno di identificarsi con i luoghi che ha di fronte,
anche se magari non li vedrà mai più.
Le ispirazioni di questa mostra sono quindi solo
apparentemente distanti: una "fotografia" proveniente da un satellite
e una frase tratta da un'opera letteraria che hanno in comune da una parte un
sentimento di smarrimento, di finitudine,come ama dire la direttrice del Museo
trentino, Cristiana Collu, e dall'altra la voglia di appropriazione del
paesaggio e di conquista del mondo.
Attraverso le molte fotografie, le belle opere pittoriche e le varie
installazioni, questa mostra ci vuole proprio portare per mano
nell'esplorazione del rapporto tra uomo e paesaggio, un rapporto inscindibile
in cui il paesaggio non esiste senza l'uomo che lo osserva e lo plasma, ma allo
stesso tempo l'uomo non esiste senza di esso.
Si tratta quindi di una concezione moderna di paesaggio, sganciata dalla
perfezione e dalla narrazione classica: stiamo parlando di un mondo in cui naturale e artificiale sono un tutt'uno, per
cui un panificio visto dall'alto, fotografia di Alain Paiment, è un paesaggio
così come è lo la visione di una Beirut lacerata, nelle immagini dei primi anni
Novanta di Gabriele Basilico.
E se lungo il percorso espositivo attraverso questo rapporto tra uomo e paesaggio, tutte queste opere così diverse e globali, frutto del lavoro di più di sessanta artisti provenienti da tutto il mondo, vi faranno sentire persi vorrà dire che la mostra ha raggiunto anche un'altro dei suoi obiettivi. Quello di far riappropriare il visitatore della consapevolezza che, come scrive Cristiana Collu, "non esiste dunque paradiso che non sia perduto [...] Ma è in questa dimensione residua che siamo costretti a muovere i nostri passi, in uno spazio aperto, non edificato, in cui è possibile costruire, lasciare un segno tangibile della nostra misura".
Per approfondire:
http://mart.broadcaster.it/media-news-releases/perduti-nel-paesaggio-imm...
http://mart.broadcaster.it/media-news-releases/gerardo-mosquera-intervis...
https://www.youtube.com/watch?v=L53Ovjq69d4