Il nome del chimico francese Charles
Frédéric Gerhardt (Strasburgo, 1816-1856), associato a quello del
connazionale Auguste Laurent (La Folie 1808 – Parigi, 1853),
richiama alla mente degli specialisti la teoria dei tipi. Secondo tale teoria le molecole organiche
sarebbero formalmente derivate da pochi raggruppamenti atomici fondamentali. La
teoria dei tipi non ebbe, a dire il vero, molta fortuna ma contribuì a far
progredire la sintesi organica.
Anche Gerhardt ottenne nuovi
composti, mai fabbricati prima in laboratorio.
Uno di questi fu l’acido
acetilsalicico, il farmaco noto con il nome di Aspirina. Quello che il francese
ottenne nel 1853 non era propriamente il prodotto che usiamo oggi. Era troppo impuro
e la sintesi dell’epoca era svantaggiosa in termini di resa, priva d’interesse
dal punto di vista commerciale. Fu grazie ai contributi dei tedeschi Adolf
Hermann Kolbe (1818-1884) e Karl Johan Kraut (1829-1912) che la sintesi fece
passi in avanti, fino a trovare in una piccola azienda fondata nel 1856 da
Friedrich Bayer il terreno ideale per svilupparsi e portare ad un prodotto
adatto all’impiego terapeutico. Gli artefici di questo successo furono il
farmacologo Heinrich Dreset e il chimico Felix Hoffmann.
L’Aspirina ebbe subito
un enorme successo e si pensa che anche il nome, snello e gentile, vi abbia contribuito non poco. Ma da dove
viene questo nome? L’acido salicilico si trova nella corteccia del salice e
anche in una pianta che si chiama spirea olearia. I tedeschi, per brevità,
parlavano di spir-saure, da cui acetyl-spirsaure. Tolto –cetyl e sostituito il ruvido -saure con il suffisso dei farmaci –ina, ecco
l’Aspirina.
Questa e altre storie di farmaci
importanti (cortisone, antibiotici, antivirali) si leggono in questo
interessante volumetto del chimico Pellegrino Musto, dirigente di ricerca
presso l’Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri (CNR-Napoli).
Il
sottotitolo di un libro svolge generalmente una funzione esplicativa del titolo
principale e quello delle “Avventure molecolari” è: “Alla scoperta della
chimica tra farmaci, droghe e veleni”.
In effetti, visto che il capitolo introduttivo
sulla realtà molecolare è seguito, nell’ordine, da uno dedicato alle molecole
per la vita, poi da uno dedicato a quelle per la morte (tossine naturali e
sintetiche) e infine alle molecole stupefacenti (eroina, cocaina, anfetamine,
LSD ecc..), si tratta di un sottotitolo azzeccato. Con qualche collocazione che fa discutere, come il
paragrafo “sesso e molecole” inserito nel capitolo degli stupefacenti, ci sono
frequenti riscontri con le voci che appaiono frequentemente anche tra le
notizie di richiamo della stampa quotidiana. Le molecole, infatti, come scrive
Musto nel “prologo”, non sono soltanto il pane quotidiano dei chimici ma da
qualche tempo sono entrate a far parte a pieno titolo dell’immaginario
collettivo. Nella pubblicità e nella fiction
si parla abitualmente di molecole. È
stato coniato perfino il termine “cucina molecolare”, derivata dalla
“gastronomia molecolare”, una vera e propria disciplina scientifica.
La prima
si è fatta strada anche Italia a partire dagli anni ’90 e dispone del suo “Manifesto”
redatto dal fisico Davide Cassi e dal cuoco Ettore Bocchia nel 2003. A queste si aggiunge la “cosmetica molecolare”
e pure quella “biomolecolare”, particolarmente attive nel campo dei prodotti
anti-età. Si parla quindi, un po’
dappertutto, di molecole. Come scrive Musto: “le molecole sono protagoniste
assolute dei nostri difficili tempi”. Per
questo è necessario informare in maniera più precisa il lettore interessato al
di là della sua maggiore o minore dimestichezza con la cultura scientifica. A
questo punto però bisognava scegliere di cosa parlare. La materia, come dice
Musso, è sterminata. Più che una disciplina è un vero e proprio scibile. Per
delimitare il campo l’Autore ha accuratamente selezionato alcune molecole sulla
base dell’impatto che hanno nella nostra vita quotidiana. Purtroppo la scelta
operata, in sé comprensibile, rischia di far passare un’idea della chimica
sbilanciata a favore delle applicazioni nocive alla salute. Se due capitoli su
tre sono dedicati alle molecole che fanno male, viene da pensare che se non
fossero mai uscite dai laboratori sarebbe un vantaggio per tutti. Insomma, come
in un telegiornale dei nostri giorni, anche in questo libro le cattive notizie
prevalgono su quelle buone e finiscono per metterle in ombra.
Per preparare il lettore ad affrontare gli argomenti, Musso ha collocato in apertura un capitolo che espone le basi della chimica organica. Nella “realtà molecolare” cerca di dare le nozioni essenziali relative ad atomi, elettroni, legami, aromaticità, gruppi funzionali e isomeri, spingendosi fino alle proteine. Forse è un po’ troppo e così il libro rischia di avere scarso richiamo su coloro che di chimica sanno poco o nulla.
L’Autore si occupa di spettroscopia molecolare, una tecnica indispensabile per studiare e fabbricare le molecole. Anche per questo, forse, ha deciso di chiudere il libro con un capitolo intitolato “Cacciatori di molecole”, in cui descrive per sommi capi le principali tecniche di spettroscopia molecolare: IR, Raman ed NMR. Completa il quadro con tre pagine dedicate alla spettrometria di massa e alla cromatografia. Si è lodevolmente sforzato, in fin dei conti, di non trascurare alcunché per rendere fruibili al pubblico dei non-chimici le storie raccontate ma resta il dubbio se non sia meglio, anche nella divulgazione scientifica, porsi obiettivi più limitati e procedere con maggior gradualità.