fbpx Il barometro della biodiversità | Scienza in rete

Il barometro della biodiversità

Primary tabs

Tempo di lettura: 2 mins

In un articolo pubblicato sulla rivista Science, un gruppo di ecologi, capeggiati da Edward O. Wilson della University of Harward e da Simon Stuart, presidente della Species Survival Commission dell'IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), propone alla comunità scientifica un importante progetto per la salvaguardia ambientale, la creazione di un “barometro per la vita”.

Come il barometro serve a misurare la pressione atmosferica, così il barometro della vita dovrà misurare la perdita di biodiversità sul nostro pianeta. Con l'aiuto di vari scienziati provenienti da tutte le parti del mondo, il progetto vuole raccogliere in un database tutte le informazioni necessarie a identificare lo stato di conservazione di circa 160mila specie, considerate come le più rappresentative degli ecosistemi ambientali e appartenenti sia al regno degli Animali, Vertebrati e Invertebrati, sia a Piante e Funghi.

E' solo una piccola parte dei circa 2 milioni di specie finora conosciute e catalogate, soprattutto se si considera che rimangono ancora da identificare, secondo gli studiosi, almeno altri 8 milioni di specie sconosciute, senza poi considerare batteri e archea, che ammontano forse a decine di milioni di specie. Ma l'idea vuol rappresentare un primo inizio per un approccio diverso, finalizzato alla protezione della biodiversità.

L'obiettivo principale che si propongono gli ideatori è riuscire ad invertire il trend di conservazione delle specie da negativo in positivo, con beneficio per tutta l'umanità, come afferma lo stesso Simon  Stuart.

Purtroppo, a causa dei cambiamenti climatici, dell'inquinamento e dello sfruttamento antropico si verifica sempre più spesso che alcune specie si estinguano prima ancora di essere scoperte.

Attualmente, l'unico sistema di monitoraggio per le specie a rischio è la Lista Rossa dell'IUCN, che ha finora stimato lo stato di circa 48mila specie.

La lista però ad oggi non è una buona indicatrice dello stato di salute degli ecosistemi, perchè incentrata troppo sui cordati, specialmente mammiferi, uccelli e rettili e al contrario molto carente su invertebrati, piante e funghi, che costituiscono la stragrande maggioranza delle specie viventi ad oggi classificate.

Lo stesso Stuart, che sovrintende alla compilazione della Lista Rossa, ammette che solo la metà di tutti i vertebrati e una piccola percentuale di piante, invertebrati, funghi e alghe sono stati valutati, ed inoltre le specie marine, d'acqua dolce e di ambienti aridi sono scarsamente coperte.

Il biobarometro si propone di ridistribuire adeguatamente queste proporzioni tra i 4 maggiori gruppi tassonomici, per divenire un utile strumento di indagine scientifica, rappresentativo della biodiversità.

Tutto ciò ricade, non a caso, nell'Anno Internazionale della Biodiversità, inaugurato a Berlino lo scorso gennaio dalle Nazioni Unite. La perdita di biodiversità non è più solo un problema che riguarda l'ambiente ma ad essa è legata la nostra stessa sopravvivenza su questo splendido pianeta.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Scatti virali, un pericolo per la natura?

Le foto naturalistiche sui social possono essere armi a doppio taglio per la natura. Se da un lato aiutano a sensibilizzare e informare, dall’altro, soprattutto se diventano popolari, possono contribuire a un sovraffollamento in luoghi sensibili, con impatti su piante, animali e habitat protetti. Foto: Tiger Temple, Kanchaniburi, mattmangum/Flickr.

I social sono alleati o amici della tutela della natura? E cosa succede quando un luogo naturale diventa virale sulle piattaforme social? Niente di buono, secondo un articolo dal titolo ironico, Liked to Death ("Piaciuti fino alla morte") pubblicato lo scorso novembre sulla rivista Science of the Total Environment, che punta il dito contro la nostra ossessione per la condivisione di immagini accattivanti online.