Ormai è noto quanto è accaduto in uno dei rami del Parlamento italiano in merito al testamento biologico, ovvero, con nome più roboante, alle “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”.
Ha detto qualcosa il cittadino? E’ stato sentito il suo parere in modo non banale? Oppure si è attuata la politica del “Close the door. Design a policy. Roll it out. Reject criticism”? Ma fermiamoci su un aspetto perlomeno bizzarro della legge (ve ne sono molte di bizzarie, come quella concernente la necessità di rinnovare ogni 5 anni le decisioni), segnatamente sull’art.4, comma 1: “Le dichiarazioni anticipate di trattamento non sono obbligatorie […]”, e sull’art. 7 comma 1: “Le volontà espresse dal soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento sono prese in considerazione dal medico curante che, sentito il fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno”.
Siamo sicuri che a un cittadino piaccia veramente l’idea che dei legislatori (alcuni dei quali non rappresentano nessuno, visto che sono stati chiamati lì attraverso il “listino” approntato dai capi partito) abbiano deciso che egli possa fornire indicazioni su come spendere le ultime fasi della sua vita, ma che queste (pur non contro una qualche legge) non siano affatto vincolanti? Siamo sicuri che sia contento di lasciare tutto nelle mani del medico che trova?
Tutto va bene se ne trova uno che le pensa condivisibili e quindi le mette in atto. Ma se ne trova uno a cui non piacciono? Semplice, non le vedrà rispettate. D’altronde, questo modo di procedere è abbastanza solito qui da noi: se sei fortunato tuo figlio trova un bravo insegnante, altrimenti … beh sfortuna; se si fortunato trovi un bravo medico, altrimenti … beh sfortuna; se sei fortunato trovi un dipendente della pubblica amministrazione gentile e desideroso di aiutarti, altrimenti … beh sfortuna. Insomma, sembra che si abbia il diritto ad avere un buon insegnamento (che si paga), ma tutto dipende da chi si trova; che si abbia il diritto ad avere una buona sanità (che si paga), ma tutto dipende da chi si trova; che si abbia il diritto di avere una buona amministrazione (che si paga), ma tutto dipende da chi si trova. E adesso si ha pure il diritto di indicare come si vorrrebe concludere la propria vita … ma tutto dipende da chi si trova.
Certo, molto flessibile come sistema – come qualcuno sicuramente avrà l’ardire di commentare -, ma un po’ desolante per un cittadino che vorrebbe vedere istanziato un suo diritto, specie relativamente alla sua morte.
Certo, sembra molto liberale: come tu hai diritto, in nome dei tuoi ideali religiosi e filosofici, di dire come vorresti concludere la tua esistenza, così il medico, in nome dei suoi ideali religiosi e filosofici, ha diritto a non metterli in atto. Ma l’istituto dell’obiezione di coscienza non funziona proprio così, o almeno non dovrebbe. Così si uccide solo la libertà.
A questo proposito vorrei ricordare che già verso la metà del ‘600, un signore, chiamato John Locke, vi aveva riflettuto in uno scritto intitolato Epistola de Tolerantia. Poneva il problema se un dipendente dello stato, quale può essere un medico di una struttura pubblica, possa rifiutarsi di applicare le leggi in nome dei suoi principi filosofici o religiosi. Ebbene il vecchio Locke sosteneva che si deve distinguere fra il dipendente in quanto uomo e in quanto pagato dallo stato. In quanto uomo poteva avere tutte le opinioni che voleva, ma in quanto dipendente doveva ubbidire alle leggi dello stato. E se trovava una legge intollerabile per il suo senso religioso o filosofico? In tal caso aveva due possibilità: la implementava lo stesso o si dimetteva, abbandonando posizione e stipendio. La nostra terza possibilità (si permette ad alcuni di non osservare la legge ma di mantenere posizione e stipendio) non era nemmeno contemplata in quanto evidentemente immorale.
Insomma, se c’è una legge, questa deve valere per tutti. Ora, non solo noi abbiamo leggi che ammettono esplicitamente l’obiezione di coscienza, ma da adesso sembra vogliamo pure introdurre una legge in cui si attribuisce un diritto a dei cittadini per poi abbandonarlo ai credi religiosi e morali di chi dovrebbe implementarlo. Ossia si afferma: “Tu hai il diritto formale di morire come vuoi, ma a questo non corrisponde un tuo diritto sostanziale certo; tutto dipende da chi trovi!”. Dopo una forma liberticida di libertà di coscienza, ora abbiamo anche una situazione in cui l’istanziazione di un diritto è randomizzata: bizzarra interpretazione dell’universalità della legge e bizzarra interpretazione del rapporto fra diritto formale e diritto sostanziale.
Ma d’altronde abbiamo voluto noi in nostri bizzarri legislatori (anzi li han voluti i partiti che li hanno messi nel “listino”: bizzarra forma di democrazia, la nostra).
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