«Brava!». È con un
entusiasmo per nulla malcelato che il direttore di Nature, in un editoriale pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica inglese, ha salutato
l’attività di Senatore a Vita della Repubblica espletata dalla biologa Elena
Cattaneo.
Quel «Brava!» si riferisce all’insieme del lavoro di
sensibilizzazione scientifica svolto in Senato nei diciotto mesi di attività
parlamentare della scienziata (Elena Cattaneo è stata nominata Senatore a Vita
dal Presidente Giorgio Napolitano il 30 agosto 2013). Ma si riferisce anche e
soprattutto all’indagine conoscitiva promossa dalla stessa Elena Cattaneo e
realizzata dalla 12a Commissione permanente (igiene e sanità) sul
cosiddetto “caso Stamina”.
Il documento conclusivo dell’indagine (relatori
Elena Cattaneo e Luigi D’Ambrosio Lettieri) è stato consegnato alla Presidenza
del Senato lo scorso 2 marzo.
Nature registra con puntualità la netta – anzi, la clamorosa – divergenza tra la
comunità scientifica, le autorità politiche e la magistratura che si è
verificato nel “caso Stamina” e in una serie di altri casi. Una divergenza
inaccettabile che Scienzainrete ha
più volte denunciato. Questa divergenza è
stata rilevata anche dalla commissione senatoriale, che documenta le diverse e
contraddittorie decisioni della magistratura e denuncia le incertezze della
politica, malgrado le chiare indicazioni delle autorità sanitarie: «Il Governo
e il Parlamento non hanno purtroppo saputo tener ferma una posizione da subito espressa
dagli organismi tecnici e di vigilanza preposti alla sicurezza dei farmaci e
dei trattamenti sanitari, cioè AIFA e
NAS».
La possibilità che
questa divergenza si verifichi non è accettabile in un paese con una cultura
scientifica e una cultura media avanzate. Non solo perché crea confusione, ma
anche e soprattutto perché mette a repentaglio la salute e persino la vita dei
cittadini, esposti senza difese efficaci alle campagne di marketing del
ciarlatano di turno.
L’entusiasmo del
direttore di Nature riguarda, dunque,
anche i consigli – delle vere e proprie linee guida per l’intervento del legislatore – proposti dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva dalla
12a Commissione del Senato per mettere fine nel presente ed evitare
in futuro quella condizione di indeterminazione su chi e come decide in Italia
in merito all’utilizzo di pratiche terapeutiche non convenzionali e scientificamente
non fondate.
La relazione finale
della Commissione è chiara a questo proposito: «I riflettori costantemente
puntati sulle cellule staminali come preteso strumento terapeutico devono
portare il Governo, gli scienziati, i medici, gli enti regolatori,
l’amministrazione sanitaria, i bioeticisti e i giudici ad agire in modo
coordinato e costante».
Per eliminare la
divergenze tra comunità scientifica, istituzioni politiche e magistratura sulle
pratiche mediche il documento avanza una serie di proposte, che proviamo a
riassumere. Primo: quando i
giudici sono chiamati a pronunciarsi su richieste di trattamenti terapeutici
non ancora autorizzati, la legittimazione compete al Ministro della Sanità e
alle autorità sanitarie, con la partecipazione obbligatoria del Pubblico
Ministero.
Secondo: anche in tema
di cure compassionevoli, la decisione deve avvenire caso per caso e sempre
sulla base del giudizio delle autorità sanitarie. Terzo: la scelta dei
periti in tribunale deve avvenire, come negli Stati Uniti, sulla base dello
standard Daubert. In poche parole, occorre accertarsi che il perito conosca e
segua le indicazioni della letteratura scientifica internazionale. Quarto: il Ministero
della Salute non deve lasciare solo i malati esposti alle sirene dei
ciarlatani, ma deve realizzare sia specifiche campagne di informazione sia una
rete di assistenza. Quinto: anche i mass
media, che nel caso Stamina come nel caso Di Bella, hanno avuto un ruolo non
secondario, devono fare la loro parte. E seguire regole di deontologia
professionale del tipo di quelle adottate nell’estate 2014 dalla inglese BBC.
Tutte queste proposte sono ragionevoli. E, dunque, meritano un «brave!» a Elena Cattaneo e alla Commissione del Senato che ha realizzato l’indagine conoscitiva. Ora si tratta di tradurre questi consigli in legge.