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Farmaci cannabinoidi e Medical Cannabis
Il 2 maggio il Consiglio regionale della Toscana ha approvato a maggioranza una legge volta a facilitare per i residenti l'uso di farmaci cannabinoidi come coadiuvanti degli oppioidi nellla terapia del dolore e nella terapia palliativa di condizioni croniche debilitanti (AIDS, anoressia, cachessia etc). A tale scopo, le strutture ospedaliere e le ASL provvederanno all'importazione di farmaci cannabinoidi, che saranno somministrati a carico e sotto stretto controllo del sistema sanitario regionale.
Nel frattempo, dall'altra parte dell'Atlantico, la DEA (Drug Enforcement Administration) dà un giro di vite ai dispensari della cosidetta Medical Cannabis, l'uso terapeutico della marijuana e delle preparazioni vegetali di Cannabis. Negli USA la Cannabis è tuttora inserita, in base ad una legge federale, nella Schedule-1 assieme all'eroina e alla cocaina, essendo dotata, secondo l'FDA, l'agenzia del farmaco americana, di proprietà assuefacenti (addictive) e priva di utilità terapeutica adeguata a controbilanciare il pericolo di dipendenza. Ma se per la legge federale americana la produzione, vendita e uso di Cannabis sono proibiti a qualsiasi titolo, in 16 stati americani e nel Distretto di Columbia (che comprende Washington) è consentito la coltivazione e la vendita per il trattamento compassionevole di pazienti in stadio terminale o avanzato di malattie croniche come tumori, AIDS, sclerosi multipla, anoressia etc.
Nel 2011 Obama aveva cercato di attenuare la contraddizione tra la restrittiva legge federale e le permissive leggi degli Stati, fonte di insanabili conflitti legali, invitando i procuratori distrettuali a non applicare la legge federale e quindi a non perseguire penalmente l'uso terapeutico della Cannabis negli Stati dove quest'uso è legale. Tuttavia, come è noto, la legge federale prevale su quella degli Stati. Inoltre, soprattutto in certi Stati più permissivi, come la California, il Colorado, il Michigan e il Montana, la Medical Cannabis è diventata una scorciatoia per produrre, commercializzare e consumare la Cannabis a scopo voluttuario e ricreazionale.
Negli Stati dove è consentito l'uso terapeutico, la Cannabis viene acquistata in appositi Cannabis dispensaries, veri e propri supermercati di tutte le possibili varietà di Cannabis, esibendo una Cannabis Card rilasciata da medici iscritti ad un apposito registro. Questo meccanismo ha consentito la creazione di un enorme business che coinvolge non solo coltivatori, rivenditori e medici ma una miriade di attori secondari, come le ditte che fabbricano i vaporizzatori, i ristoranti che preparano cibi a base di olio e burro alla marijuana, le pasticcerie che confezionano dolci a base di Cannabis etc etc. La diffusione, al di là di ogni realistica esigenza terapeutica e compassionevole della Cannabis negli Stati dove quell'uso è legale, ha convinto Obama a dare un giro di vite all'uso terapeutico della Cannabis.
Ma cosa non funziona nel dispositivo della Cannabis Medica targata USA? La risposta è semplice: il fatto che si sia consentito l'uso a scopo terapeutico di preparazioni vegetali di Cannabis (marijuana, hashish etc). Ciò ha infatti permesso l'assunzione dei principi attivi della Cannabis attraverso il fumo o la vaporizzazione. In pratica, le leggi degli Stati che legalizzano la Cannabis Medica sono di fatto un invito al suo uso voluttuario.
Anche perché il fumo, non assicurando un dosaggio prevedibile e riproducibile del principio attivo della Cannabis, il THC, è un'eresia farmacoterapica. Come è noto, infatti, la quantità di THC assorbita attraverso il fumo varia largamente a seconda del contenuto in THC della preparazione, della presenza o meno di tabacco, della profondità e durata delle inspirazioni, del tempo di permanenza del fumo nei polmoni, in pratica, da una serie di variabili individuali e ambientali che è impossibile controllare. Lo stesso si applica, almeno in parte, alla vaporizzazione, che comunque comporta ancora una volta la dispensazione delle preparazioni vegetali in assenza di controlli sulla modalità del loro utilizzo. Perciò, se è vero che la via inalatoria è la più efficace ai fini dell'assorbimento del THC, il suo dosaggio per questa via non è riproducibile nè prevedibile a priori. Di fatto, nessun trial clinico-terapeutico controllato è mai stato condotto utilizzando preparazioni vegetali di Cannabis somministrate attraverso il fumo o per vaporizzazione.
Se si esclude quindi l'uso di estratti standardizzati di Cannabis (Sativex) che prevedono il dosaggio per applicazione per applicazione spray e l'assorbimento attraverso la mucosa boccale, l'unica via razionale all'uso terapeutico dei cannabinoidi è quello di analoghi sintetici da somministrarsi per via orale, una strada che è stata battuta con successo nel caso degli oppiacei e che ha portato all'introduzione di analgesici narcotici dotati di elevata biodisponibilità per via orale, come il metadone, la meperidina, il fentanil etc etc.
Questa strada è percorribile anche per i cannabinoidi, dato che esiste ormai una lunga serie di analoghi sintetici del THC, potenti e altamente biodisponibili per via orale, alcuni dei quali sono già stati introdotti nel mercato clandestini per fortificare l'efficacia di preparazioni di Cannabis a basso titolo di THC.
Cannabis e rischio sociale
In questo scenario contraddittorio, si inserisce il cambio di politica dell'Olanda, che a ottobre del 2011 aveva inserito nella Tabella degli stupefacenti, e quindi delle droghe pesanti, la marijuana con un titolo di THC superiore al 15% e che ora, a partire dal 1 Maggio di quest'anno, ha proibito la vendita di Cannabis ai non-residenti nelle regioni del Sud e, a partire da gennaio 2013, su tutto il territorio nazionale, Amsterdam compresa. Questa decisione dell'Olanda segue la decisione del Regno Unito del 2009 di riclassificare la Cannabis da sostanza legale (Tabella C) a illegale (Tabella B).
In Italia, la Cannabis, i suoi estratti e principi attivi (delta 8- e delta9-THC) sono inseriti, con l'eroina e la cocaina, nella Tabella 1, in quanto dotati di proprietà assuefacenti.
Il DM 18.04.2007 ha inserito il principio attivo della Cannabis, il THC, il suo isomero, trans-THC, e un suo analogo, il nabilone, nella Tabella 2, nella quale si trovano farmaci capaci di produrre dipendenza, come la morfina, ma dotati di utilità terapeutica. E' da notare che la Cannabis e le sue preparazioni (marijuana, hashish, olio di hashish) sono inseriti in Tabella 1 ma non in Tabella 2, e questo esclude che la Cannabis e le sue preparazioni possano essere vendute e utilizzate per uso terapeutico.
La decisione della Regione Toscana di facilitare l'importazione di farmaci cannabinoidi a fini terapeutici è dunque in linea con la legislazione vigente e non segna una svolta epocale. Anche dal punto di vista terapeutico generale il reale vantaggio terapeutico è molto limitato. I cannabinoidi sono farmaci di seconda linea, utilizzati come terapia complementare di quella basata su farmaci la cui efficacia è comprovata da studi controllati e da una lunga esperienza post-marketing. E' questo il caso della terapia del dolore, per la quale i farmaci di prima linea sono gli oppiacei e i narcotici analgesici mentre i cannabinoidi possono avere, in casi selezionati, il ruolo di adiuvanti, potenziando l'azione dei narcotici analgesici. Lo stesso vale per la terapia della spasticità nella sclerosi multipla, nella quale l'estratto di Cannabis applicato come spray orale, ha mostrato un'efficacia superiore al placebo in trials clinici controllati. Perciò, l'impatto mediatico dell'apertura della Regione Toscana ai farmaci cannabinoidi trascende il piano sanitario e attiene alla politica più che alla medicina.
L'esperienza americana dimostra che la legalizzazione a fini terapeutici della Cannabis, se estesa ai derivati vegetali e non sottoposta ad adeguati controlli da parte del sistema sanitario, costituisce di fatto una scorciatoia per un uso non terapeutico su larga scala. Per questo motivo, la decisione della Regione Toscana di facilitare la dispensazione dei farmaci cannabinoidi, se ristretta alle preparazioni non vegetali (es Sativex) o agli analoghi dei cannabinoidi naturali (es. nabilone) e attuata sotto stretto controllo medico, limitatamente alle patologie e condizioni riconosciute avvantaggiarsi dei cannabinoidi in base a studi clinici controllati, e monitorata per quanto riguarda il possibile uso non-medico, non dovrebbe avere alcuna ricaduta nè conseguenza sul consumo nè sullo status legale delle preparazioni vegetali di Cannabis utilizzate come droga.
In realtà, contrariamente a quanto pensano i sostenitori della Cannabis libera, i due fenomeni, quello dell'uso terapeutico dei cannabinoidi e quello dell'uso ''ricreazionale'' di cannabis sono destinati a divergere, esattamente come è successo per i narcotici analgesici, farmaci dalla doppia identità, proibiti penalmente se prodotti , prescritti e utilizzati a scopo ''ricreazionale' (cioè come droga) ma prescrivibili come analgesici in una serie di condizioni ben codificate. Pertanto, se da una parte i cannabinoidi acquisiscono uno status di farmaci, seppur di seconda linea e destinati a terapie palliative (con i caveat di cui sopra), dall'altra aumentano le restrizioni all'uso voluttuario della Cannabis a causa di un cambiamento della percezione del rischio sociale ad essa associato.
Le ragioni del cambiamento
Questo cambiamento è il risultato di due processi: 1) i progressi scientifici nella conoscenza del meccanismo d'azione della Cannabis, 2) la selezione e l'immissione in commercio di varietà di Cannabis coltivabili in serra o in condizioni idroponiche, che forniscono un titolo di THC (15-20%) 20-40 volte più elevato di quello della Cannabis endemica (0.5-1%).
Per quanto riguarda gli aspetti scientifici, fino agli anni '70 si pensava che il principio attivo della Cannabis, il THC, agisse come l'alcol, modificando lo stato di aggregazione dei lipidi e delle proteine delle membrane dei neuroni grazie alla sua grande liposolubilità. Si scoprì invece che nel cervello dei mammiferi incluso l'uomo esistono siti di legame saturabili e in numero finito, ai quali il THC si lega ad alta affinità ed in modo stereospecifico e la cui distribuzione cerebrale è consistente con i suoi effetti centrali. Nel cervello questi recettori (CB1 e CB2) sono addirittura i più abbondanti della loro categoria (recettori legati a proteine G) superando quelli di ben noti neurotrasmettitori come la dopamina, la serotonina e la noradrenalina. Analogamente ai recettori per la morfina e gli oppiacei, anche i recettori CB1 non si trovano nel cervello umano per poter godere degli effetti gratificanti della Cannabis né per diventare ad essa dipendenti ma perché svolgono un ruolo importante nelle funzioni cerebrali. Esistono infatti una serie di agonisti endogeni dei recettori CB1 (anandamide, 2-arachidonilglicerolo) che si producono localmente per azione di enzimi specifici su lipidi che costituiscono la membrana dei neuroni e della glia (acido arachidonico) e influenzano la trasmissione dell'informazione in specifiche aree cerebrali e in fenomeni di neuroplasticità implicati nell'apprendimento e nello sviluppo cerebrale.
La Cannabis produce i suoi effetti acuti e cronici in quanto il suo principio attivo, il THC, altera la funzione di questo importante sistema centrale che utilizza come mediatori i cannabinoidi endogeni.
Questo ruolo del sistema cannabinoide spiega la relazione, documentata da una serie di studi epidemiologici, della relazione tra precoce consumo di Cannabis ed insorgenza, anche a distanza di molti anni, di psicosi di tipo schizofrenico. Questa associazione non è dovuta a un aumentato consumo di Cannabis da parte di soggeti schizofrenici come forma di automedicazione dato che, come dimostrato da un recente studio prospettico, il consumo di Cannabis precede l'insorgenza dei sintomi psicotici e ne anticipa l'emergenza clinica.
L'elevata densità dei recettori CB1 nei Gangli della Base spiega il fatto che la compromissione della trasmissione endocannabinoide altera il comportamento abituale (habit) basato su schemi motori (skills) appresi attraverso la pratica e spiega la capacità della Cannabis di alterare la guida secondo un percorso abituale. Sotto l'effetto della Cannabis il soggetto cerca di compensare la compromissione della modalità automatica regredendo a una modalità tipica dei principianti, quella goal-directed e dipendente non più da stimoli che precedono l'azione (stimulus-response modality) e ne consentono il rapido e coordinato sviluppo ma dal risultato stesso dell'azione (action-outcome modality) il che rende l'azione inadeguata, lenta e scoordinata, come è appunto quella di chi sta imparando a guidare. L'alcol, che spesso si associa alla Cannabis, compromette preferenzialmente la modalità action-outcome, eliminando così anche questa sorta di default mode e compromettendo gravemente la guida.
Studi epidemiologici mostrano che la guida sotto l'influenza della Cannabis raddoppia il rischio di incidenti mortali e amplifica l'effetto dell'alcol, nel senso che la loro associazione determina un rischio superiore alla somma di ciascun fattore preso individualmente.
Il THC, agendo su recettori CB1 stimola i neuroni centrali che liberano il neurotrasmettitore dopamina in un'area specifica del cervello, la shell del nucleus accumbens, una proprietà comune a tutte le droghe capaci di dare assuefazione e dipendenza nell'uomo. Sostanze che non producono dipendenza psichica, come la caffeina, non possiedono questa proprietà. Da questo punto di vista il THC mostra strette analogie con l'eroina, dato che il suo effetto sulla dopamina e la capacità di essere autosomministrato dagli animali da esperimento e dall'uomo sono bloccate, come quelle dell'eroina, dal naloxone, un antagonista dei recettori oppiacei. Il THC, al contrario dell'eroina, non stimola direttamente i recettori oppiacei ma piuttosto libera oppioidi endogeni e questo spiega il fatto che alcune azioni del THC siano mediate da recettori agli oppioidi.
Il "salto di qualità" della nuova Cannabis
Queste relazioni tra il sistema oppioide endogeno e il principio attivo della Cannabis assumono grande importanza alla luce del secondo fattore determinante il cambio di percezione della pericolosità sociale della Cannabis, e cioè l'immissione in commercio di varietà di Cannabis con un titolo di THC 15-20 volte superiore a quello della Cannabis endemica. L'introduzione di queste varietà ha letteralmente cambiato lo status della Cannabis come droga. E' un po' quello che è successo con l'introduzione dell'eroina al posto dell'oppio o della cocaina base, volatile e da fumare (crack) al posto della cocaina cloridrato da sniffare.
L'introduzione delle varietà di Cannabis da coltura idroponica o in serra (es. skunk) ha svelato la vera natura della Cannabis, come il suo impatto sulla guida, la capacità di indurre dipendenza (con un forte aumento in Olanda e in Inghilterra, dove le varietà tipo skunk sono particolarmente diffuse, dei soggetti richiedenti un trattamento di disassuefazione), la compromissione a lungo termine delle funzioni cognitive e della memoria e infine, l'insorgenza, in individui predisposti, di sintomi schizoidi. Tutto questo era ampiamente prevedibile sulla base delle conoscenze scientifiche sulla Cannabis. Ora, l'ultima frontiera in questo campo è l'introduzione dei derivati sintetici e volatili dei recettori cannabinoidi, che, sotto il nome di Spice,.... potevano essere liberamente acquistati su Internet fino a che non sono stati inseriti in Tabella 1, in compagnia dell'eroina e della cocaina.
Sono passati insomma i tempi dei "Figli dei Fiori", quando la Cannabis era il frutto più dolce del Giardino dell'Eden...