Riprendere in mano un libro che da un po’ di tempo riposava tranquillo nella propria biblioteca è forse il modo migliore per celebrarne il 350° anniversario di pubblicazione ma, volendo essere sinceri, affrontare oggi la lettura de Il chimico scettico di Robert Boyle richiede uno sforzo di volontà. Tuttavia, superati i primi sbadigli e accantonate temporaneamente le questioni filosofiche più contorte, può darsi che alla fine ci si possa ritrovare nella mentalità dell’autore, nell’ingegnosità degli esperimenti, nella limpidezza dei risultati e nelle conclusioni.
Se ciò avviene, vuol dire proprio che The sceptical chymist: or, Chymico-Physical Doubts and Paradoxes del “filosofo naturale” Robert Boyle (Lismore Castle, Irlanda 1627-Londra 1691) ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della scienza moderna, quella che si pratica con ben altri mezzi rispetto alle storte refrattarie di 350 anni fa. A titolo di prova ci si potrebbe soffermare sugli esperimenti condotti con il fuoco per contestare la teoria aristotelica dei quattro elementi e quella paracelsiana dei “tria pria”. Si parla ad esempio di quelli con il legno di guajaco che bruciato a fiamma libera in un camino si decompone in cenere e fuliggine, mentre distillato in una storta si decompone in olio, spirito, aceto, acqua e carbone. Si prosegue, sempre nella prima parte del libro, con la combustione dell’ambra o della canfora, oppure con il riscaldamento di quest’ultima in recipienti chiusi, dell’esposizione al fuoco di miscele metalliche e di sali ecc…
Si può dire, semplificando al massimo, che in quest’opera, stampata a Londra nel 1661 da J. Caldwell per J. Crooke, la teoria e la pratica sperimentale, sostenute dalla filosofia meccanica, si accompagnano a una critica metodologica che porterà a superare il linguaggio e la mentalità alchemica, preparando la strada alla rivoluzione chimica settecentesca. Contiene non solo la filosofia corpuscolare e la definizione di elementi come ingredienti dei quali si compongono immediatamente tutti quanti i corpi considerati perfettamente misti e nei quali questi ultimi vengono in ultimo risolti, ma anche dure critiche verso le metodologie dei chimici (termine con significato diverso da quello odierno) e dei peripatetici. Senza prendere posizione a favore dell'una o dell'altra dottrina, Boyle, notoriamente attratto dal pensiero galileano, critica l'inaccuratezza e l'includenza degli esperimenti analitici, comunemente addotti per dimostrarle. Rigoroso verso gli errori si preoccupa tuttavia di dispiacere il meno possibile alle persone, insegnando come essere patroni della verità, pur senza essere nemici della cortesia.
L’opera è strutturata in forma di dialogo, come il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei. Vi partecipano , oltre al narratore “io”, quattro personaggi: Temistio (sostenitore di Aristotele), Filipono (seguace di Paracelso) Carneade (in cui si riconosce lo stesso Boyle) ed Eleuterio, un libero pensatore. Il dialogo che intercorre tra i diversi personaggi non è diretto, ma raccontato dal narratore che, ogni tanto sembra distinguersi da Carneade. L’artificio appesantisce il testo e ne può scoraggiare ulteriormente la lettura, specialmente da parte dei giovani. In questo modo, vista l’attuale impostazione dei manuali scolastici, Robert Boyle continuerà ancora per molto tempo ad essere noto ai più solo per la nota legge che porta il suo nome e che lega tra loro in maniera inversa la pressione e il volume dei gas. Frutto di ricerche compiute con la macchina pneumatica di realizzata insieme a Robert Hooke e riferite nei New Experiments physico-mechanicall, Touching the Spring of the Air and its Effects (Nuovi esperimenti fisico-meccanici intorno all'elasticità dell'aria e ai suoi effetti, 1660), venne formulata dapprima come ipotesi poi dimostrata sperimentalmente attraverso nuovi esperimenti descritti nella seconda edizione del 1662. E’ detta anche legge di Boyle-Mariotte, perché il francese Edme Mariotte (c. 1620-1684) la scoprì indipendentemente da Boyle, alcuni anni dopo, pubblicando i suoi risultati solo nel 1679 e senza rivendicare alcuna priorità.
Per finire, bisogna aggiungere che l’autore de Il chimico scettico non si occupò solamente di gas, ma anche d’indicatori vegetali acido-base, di misurazioni della densità relativa, di tentativi d’analisi clinica e biochimica. Aveva le disponibilità economiche per fare ricerca indipendente e conduceva i suoi esperimenti in privato retribuendo personalmente i collaboratori, secondo il costume di allora. Altri tempi, non c’è che dire!