fbpx Claude Bernard e la nascita della biomedicina | Scienza in rete

Claude Bernard e la nascita della biomedicina

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Scrivere un libro su un genio della scienza o dell’arte è una sfida ardua. La mole mastodontica del materiale a disposizione e la scelta tra che cosa dire e che cosa tralasciare impone un notevole rigore metodologico sia nella ricerca e valutazione delle fonti, sia nella scrittura. Ancor più se si vuole farne una vulgata, un’edizione leggibile per tutti, specialisti e non.

Questo “Claude Bernard” visto con gli occhi di Fiorenzo Conti, docente di fisiologia all’Università Politecnica delle Marche, risente di queste difficoltà che però supera grazie a un’attenta applicazione dell’autore. In poco più di 150 pagine prende vita la figura del padre della fisiologia moderna e della “biomedicina”, come sottolineato nel titolo.

Se in campo medico siamo i ricercatori che siamo lo dobbiamo soprattutto a questo scienziato francese di cui quest’anno si celebra il bicentenario della nascita, il quale con una naturalezza sconfortante ha rivoluzionato la conoscenza in campo scientifico.

Quando si è di fronte alla storia di un grande uomo si immagina che abbia avuto una vita densa di fatti e d’avventure, ebbene leggendo la prima parte del volume, dedicata appunto a una concisa biografia del ricercatore, si delinea invece la figura di un uomo poco brillante nella vita quotidiana, in rotta con la moglie e con le figlie, senza passioni particolari, con una vita grigia. Ma quando veste i panni del ricercatore l’uomo medio si trasforma e diventa un gigante, capace di vedere ciò che altri non hanno visto, di ipotizzare ciò che altri non hanno neppure lontanamente pensato.

Nella parte centrale del volume si intersecano le cinque tessere (più qualche corollario) che compongono il caleidoscopio inventivo di Bernard. In maniera diretta e senza dubbio chiara l’autore offre di ciascuna un’interpretazione, usando sovente le parole stesse di Bernard. Le cinque tessere sono il determinismo, il celebre milieu intérieur, la sperimentazione animale, il metodo sperimentale e la medicina sperimentale. Non vogliamo privare il lettore del piacere della loro scoperta, ci piace però qui focalizzare l’attenzione sul metodo scientifico, il modo di fare ricerca che ha introdotto Claude Bernard in medicina. E’ senza dubbio questo il suo maggior merito, ancor più delle sue innumeri e importanti scoperte, anche se con velata modestia lui stesso scrive: “Il nostro unico scopo è, ed è sempre stato, quello di contribuire a far penetrare i principi ben noti del metodo sperimentale nelle scienze mediche”. Metodo che non può prescindere, secondo Bernard, dall’osservazione in vivo e quindi dalla sperimentazione animale.

In tempi tanto tribolati per la scienza italiana, in cui monta la protesta popolar-animalista contro gli esperimenti sugli animali, val la pena di rileggere quanto scriveva Bernard, in un secolo, ricordiamolo, in cui c’era ancora la schiavitù e il rispetto per gli animali non era certo quello attuale. E bene fa l’autore del volume a ricordare anche una citazione di un contemporaneo di Claude Bernard, un tale... Charles Darwin: “Temo che in qualche parte d’Europa si sia riservata poca attenzione alla sofferenza degli animali... e in questo caso sarei lieto di apprendere che in questi paesi si intende legiferare contro questa disumanità. D’altra parte so che la fisiologia non può progredire se non attraverso l’esecuzione di esperimenti su animali viventi e ho la forte convinzione che coloro che ritardano lo sviluppo della fisiologia commettono un crimine contro l’umanità”.

Insomma, in questo libro possono trovarsi spunti quanto mai attuali, ma anche e soprattutto una traccia della nostra evoluzione come ricercatori che tanto debbono a Claude Bernard e che in molti oggi, a detta di Conti, neppure sanno chi fosse.

Pietro Dri


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.