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Clima e dintorni in vista di Parigi: siamo tutti climatologi?

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Si apre in questi giorni a Parigi la tanto attesa XXI sessione della Conference of the Parties (COP21) United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dalla quale ci si aspetta un chiaro accordo fra tutti i governi del mondo che possa servire a “stabilizzare la concentrazione dei gas serra ad un livello che possa evitare una dannosa interferenza delle attività antropiche sul sistema climatico”. Va dato atto al Presidente Hollande di avere fermamente voluto mantenere questa importante scadenza, anche contro il parere di alcuni membri del governo, in un momento senz’altro molto difficile per la Francia dopo i tremendi attentati terroristici di Parigi.

Sui risultati, mi auguro positivi, del COP21 ci sarà modo di commentare dopo la conclusione della Conferenza, ciò di cui vorrei invece discutere in questo intervento riguarda la narrazione che del cambiamento climatico viene fatta in Italia sia dai mezzi di comunicazione che dal mondo accademico, i due punti di riferimento che i cittadini hanno (o, meglio, dovrebbero avere) per formarsi una idea su un problema che ha una importante valenza sociale ed economica.

Come si sa, le conclusioni chiave del V Assessment Report (AR5) del Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), basate sull’analisi di oltre 30.000 pubblicazioni scientifiche peer-reviewed, sono che:

  •  il riscaldamento del clima è inequivocabile;
  •  l’influenza delle attività umane sul sistema climatico è chiara ed è estremamente probabile (95-100% di probabilità) che le attività umane siano state la causa dominante del riscaldamento osservato dalla metà del XX secolo.
Termini usati nel testo AR5Probabilità rappresentata
virtually certain99-100%
extremely likely95-100%
>very likely90-100%
likely66-100%
more likely than not>50%
about as likely as not33-66%
unlikely0-33%
very unlikely0-10%
extremely unlikely0-5%
exceptionally ulikely0-1%

Trattamento dell’incertezza nel IPCC AR5

Queste sono da considerarsi le basi scientifiche che fanno riferimento, come detto, alla conoscenza attuale del fenomeno secondo quanto pubblicato sulla letteratura scientifica. Altra cosa sono le misure pratiche per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico (2), di competenza della politica, che non sono materia del dibattito scientifico e sulle quali non mi dilungo.

Mappa dei cambiamenti osservati della temperatura superficiale dal 1901 al 2012 (da: IPCC 2013 – Summary for Policy Makers)

In un recente articolo pubblicato su PNAS (1), viene esaminato il livello di consenso scientifico sull’effetto delle attività antropiche sul clima della Terra e la credibilità scientifica degli scienziati che di questo si occupano. In breve, i risultati di questo interessante lavoro ci dicono che:

  •  il 97-98% degli scienziati che si occupano della scienza del clima sono d’accordo con le conclusioni di IPCC;
  •  la competenza ed il rilievo scientifico di coloro che fanno parte dell’esiguo gruppo che dissente da queste conclusioni sono sostanzialmente inferiori a quelli degli scienziati che supportano l’origine antropica del riscaldamento climatico (il gruppo comprende solo il 2% dei top 50 scienziati del clima, il 3% dei top 100 ed il 2,5% dei top 200).

Fin qui nulla di particolare, siamo nel campo del dibattito scientifico fra ricercatori esperti del settore che costituisce il sano fondamento della ricerca.

Veniamo ora alla situazione italiana alquanto peculiare, almeno per quanto la mia esperienza a livello internazionale mi permette di osservare. A livello dei mezzi di comunicazione, si assiste nel nostro Paese a un susseguirsi di informazioni spurie, più che altro all’insegna del sensazionalismo, in un verso e nell’altro, che lasciano senz’altro il pubblico piuttosto interdetto. Chiunque, utilizzando livelli di notorietà acquisiti per ben altri meriti, si sente in dovere di discettare sul clima che cambia trovando sempre compiacenti microfoni e taccuini pronti a riportare le più disparate opinioni. Dal noto politologo, all’alto magistrato, al preclaro professore (magari medico o astronomo), fino al famoso cantante e magari, secondo lo spirito dei tempi, allo chef stellato.

I dibattiti in TV o sulla stampa prevedono poi, come d’obbligo, l’esperto a favore e quello contro, inducendo nel pubblico la percezione che le due posizioni abbiano uguale peso nella comunità scientifica, il che, come abbiamo visto, non corrisponde certo alla realtà. Ma si sa, i giornali debbono riempire le pagine e vendere copie e le TV aumentare la audience per acquisire pubblicità e anche fino a qui siamo nella normalità, anche se, mi permetterete, ad un livello molto basso.

Ma la comunità scientifica? Che cosa pensa l’Accademia di tutto questo? Per un gustoso assaggio su questo rimando intanto a un interessante esempio riportato dal blog di Marco Cattaneo su Le Scienze (3) che mi sembra molto illuminane in proposito. (Cattaneo fa riferimento al recente Documento firmato da alcune società scientifiche italiane - riportato sotto -, a cui non ha volto aderire la Società italiana di fisica, ndr.)

In Italia vi è un fiorire all’interno della comunità scientifica di posizioni cosiddette “negazioniste” sull’origine antropica del cambiamento climatico che non trova riscontro, a mia conoscenza, in nessun altro Paese. L’aspetto interessante che vorrei sottolineare è però che fra i sostenitori di queste posizioni vi sono per lo più scienziati che non hanno mai scritto una riga in letteratura sul cambiamento climatico. Ora, credo che una base comune nella comunità scientifica sia quella che i dibattiti fra scienziati si fanno sulla letteratura scientifica con argomenti scientificamente validi mentre, come nell’esempio sopra riportato, spesso si portano convinzioni, ben poco valide scientificamente del tipo non ci credo, non mi sembra, non è ragionevole. Ognuno è libero di pensarla come vuole se sia meglio il Brunello o il Sassicaia, o se sia meglio la Roma o la Lazio, ma quando si parla di scienza è buona norma usare il metodo scientifico e le pratiche della scienza.

Dato che normalmente quando ho acidità di stomaco non vado dall’oculista, ho provato a chiedermi la ragione di questi strani (?) atteggiamenti all’interno della nostra Accademia e debbo dire di non avere trovato risposte; posso solo fare alcune ipotesi.

La prima benevola ipotesi riguarda il carattere transdisciplinare della scienza del clima che coinvolge competenze di fisica, chimica, biologia, geologia, ingegneria, ma anche delle scienze sociali ed economiche. Come si sa, la nostra Accademia è strutturata su basi strettamente disciplinari e, nonostante si discetti ampiamente in pubblico di interdisciplinarietà, le barriere disciplinari sono tuttora quasi impermeabili. Questo comunque non giustifica che la scienza del clima sia considerata un alieno, una terra di nessuno nella quale chiunque si sente in dovere, alla faccia del metodo scientifico, di compiere scorrerie più o meno distruttive.

La seconda ipotesi riguarda invece le esibizioni “muscolari” così comuni nella comunità scientifica nazionale per esibire i quarti di nobiltà di questa o quella disciplina in funzione dell’acquisizione di risorse o prebende. In questo caso ci troveremmo nell’ambito del folclore accademico che non meriterebbe neppure di essere considerato, se non per farci una risata.

Come ho detto non ho una risposta, forse qualcuno può venirmi in aiuto per spiegare questo fenomeno, certamente più sociale che scientifico. Resta comunque il fatto che l’opinione pubblica rimane a guardare gli esperti, spesso tali autodefinitisi, che si scannano alla faccia della scienza e del metodo scientifico e del ruolo che dovrebbero avere nella formazione della pubblica opinione (4). 

Il ponte del consenso, un paragone molto efficace formulato da The Climate reality Project che mette a confronto la percezione individuale della valutazione della sicurezza di un ponte e quella del riscaldamento globale (5).

Bibliografia
1 Anderegg, WRL., J.W. Prall, J. Harold and S.H. Schneider. Expert credibility in climate change. PNAS, 107, 12107-12109, 2010.
2 F.E.L. Otto, D.J. Frame, A. Otto and M.R. Allen. Embracing uncertainty in climate change policy. Nature Climate Change, 5, 917-920, 2015.
3 http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/11/26/verso-parigi-e-di-come-i-fisici-italiani-si-chiamano-fuori-dallappello-sul-clima/?refresh_ce 
4 Arimoto, T and Y. Sato. Rebuilding public trust in science for policy-making. Science, 337, 1176-1177, 2012.
5 Facchini, M.C. e S. Fuzzi. Il ponte del consenso e le cause del riscaldamento globale. Sapere, 80, 22-26, 2014.

Dichiarazione scientifica sui cambiamenti climatici

La Dichiarazione sui cambiamenti climatici è approvata alla vigilia della COP21 di Parigi e sottoscritta da numerose società e associazioni scientifiche, con l'eccezione vistosa della Società italiana di fisica.
Hanno aderito alla dichiarazione, fra gli altri, numerosi esponenti del Gruppo 2003 per la Ricerca scientifica: Mariapia Abbracchio, Vincenzo Balzani, Nicola Bellomo, Patrizia Caraveo, Andrea Cimatti, Gaetano Di Chiara, Vincenzo Di Marzo, Cristina Facchini, Filippo Frontera, Giorgio Parisi, Isabella Maria Gioia, Gabriele Ghisellini, Giuseppe Mancia, Piermanuccio Mannucci, Giuseppe Marino, Ugo Montanari, Carlo La Vecchia, Rino Rappuoli, Alvio Renzini, Andrea Scozzafava, Mauro Serafini, Riccardo Valentini, Sandro Fuzzi.

I cambiamenti climatici costituiscono per la comunità internazionale una delle sfide più complesse e importanti, le cui conseguenze negative hanno un’elevata rilevanza per economie e società, non solo per l’ambiente. Allo stesso tempo, rappresentano anche un’opportunità per rinnovare i sistemi economici e introdurre innovazioni tecnologiche e sociali.
Il Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici dell’IPCC, la più esaustiva e aggiornata raccolta delle conoscenze scientifiche sul clima, contiene un’ampia collezione di dati, informazioni e risultati sui quali converge un consenso condiviso all’interno della comunità scientifica.
I principali risultati possono essere riassunti nel modo seguente:

  • l’influenza umana sul sistema climatico è inequivocabile ed è estremamente probabile che le attività umane siano la causa dominante del riscaldamento verificatosi a partire dalla metà del XX secolo. Il continuo riscaldamento del pianeta aumenta i rischi di impatti gravi, pervasivi e irreversibili sul sistema climatico;
  • gli impatti dei cambiamenti climatici si stanno già manifestando e interessano sia i Paesi in via di sviluppo che i Paesi più sviluppati. Le comunità più deboli da un punto di vista sociale, economico, culturale, politico, istituzionale sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici;
  • dal 1950 ad oggi sono aumentati gli eventi climatici estremi (ad esempio ondate di calore, innalzamento del livello del mare, precipitazioni violente, gravi siccità) e molti di questi sono attribuibili all’influenza delle attività umane;
  • l’esposizione e la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi, insieme ad eventi pericolosi connessi al clima, costituiscono componenti cruciali per la valutazione e la gestione del rischio di ogni attività economica o sociale

La comunità internazionale ha incluso i cambiamenti climatici tra i Sustainable Development Goals, l’insieme di obiettivi universalmente riconosciuti per bilanciare le dimensioni ambientale, sociale ed economica dello sviluppo sostenibile.
Affrontare i cambiamenti climatici è quindi uno degli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite in cui si esprime chiaramente l’urgenza di ridurre le emissioni di gas serra e di affrontare il tema dell’adattamento agli impatti negativi dei cambiamenti climatici.
Le scelte che adottiamo oggi e nel prossimo futuro risulteranno decisive: i rischi legati ai cambiamenti climatici per i sistemi umani e naturali dipendono dalle emissioni complessive di gas serra, che a loro volta dipendono dalle emissioni annuali dei prossimi decenni. Maggiori emissioni di gas serra condurranno a un maggior riscaldamento che amplificherà i rischi esistenti per i sistemi umani e naturali e ne creerà di nuovi. 
Strategie di mitigazione e di adattamento sono necessarie per affrontare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici, e dovranno necessariamente essere parte di un processo decisionale che prenda in considerazione la percezione del rischio e i bisogni di specifici territori, bilanciando costi e benefici. Il coinvolgimento di governi nazionali e regionali, così come dei settori privati, è indispensabile al fine di sviluppare e implementare politiche climatiche adeguate.
Le società e le associazioni scientifiche che sottoscrivono questo documento richiamano:

  • i decisori politici, a livello nazionale e internazionale, ad assumere la guida delle iniziative sul clima e ad adottare misure efficaci per limitare le emissioni di gas serra. Le scelte politiche dovrebbero definire e realizzare risposte di mitigazione e di adattamento su scale diverse, necessarie ad affrontare i cambiamenti climatici;
  • le istituzioni nazionali e internazionali a sostenere l’impegno della ricerca nell’ambito delle scienze del clima, degli impatti e delle tecnologie, lo sviluppo istituzionale di discipline convergenti sul piano scientifico e tecnologico, e specifici programmi di training e di alta formazione sulle scienze e sull’economia del clima;
  • la comunità internazionale a trovare un accordo alla COP21 di Parigi su efficaci ed equi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, sui meccanismi per la misurazione e la verifica dei progressi verso gli obiettivi definiti, sulle risorse finanziarie necessarie a sostenere la transizione dei Paesi in via di sviluppo verso un’economia “zero-carbon”;
  • il settore privato a ridurre il consumo di carburanti derivanti da fonti fossili, ad incrementare l’efficienza energetica in tutte le attività e tutti i settori, ad adottare velocemente tecnologie e processi organizzativi a basso contenuto di carbonio;
  • i settori finanziari a potenziare il sostegno a investimenti in energie rinnovabili e ad integrare i rischi connessi ai cambiamenti climatici nelle proprie strategie di investimento;
  • tutti i cittadini a migliorare la consapevolezza dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici per le nostre società e ad accrescere la pressione sui decisori politici e sugli elettori per una rapida ed efficace azione volta alla riduzione delle emissioni di gas serra e a limitarne gli impatti più disastrosi.
Le società e associazioni scientifiche:
SISC- Società Italiana per le Scienze del Clima, AGI - Associazione Geofisica Italiana, AIAM - Associazione Italiana di AgroMeteorologia, AIEAR- Associazione Italiana degli Economisti dell’Ambiente e delle Risorse naturali, ATIt – Associazione Teriologica Italiana, CATAP- Coordinamento delle Associazioni Tecnico-scientifiche per l’Ambiente ed il Paesaggio, COI - Commissione Oceanografica Italiana, FLA - Fondazione Lombardia Ambiente, GII - Gruppo italiano di Idraulica, HOS - Historical Oceanography Society, SIDEA - Società Italiana di Economia Agraria, SMI - Società Meteorologica Italiana.

 

 

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